S.Agostino - De vera religione/1

Home / Dottrina Cattolica / Scritti dei Santi / S.Agostino - De vera religione/1

Disaccordo tra dottrina e culto nei filosofi pagani.

1. 1. La via che conduce alla vita buona e felice risiede nella vera religione, con cui si onora l'unico Dio e, con purissima pietà, si riconosce in Lui il principio di tutte le creature, per il quale l'universo ha un inizio, un compimento ed una capacità di conservazione. Da ciò emerge con maggiore evidenza l'errore di quei popoli che preferirono adorare una moltitudine di dèi anziché l'unico vero Dio, Signore di tutto; tale errore è in relazione al fatto che i loro sapienti, chiamati filosofi, pur appartenendo a scuole tra loro in contrasto, frequentavano i medesimi luoghi di culto. Non sfuggiva infatti né ai popoli né ai sacerdoti quanto fossero diverse le loro posizioni sulla natura degli dèi, dal momento che nessuno di essi aveva ritegno a rendere pubblica la propria opinione e, se possibile, faceva in modo da persuaderne gli altri; eppure tali sapienti, insieme ai loro seguaci, anch'essi di opinione diversa e perfino contraria, partecipavano tutti agli stessi riti sacri, in piena libertà. Ora, non si tratta di stabilire chi di loro abbia pensato in maniera più conforme al vero; di certo però, a quanto mi sembra, è abbastanza chiaro che essi, in materia di religione, con il popolo sostenevano una posizione, mentre in privato, ma con lo stesso popolo che ascoltava, ne difendevano un'altra.

Socrate si libera dell'idolatria, ma resta ancora lontano dal vero Dio.

2. 2. Si dice comunque che Socrate fosse più impudente degli altri, in quanto giurava su qualsiasi cane o pietra o cosa che si trovasse davanti o che, per così dire, gli capitasse per le mani al momento di giurare. A mio avviso, comprendeva che qualsiasi opera della natura, generata con il governo della divina provvidenza, è di gran lunga migliore di quelle fatte dagli uomini e da qualsivoglia artigiano, e perciò è più degna di onori divini degli oggetti che sono adorati nei templi. Quindi lo faceva non già perché davvero i sapienti dovessero adorare la pietra e il cane, ma perché, in tal modo, chi ne era capace comprendesse che gli uomini erano sprofondati in una superstizione così grande che occorreva mostrare, a chi ne stava uscendo, che il livello a cui si era pervenuti era tanto turpe, perché si rendesse conto che, se era vergognoso pervenirvi, molto di più lo era restare ad un livello ancora più turpe. Nello stesso tempo, a coloro i quali credevano che questo mondo visibile fosse il sommo Dio, faceva rilevare la loro bassezza morale, mostrando che ne scaturiva, come conseguenza, l'opinione per cui era legittimo adorare una pietra qualsiasi allo stesso modo di una sua particella. Se la cosa pareva loro esecrabile, dovevano cambiare giudizio e cercare l'unico Dio che, come sappiamo, è il solo ad essere sopra le nostre menti ed è colui dal quale è stata creata ogni anima e questo mondo nella sua totalità. In seguito, di queste cose scrisse anche Platone, ma in modo più piacevole a leggersi che efficace a persuadere. Questi, come Socrate, invero non era nato per far passare i popoli dalla superstizione degli idoli e dalla vanità di questo mondo all'autentico culto del vero Dio. Socrate stesso, del resto, venerava gli idoli insieme al popolo; eppure, dopo la sua condanna a morte, nessuno osò più giurare su un cane o dare il nome di Giove ad una pietra: di queste cose si tramandò soltanto il ricordo mediante gli scritti. Non spetta a me giudicare se ciò sia stato fatto per timore di pena o per adattamento ai tempi.

Il Cristianesimo come vera religione e la sua diffusione universale.

3. 3. Posso tuttavia dire, con la massima sicurezza e con buona pace di tutti coloro che amano ostinatamente i loro libri, che non si può dubitare, in questi tempi segnati dal Cristianesimo, quale religione sia da preferire e costituisca la via per la verità e la felicità. Se infatti Platone stesso fosse vivo e non disdegnasse le mie domande o, piuttosto, se qualcuno dei suoi discepoli l'avesse interrogato quando era ancora in vita, egli lo avrebbe persuaso che la verità non si vede con gli occhi del corpo, ma con la mente pura; che qualunque anima, che ad essa aderisca, diviene felice e perfetta; ma che nulla le impedisce di coglierla più della vita dedita ai piaceri e delle false immagini delle cose sensibili, le quali, impresse in noi da questo mondo sensibile attraverso il corpo, sono fonte di opinioni diverse e di errori. E che, perciò, bisogna risanare l'animo perché possa fissare lo sguardo sull'immutabile forma delle cose e sulla bellezza che si conserva sempre uguale e in ogni aspetto simile a se stessa, non divisa dallo spazio né trasformata dal tempo, unitaria e identica in ogni sua parte: una bellezza della cui esistenza gli uomini diffidano, mentre esiste davvero e al massimo grado. Inoltre, l'avrebbe persuaso che tutte le altre cose nascono, muoiono, scorrono, svaniscono, ma tuttavia, in quanto sono, sussistono create dall'eterno Dio mediante la sua verità; e che, fra queste cose, soltanto all'anima razionale e intellettuale è stato concesso di godere della contemplazione della sua eternità, di ornarsene e di poter meritare la vita eterna. Gli avrebbe fatto presente anche che, finché è presa dall'amore e dal dolore per le cose che nascono e passano e, dedita alle consuetudini di questa vita e ai sensi del corpo, si perde dietro a vuote immagini, essa irride a chi afferma che vi è qualcosa che non può né essere visto con questi occhi né essere pensato mediante immagini, ma che può essere percepito soltanto dalla mente e dall'intelligenza. Qualora dunque quel discepolo, mentre il maestro lo persuade di queste cose, gli domandasse - nel caso in cui esista un uomo grande e divino che riesca a convincere i popoli per lo meno a credere tali cose, quando non siano capaci di comprenderle; o ad impedire che quelli che ne sono capaci, in quanto non inviluppati nelle perverse opinioni della moltitudine, rimangano sopraffatti dagli errori comuni - se lo giudica degno di onori divini, credo che risponderebbe che ciò non può essere opera di un uomo; a meno che la Virtù e Sapienza stessa di Dio non lo abbia sottratto alle leggi della natura e, dopo averlo istruito fin dall'infanzia non con un insegnamento umano ma con un'illuminazione interiore, non lo abbia ornato di tanta grazia, dotato di tanta fermezza, infine elevato con tanta maestà da convertire il genere umano, con sommo amore e autorità, ad una fede così salutare, disprezzando tutto ciò che i perversi desiderano, sopportando tutto ciò di cui hanno orrore e facendo tutto ciò che guardano con ammirazione. Riguardo invece agli onori dovuti a tale uomo, invero sarebbe stato inutile chiedere a Platone un parere, poiché si può facilmente comprendere quali grandi onori si debbano rendere alla Sapienza di Dio, sotto la cui azione e guida siffatto uomo, per la vera salvezza del genere umano, ha meritato qualcosa di grande e che oltrepassa le possibilità umane.

3. 4. Ora, appunto, è accaduto, e i libri e i monumenti lo celebrano, che da una sola regione della terra, nella quale soltanto si onorava l'unico Dio e in cui soltanto avrebbe potuto nascere un tale uomo, sono stati inviati in ogni parte della terra alcuni uomini eletti , i quali hanno suscitato il fuoco dell'amore divino con le loro opere virtuose e con la loro predicazione e, dopo aver consolidato quell'insegnamento veramente salvifico, hanno lasciato ai posteri le terre ricolme di luce. Per non parlare di eventi passati a cui qualcuno potrebbe anche non credere, oggi tra le genti e i popoli si annunzia: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui e niente senza di Lui . E, per far sì che questa verità sia compresa, amata e goduta, di modo che l'anima sia risanata e l'occhio della mente si rinvigorisca per accogliere una luce così grande, agli avari si dice: Non accumulate tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; accumulate invece tesori nel cielo, dove né la tignola né la ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché là dov'è il tuo tesoro, ivi sarà anche il tuo cuore ; ai lussuriosi: Chi semina nella carne, dalla carne raccoglierà corruzione; mentre chi semina nello spirito, dallo spirito raccoglierà vita eterna ; ai superbi: Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato ; agli iracondi: Hai ricevuto uno schiaffo, porgi l'altra guancia ; ai litigiosi: Amate i vostri nemici ; ai superstiziosi: Il regno di Dio è in mezzo a voi ; ai curiosi: Non cercate le cose che si vedono, ma quelle che non si vedono; quelle che si vedono infatti sono temporanee, quelle che non si vedono eterne ; e infine si dice a tutti: Non amate il mondo e ciò che è del mondo, perché tutto quello che è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia mondana .

3. 5. Queste massime oggi vengono lette ai popoli in tutto il mondo e sono ascoltate con la più schietta venerazione. Dopo tanto sangue, tanti roghi, tante croci di martiri, le chiese infatti sono sorte con tanta maggiore fertilità ed abbondanza fin tra le popolazioni barbare. Ormai più nessuno si meraviglia delle migliaia di giovani e fanciulle che rinunciano al matrimonio per vivere castamente; mentre Platone, che aveva fatto lo stesso, si dice che fosse tanto condizionato dalle perverse idee del suo tempo da far sacrifici alla natura, quasi per purificarsi da un atto peccaminoso. Queste cose invece oggi sono così accettate che sarebbe una mostruosità metterle in discussione, come una volta lo era il ritenerle possibili. A questa promessa e a questo impegno, in ogni parte abitata della terra, sono affidati i misteri cristiani. Ogni giorno queste massime sono lette e illustrate dai sacerdoti nelle chiese, e coloro che si sforzano di attuarle si battono il petto; e sono così numerosi coloro che si mettono per questa via che isole un tempo deserte e terre desolate si riempiono di uomini di ogni genere, i quali, abbandonate le ricchezze e gli onori di questo mondo, vogliono dedicare tutta la vita all'unico e sommo Dio. Infine, nelle città, nei villaggi, nei luoghi fortificati, nei borghi e anche nelle campagne e nelle private dimore questa scelta è così condivisa e la fuga dai beni terreni per consacrarsi all'unico vero Dio così cercata, al punto che ogni giorno per l'intero universo il genere umano quasi ad una sola voce risponde di avere i cuori in alto, rivolti a Dio. Se è accaduto tutto ciò, perché dunque sbadigliamo ancora per le gozzoviglie di ieri e ricerchiamo i segni della volontà divina negli animali sacrificati? E perché, quando si viene ad una discussione, preferiamo avere la bocca che risuona del nome di Platone piuttosto che il cuore ripieno della verità ?

Non meritano considerazione i filosofi che restano attaccati alle realtà sensibili.

4. 6. Chi, dunque, reputa cosa inutile o dannoso il disprezzo di questo mondo sensibile e la purificazione dell'anima con la virtù, sottomettendola al sommo Dio, deve essere confutato con altri argomenti, se mai vale la pena di discutere con lui. Chi invece ammette che è cosa buona e desiderabile, cerchi di conoscere Dio e si sottometta a Lui per mezzo del quale ormai tutti i popoli si sono persuasi che queste verità vanno credute. Di certo, lo farebbero anche i filosofi, se ne fossero capaci; oppure, se non lo facessero, non potrebbero evitare l'accusa di essere invidiosi. Prendano atto della loro inferiorità rispetto a chi è stato capace di farlo; la curiosità e la vana presunzione non impediscano loro di riconoscere la differenza che c'è tra le timide congetture di pochi e la manifesta salvezza e rigenerazione dei popoli. Se infatti ritornassero in vita quegli illustri uomini dei cui nomi costoro si gloriano e trovassero le chiese gremite e i templi deserti, e il genere umano che, non più attratto dalla cupidigia dei beni temporali e caduchi, corre verso la speranza della vita eterna e verso i beni dello spirito e dell'intelletto, forse direbbero (se fossero tali quali si tramanda che siano stati): " Queste sono le verità di cui non abbiamo osato persuadere i popoli; abbiamo ceduto ai loro costumi di vita invece di condurli alle nostre convinzioni e ai nostri propositi ".

4. 7. Pertanto, se quei grandi uomini potessero di nuovo vivere con noi, di certo si renderebbero conto qual è l'autorità che più facilmente provvede all'umanità e, operato qualche cambiamento nel linguaggio e nel modo di pensare, diventerebbero cristiani, come hanno fatto la maggior parte dei Platonici dell'epoca più recente e della nostra. Se invece non lo riconoscessero e non lo facessero, perseverando nella superbia e nell'invidia, non vedo come, impigliati in queste meschinità, sarebbero capaci di rivolgersi di nuovo verso quei beni che, anche a loro avviso, si devono amare e desiderare. Non so poi se tali uomini si facciano ostacolare da un terzo vizio, cioè dalla curiosità di consultare i demoni: è, questo, un vizio troppo puerile; eppure è quello che allontana dalla salvezza cristiana in modo particolare i pagani, con i quali abbiamo ora a che fare.

La Chiesa cattolica e le sue sètte.

5. 8. Ma, quale che sia la presunzione dei filosofi, per chiunque è facile capire che la vera religione non va cercata tra coloro che condividevano con il popolo gli stessi culti, mentre nelle loro scuole, pur in presenza della medesima moltitudine, proclamavano dottrine diverse e persino opposte sulla natura degli dèi e sul sommo bene. Perciò, anche se l'insegnamento cristiano non avesse fatto altro che guarirci da questo unico grande vizio, nessuno potrebbe dire che non sia da celebrare con ineffabile lode. Le innumerevoli eresie, che si sono allontanate dalla disciplina cristiana, attestano che sono esclusi dalla partecipazione ai sacramenti coloro che, intorno a Dio Padre, alla sua Sapienza e al Dono divino, pensano in modo diverso da come la verità richiede e cercano di convincerne gli altri. Così appunto si crede e si insegna - e questo è il principio della salvezza umana - che la filosofia, cioè l'amore della sapienza, e la religione sono la stessa cosa, dal momento che non partecipano con noi ai sacramenti coloro di cui non condividiamo la dottrina.

5. 9. Ciò desterà poca meraviglia in riferimento a coloro che vollero differenziarsi anche nella liturgia sacramentale, come lo è dei cosidetti Serpentini, dei Manichei e di alcuni altri. Ma questo fatto va tenuto in maggiore considerazione e va fortemente sottolineato in rapporto a coloro che, pur celebrando sacramenti identici ai nostri, tuttavia si differenziano da noi nella dottrina, preferendo difendere i loro errori con zelo piuttosto che correggerli con la dovuta prudenza. Pertanto, esclusi dalla comunione cattolica e dalla partecipazione ai suoi sacramenti, benché fossero identici ai loro, hanno meritato denominazioni e assemblee proprie, non solo per il loro linguaggio ma anche per i loro culti: così i Fotiniani, gli Ariani e molti altri. Diversa è la questione relativamente a coloro che si fecero promotori di scismi. Infatti avrebbero potuto restare, come paglie, nell'aia del Signore fino al momento del vaglio finale, se non avessero ceduto, per eccessiva leggerezza, al vento della superbia e non si fossero, di propria iniziativa, separati da noi. I Giudei poi, sebbene rivolgano le loro preghiere all'unico onnipotente Dio, tuttavia, poiché si attendevano da Lui soltanto beni temporali e visibili, per eccessiva presunzione non hanno voluto riconoscere nelle loro stesse Scritture gli esordi del nuovo popolo che sorgeva dall'umiltà e così sono rimasti nella condizione dell'uomo vecchio. Di conseguenza, la vera religione non va cercata né nella confusione dei pagani né nella feccia degli eretici né nella fiacchezza degli scismatici né nella cecità dei Giudei, ma solo tra quelli che si chiamano cristiani cattolici, o ortodossi, ossia che ne custodiscono l'integrità e seguono la retta via.

Anche gli erranti rientrano nel piano di salvezza previsto dalla divina Provvidenza e realizzato dalla Chiesa.

6. 10. La Chiesa cattolica, diffusa saldamente ed ampiamente per tutta la terra, si serve di tutti gli erranti per i propri fini e per farli redimere, se vorranno svegliarsi. Si serve infatti dei gentili come terreno di proselitismo, degli eretici a riprova della propria dottrina, degli scismatici a dimostrazione della propria stabilità, dei Giudei come termine di confronto per la propria eccellenza. Pertanto invita i primi ed esclude i secondi, abbandona gli altri ed oltrepassa gli ultimi; a tutti comunque dà la possibilità di partecipare alla grazia di Dio, sia che si tratti ancora di formare o di correggere, sia che si tratti di recuperare o di accogliere. Nei confronti poi dei suoi membri carnali, cioè di coloro che vivono e giudicano secondo la carne, li tollera come la pula protegge il frumento nell'aia fino a che esso non venga liberato di tale protezione. Ma, siccome in quest'aia ciascuno è pula o frumento a seconda della sua volontà, il peccato o l'errore di ciascuno viene tollerato fino a che egli non trovi un accusatore o non difenda la sua perversa opinione con tenace animosità. Gli esclusi, infine, o ritornano perché pentiti oppure, facendo cattivo uso della libertà, si perdono nella dissolutezza per ammonirci ad essere vigili; oppure suscitano scismi per mettere a prova la nostra pazienza; oppure escogitano qualche eresia per offrirci l'opportunità di saggiare la nostra intelligenza. Questa è la sorte dei cristiani carnali, che non fu possibile né correggere né tollerare.

6. 11. Spesso la divina Provvidenza permette anche che, a causa di alcune rivolte troppo turbolente dei carnali, gli uomini buoni siano espulsi dalla comunità cristiana. Ora essi, se sopporteranno pazientemente l'ingiusto affronto per la pace della Chiesa, senza cercare di dar vita a qualche nuovo scisma o eresia, con ciò insegneranno a tutti con quanta autentica disponibilità e con quanta sincera carità si deve servire Dio. È loro intenzione infatti ritornare, una volta cessata la tempesta; oppure - se ciò non è loro concesso sia per il perdurare della tempesta sia per il timore che, con il loro ritorno, ne sorga una simile o più furiosa - non abbandonano la volontà di aiutare coloro che, con i loro fermenti e disordini, ne provocarono l'allontanamento, difendendo fino alla morte, senza ricorrere a segrete conventicole e mediante la loro testimonianza, quella fede che sanno proclamata dalla Chiesa cattolica. Il Padre, che vede nel segreto, nel segreto li premia. Questo caso sembra raro; gli esempi però non mancano, anzi sono più numerosi di quanto si possa credere. Così la divina Provvidenza si serve di ogni genere di uomini e di esempi per guarire le anime e formare spiritualmente il popolo.

Le ragioni della fede e dell'adesione alla Chiesa.

7. 12. Perciò, mio carissimo Romaniano, poiché già da qualche anno ti ho promesso di farti conoscere il mio pensiero sulla vera religione, mi pare giunto il momento di farlo poiché, dato l'affetto che mi lega a te, non potrei consentire più a lungo che le tue domande così acute restino sospese, senza alcun esito sicuro. Lasciamo dunque da parte tutti quelli che non sanno essere né filosofi nelle questioni religiose né religiosi nelle questioni filosofiche e quanti, per un'errata convinzione o per qualche ostinato rancore, si sono allontanati dalla disciplina e comunione della Chiesa cattolica e quanti ancora non hanno voluto accogliere né la luce delle Sacre Scritture né la grazia del popolo spirituale, cioè il Nuovo Testamento, dei quali ho fatto cenno nel modo più breve possibile. Dobbiamo attenerci alla religione cristiana e alla comunione della sua Chiesa, che è cattolica ed è chiamata tale non solo dai suoi membri, ma anche da tutti i suoi nemici. Lo vogliano o no, infatti gli stessi eretici e i sostenitori di scismi, quando parlano non fra loro ma con gli estranei, chiamano cattolica soltanto la Chiesa cattolica. Del resto, non riuscirebbero a farsi comprendere se non la distinguessero con il nome con cui è designata da tutto il mondo.

7. 13. Il caposaldo di questa religione è costituito dalla storia e dalla profezia del manifestarsi nel tempo della divina Provvidenza per la salvezza del genere umano, che doveva essere restituito alla sua condizione originaria in vista della vita eterna. Credendo queste cose, si terrà uno stile di vita conforme ai divini precetti, per cui la mente si purificherà e diventerà capace di comprendere le realtà spirituali, che non hanno né passato né futuro ma, non essendo soggette a mutamento, restano sempre identiche, ossia l'unico stesso Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Una volta capita questa Trinità, per quanto è consentito in questa vita, senza alcuna esitazione si comprende che ogni creatura dotata di intelletto, di anima e di corpo, in quanto è, trae il suo essere da questa Trinità creatrice, dalla quale ha la sua forma ed è regolata nel modo più ordinato possibile. Ciò però non va inteso come se, dell'intero creato, una parte l'avesse fatta il Padre, un'altra il Figlio e un'altra ancora lo Spirito Santo, ma nel senso che il Padre, mediante il Figlio, nel dono dello Spirito Santo, ha creato simultaneamente tutte le cose ed ogni singola natura. Infatti ogni cosa, sostanza, essenza o natura, o con quale altra parola la si voglia meglio designare, ha queste tre proprietà insieme: di essere qualcosa di uno, di distinguersi da tutto il resto per la sua forma propria e di avere un suo posto nell'ordine naturale.

Autorità e ragione. Anche gli eretici giovano alla Chiesa cattolica.

8. 14. Con questa conoscenza apparirà chiaro all'uomo, per quanto gli è consentito, come ogni cosa sia sottomessa a Dio, suo Signore, secondo leggi necessarie, inviolabili e giuste. Perciò tutte quelle cose, che prima abbiamo creduto confidando unicamente nell'autorità, in parte le comprendiamo come evidenti, in parte come tali che possono diventare evidenti ed è opportuno che lo diventino. Quindi compiangiamo gli increduli i quali, invece di credere insieme a noi, preferirono irridere la nostra fede. Una volta conosciuta l'eternità della Trinità e la mutevolezza della creatura, infatti la sacra e santa incarnazione, il parto della Vergine, la morte del Figlio di Dio per noi, la sua resurrezione dai morti, la sua ascensione al cielo, il suo sedersi alla destra del Padre, la remissione dei peccati, il giorno del giudizio, la resurrezione dei corpi non sono più soltanto oggetto di fede, ma vanno considerati anche come espressione della misericordia che il sommo Dio mostra nei confronti del genere umano.

8. 15. Ma, siccome è stato detto con assoluta verità che è necessario che vi siano molte eresie, perché risulti manifesto chi sono i veri credenti tra voi, serviamoci anche di questo beneficio della divina Provvidenza. Gli eretici infatti sorgono fra quegli uomini che errerebbero ugualmente, anche se restassero nella Chiesa. Per il fatto che ne sono fuori, invece sono di grande giovamento, non certo perché insegnano il vero che non conoscono, ma perché spingono i cattolici carnali a cercarlo e i cattolici spirituali a renderlo manifesto. Nella santa Chiesa sono moltissimi gli uomini cari a Dio, ma essi restano tra noi sconosciuti almeno fino a che, trovando noi piacere nelle tenebre della nostra ignoranza, preferiamo dormire piuttosto che contemplare la luce della verità. E però sono molti quelli che sono svegliati dal sonno ad opera degli eretici, perché vedano il giorno del Signore e ne gioiscano. Serviamoci dunque anche degli eretici, non per condividerne gli errori, ma per essere più vigili e scaltri nel difendere la dottrina cattolica contro le loro insidie, anche se non siamo capaci di ricondurli alla salvezza.

La fede cristiana non teme le insidie del dualismo manicheo.

9. 16. Confido nell'aiuto di Dio perché questo scritto possa essere di giovamento ai lettori che sono già in spirito di pietà e di bontà non contro una soltanto, ma contro tutte le opinioni perverse e false. Esso, tuttavia, si rivolge soprattutto contro quanti ritengono che esistano due nature o sostanze in lotta tra loro, ciascuna con il proprio principio. Contrariati da alcune cose e soddisfatti da altre, essi pretendono che Dio sia l'autore non di quelle che li disgustano ma di quelle che li soddisfano. E poiché non sanno vincere le loro abitudini, presi ormai come sono nei lacci della carne, pensano che nel corpo vi siano due anime: l'una che proviene da Dio e che per natura è identica a Lui, l'altra che deriva dagli abitanti delle tenebre, la quale non sarebbe stata né generata né creata né fatta crescere per condanna da parte di Dio, ma che avrebbe avuto una propria vita, una propria terra, propri figli e animali, dunque un proprio regno ed un proprio principio innato. Ad un certo momento essa si sarebbe ribellata contro Dio e Dio, non potendo far altro e non sapendo in quale altro modo opporsi al nemico, costretto dalla necessità, avrebbe inviato quaggiù un'anima buona, una piccola parte della sua sostanza, con la cui unione e mescolanza, secondo le loro fantasie, sarebbe stato placato il nemico e costruito il mondo.

9. 17. Per il momento non ho intenzione di confutare queste opinioni: in parte l'ho già fatto; per il resto lo farò, se Dio lo consentirà. In quest'opera voglio dimostrare, per quanto ne sono capace e con gli argomenti che il Signore si degnerà di fornirmi, come la fede cattolica sia al riparo da esse e come non turbino il nostro animo i motivi per i quali gli uomini aderiscono a tale dottrina. Prima di tutto desidero che tu, che bene conosci il mio animo, sappia per certo (e non è per sfuggire all'accusa di presunzione che lo dico in modo quasi solenne) che deve essere imputato a me soltanto quanto di errato si può trovare in questo scritto, mentre quanto vi è di vero e presentato in modo conveniente deve essere attribuito a Dio, unico dispensatore di ogni bene.

L'origine dell'errore in materia di religione.

10. 18. Ti sia ben chiaro, perciò, che non vi sarebbe nessun errore in fatto di religione se l'anima, invece del suo Dio, non adorasse o un'altra anima o un corpo o le proprie rappresentazioni o due di queste cose congiuntamente o tutte quante insieme. Durante questa vita essa, pur adeguandosi con lealtà alle esigenze della convivenza umana, dovrebbe meditare le realtà eterne e onorare un solo Dio il quale, se non restasse immutabile, renderebbe impossibile la sussistenza di qualsiasi natura mutevole. Ciascuno sa dai propri stati affettivi che l'anima è soggetta a cambiamento, non certo per quel che concerne il luogo, ma a proposito del tempo. Per ciascuno poi è facile rendersi conto che il corpo è mutevole tanto rispetto al tempo quanto rispetto al luogo. Le rappresentazioni, a loro volta, non sono altro che immagini ricavate dalla forma corporea mediante i sensi. È facilissimo ricordarle così come le abbiamo ricevute oppure, mediante il pensiero, dividerle, moltiplicarle, riunirle, ampliarle, metterle insieme, scompigliarle o dar loro qualunque forma, mentre è difficile liberarsene completamente quando si cerca la verità.

10. 19. Guardiamoci dunque dal servire la creatura invece del Creatore, dal perderci dietro alle nostre fantasie: in questo consiste la perfetta religione. Infatti, se stiamo vicini al Creatore eterno, necessariamente anche noi saremo resi eterni. Ma l'anima, sommersa e avvolta dai peccati, di per se stessa non sarebbe capace né di scorgere né di raggiungere questa meta, poiché non troverebbe tra le realtà umane nessun punto d'appoggio che le consenta di afferrare quelle divine e attraverso il quale, perciò, l'uomo possa cercare di innalzarsi dalla vita terrena alla somiglianza con Dio. Per questo motivo l'ineffabile misericordia divina viene in aiuto in parte di ciascun uomo, in parte dello stesso genere umano, secondo un'economia di ordine temporale, per mezzo di creature mutevoli ma sottomesse alle leggi eterne, allo scopo di ricordare loro la loro primitiva e perfetta natura. Un aiuto di tal genere è ai nostri tempi la religione cristiana nella cui conoscenza e pratica è la garanzia assoluta della salvezza.

10. 20. Molti sono i modi in cui la verità può essere difesa contro i chiacchieroni e resa accessibile a chi la ricerca: è Dio stesso onnipotente che la rivela mediante se stesso e aiuta coloro che hanno buona volontà a intuirla e contemplarla, per mezzo di angeli buoni e di alcuni uomini. Spetta poi a ciascuno servirsi del metodo che gli pare più adatto per coloro con i quali deve trattare. Da parte mia, dopo aver considerato a lungo e attentamente la questione, nel tentativo di capire quali uomini parlino a vanvera e quali cerchino la verità sul serio ovvero quale io stesso sono stato, sia quando semplicemente cianciavo sia quando l'ho cercata veramente, ho ritenuto che fosse meglio procedere in questo modo : tieni ben saldo ciò che hai riconosciuto come vero e attribuiscilo alla Chiesa cattolica; respingi invece ciò che è falso e, poiché sono solo un uomo, perdonami; accetta ciò che ti pare dubbio, fino a che o la ragione non ti avrà dimostrato o l'autorità non ti avrà ordinato di respingerlo o di riconoscerlo come vero oppure di continuare a crederlo. Per quanto puoi, dunque, presta attenzione in modo diligente e pio a ciò che segue; Dio infatti non può che aiutare gli uomini che si comportano così.

Ogni vita proviene da Dio. La morte dell'anima consiste nella malvagità.

11. 21. Non vi è vita che non provenga da Dio, perché Dio è la vita suprema e la sorgente stessa della vita. Nessuna vita, in quanto tale, è male, ma lo è in quanto volge verso la morte. Tuttavia la morte della vita non è altro che l'iniquità, la quale appunto è così chiamata perché non è nulla, ed è per questo che gli uomini più iniqui sono chiamati uomini da nulla. La vita dunque volge verso il nulla se, per volontaria colpa, si allontana da Colui che la creò e della cui essenza godeva, per poter godere, contro la legge divina, delle realtà corporee alle quali Dio l'aveva preposta. In questo sta l'iniquità. Ma ciò non significa che il corpo sia nulla : anche il corpo, infatti, presenta una certa armonia tra le sue parti, senza la quale non potrebbe assolutamente essere; perciò anche il corpo è opera di Colui che è il principio di ogni armonia. Il corpo poi consta di un certo equilibrio nella sua forma, senza il quale non sarebbe proprio nulla; anche il corpo perciò è stato creato da Colui dal quale proviene ogni equilibrio, forma increata e di tutte la più bella. Il corpo si caratterizza anche per una sua bellezza, senza la quale non sarebbe un corpo. Se dunque si vuol sapere chi ha formato il corpo, si cerchi Colui che è il più bello di tutti, perché è da Lui che deriva ogni bellezza. Ora chi è costui, se non l'unico Dio, unica verità, unica salvezza per tutti e prima e somma essenza, dalla quale proviene tutto ciò che è, in quanto è? Perché ciò che è, in quanto è, è buono.

11. 22. La morte dunque non viene da Dio. Dio, infatti, non ha creato la morte, né gode per la rovina dei viventi, giacché la somma essenza fa essere tutto ciò che è: per questo si chiama essenza. La morte, invece, fa sì che tutto ciò che muore non sia più, in quanto muore. Se, infatti, le cose che muoiono morissero del tutto, certamente giungerebbero al nulla; esse invece in tanto muoiono in quanto partecipano meno dell'essenza o, per dirla in maniera più breve, tanto più muoiono quanto meno sono. Ora, il corpo è inferiore a qualsiasi genere di vita perché, per quanto poco conservi la sua forma, la conserva in virtù della vita, sia di quella che governa ogni essere animato sia di quella che regola l'intera natura del mondo. Il corpo dunque è più esposto alla morte e quindi è più vicino al nulla; pertanto la vita che, attratta dai godimenti del corpo, dimentica Dio, volge verso il nulla. In questo sta l'iniquità.


Sant'Agostino d'Ippona (1/5) 


Documento stampato il 26/11/2024