La vita
Ecco la storia del buon ladrone che fu crocifisso insieme con Gesù, tratta da quanto ci lasciarono scritto gli evangelisti e i padri Ambrogio, Crisostomo, Eusebio, Emisseno ed altri.
Ad ognuno è nota e palese la nera invidia e la crudele persecuzione mossa dagli ebrei contro il Redentore nostro Gesù Cristo, il quale per soddisfare ai nostri peccati si lasciò maltrattare in mille modi sino a lasciare la propria vita crocifisso sulla Croce. Ora questa dolorosa e infame morte fu quella che chiese il popolo infuriato, sollecitato dai sacerdoti, scribi e farisei, al procuratore romano, il quale per muovere a pietà quei cuori induriti mostrò dall'alto del suo palazzo il buon Gesù, che da capo a piedi era tutto livido e piagato. Ma quel popolo non volle, e gridando più forte di crocifiggere Gesù, ottenne da Pilato la barbara e ingiusta sentenza di condannare a morte l'Innocentissimo.
Gli ebrei, per rendere la condanna ancora più infame, vollero non solo uccidere Gesù, ma anche privarlo della buona fama e reputazione che Egli godeva presso il popolo: così, processarono insieme con Lui due prigionieri, due famosi ladri, col solo scopo di far vedere al popolo Gesù crocifisso insieme a due ladroni, come se fosse stato anch'Egli giudicato colpevole degli stessi delitti e fosse comunemente reputato per un ladro e un assassino; anzi, il più iniquo e di gran lunga il peggiore dei due, perché solo a Cristo fecero portare sopra le sue sante spalle con inaudita crudeltà il pesantissimo legno della Croce per tutto il tragitto sino al Calvario, e Lo vollero crocifiggere in mezzo ai due malfattori.
Stando Gesù pendente su tre chiodi sull'ignominioso patibolo, uno di quelli che stava crocifisso insieme a Lui cominciò a rimproverarLo e a vomitare contro di Lui le più villane parole e le più orrende bestemmie. Quegli pensava che per le ruberie e le enormi malefatte commesse da Gesù gli fosse stata accelerata la sentenza di morte, che se non ci fosse stata la necessità di dover nella vigilia di Pasqua far morire un seduttore, un empio di tale portata, egli certamente avrebbe vissuto ancora un poco, con la speranza di ottenere in futuro la liberazione dal carcere; quindi, pieno di odio e di rabbia, rivolto a Gesù gridava con ironia: “Se tu sei quel Cristo che ti vanti di essere, salva te stesso e noi insieme! Libera te stesso dal tormento che soffri e poi anche noi, che per causa tua siamo stati condannati!”. E così dicendo, non perché credesse in Cristo, né perché davvero sperasse di essere liberato dal crudele tormento, ma solo per dispetto e odio, continuava le ingiurie contro Nostro Signore.
A tali oltraggi, non potendo più tollerare l'impudenza dell'empio ladrone, l'altro suo collega e compagno si rivolse a lui dicendo: “Veramente si capisce che neppure tu temi Dio, come non Lo temono questi perversi giudei, i quali senza alcuna ragione hanno falsamente accusato quest'Uomo innocente di delitti enormi! Quindi tu ben meriti lo stesso castigo e supplizio che si meritano tutti costoro, perché ti fai loro compagno e approvi la loro empietà! Noi sì che siamo giustamente condannati, e le nostre colpe ci hanno meritato un così severo castigo; ma quest'Uomo innocente, che male ha mai fatto? Noi siamo degni di una così vergognosa morte per i nostri misfatti; ma Lui non commise nessun male degno di morte.”. Così parlò il buon ladrone a favore di Cristo verso l'altro ladro, il quale accecato dalla sua colpevole ira non volle riconoscere l'innocenza dell'Uomo giusto e santo, e morì impenitente nella sua malizia. Non così avvenne per Disma, tale era il suo nome, perché vedendo la durezza del cuore del suo collega, egli si rivolse a Gesù cogli occhi bagnati di pianto, e con il cuore contrito e umiliato, non tanto per vedere la morte dell'Innocente quanto per le proprie colpe, così pregò il Salvatore: “Deh Signore, ricordatevi di me quando sarete giunto al vostro regno” e fu lo stesso che dire: “Quantunque, o Signore, io vi veda morire sopra un infame patibolo di croce, credo però che Voi siate un Re molto grande e magnifico; e se pendete da questo legno, Voi vi assoggettaste liberamente e di vostra intenzione per quell'altissimo fine che a Voi è noto, perciò come a mio Signore e Re vi chiedo che quando fatto libero dalla morte salirete glorioso al vostro regno, di me vi ritorni il pensiero, non già per punirmi secondo i miei demeriti, ma per farmi del bene, e per usarmi grazia e misericordia”.
Ad una supplica accompagnata da una viva fede, da una vera umiltà e coraggiosa confidenza, non potendo fare a meno Gesù di non consolare le sue lacrime e le sue suppliche, così gli rispose: “In verità ti dico, che oggi sarai con Me in Paradiso”. E quanto gli promise il Redentore, tanto gli mantenne; perché morendo nello stesso giorno il ladro giustificato, l'anima sua discese al limbo dei santi padri, dove trovò Gesù, che là era disceso per consolare quelle anime tutte che da così tanto tempo attendevano la Redenzione del mondo; e siccome la vista di quell'anima gloriosa portava con sé le delizie di un vero paradiso, vedendola il buon ladrone ebbe a godere nel giorno stesso un lieto paradiso.
Riflessioni
Non si faccia meraviglia nel vedere un peccatore diventare in pochissime ore un santo; perché le virtù da lui praticate in quei pochi momenti furono eccellenti.
Egli ebbe una fede molto grande, che di gran lunga sorpassò quella di molti patriarchi e profeti, perché egli vedeva un uomo condannato e crocifisso da quella nazione che era stimata la più santa che ci fosse al mondo; lo vedeva schernito, insultato da scribi e farisei, da tutto il popolo, e ciononostante egli credette e confessò che quell'Uomo è il Signore e Principe del suo Regno celeste.
Fu grande la sua speranza, perché sperò di essere beneficato da un Uomo che come un assassino pendeva in Croce, la cui morte era ormai imminente.
Fu grande la sua carità, perché tentò di convertire a Cristo il suo compagno, e si mise a difendere pubblicamente l'innocenza di Gesù senza timore di qualunque maggior male che potesse capitargli.
Non è meraviglioso dunque che un cuore adorno di così belle virtù sia divenuto a un tratto puro, santo e giusto? Un tale esempio deve animare ognuno a sperare dalla divina misericordia il perdono delle proprie colpe, ma non per questo a dilungare di giorno in giorno la conversione sino alla morte, sperando d'impetrare pietà dopo una vita condotta in mezzo ai peccati, perché questa non sarebbe speranza, ma presunzione della divina misericordia. E' vero che il buon ladrone si salvò nella sua ultima agonia, ma è anche vero che l'altro ladrone si dannò nelle ultime ore della sua vita, e se l'esempio del primo anima la nostra confidenza con Dio, l'esempio del secondo ci deve fare temere di non incorrere in una simile disgrazia.
Un'altra riflessione possiamo trarre, confrontando questo buon ladrone con l'apostolo Giuda Iscariota. Quest'ultimo fu eletto da Gesù Cristo nel numero dei suoi apostoli, fu allevato nella sua scuola, udì tante istruzioni da quella divina bocca che spargeva parole di vita eterna, vide da vicino gli esempi del suo Maestro, si volle impegnare nel servire Cristo ma, nonostante tutto, egli si dannò in poco tempo. All'opposto il ladro spese la sua vita in ruberie, in prepotenze e assassini, nel mangiare e bere in modo smodato, nel servire il mondo e le sue passioni, e dopo una vita così empia e così indegna, in pochi istanti si salvò. E quale fu mai la ragione di tanta diversità? Non altra se non che Giuda cominciò bene e finì malamente; mentre Disma cominciò male e finì bene. Per quanto buoni e giusti siano i nostri principi nella vita cristiana, dobbiamo comunque temere di finire male, perché la perseveranza nel bene è un dono gratuito della divina bontà, e conviene chiederla ogni giorno al Signore, perché quando Egli non ci soccorre con la sua grazia, non ci rafforza col suo possente aiuto sgravandoci dalla nostra miseria, corriamo il rischio di perderla, e di cadere malamente. Il cristiano deve pertanto avere cura di schivare i difetti, e le più piccole colpe, perché queste intiepidiscono l'animo nel divino fervore, raffreddano la carità, ci aprono la strada a colpe maggiori e così ci inducono a terminare male la nostra vita, come appunto avvenne all'apostata Giuda.
Di questo santo ladro fanno memoria anche i greci, celebrandone la festa e l'uffizio nel 25 di marzo. Nella chiesa dei santi Vitale ed Agricola di Bologna si conserva una porzione di quella croce su cui morì come preziosa reliquia. Si narra, nella vita di S. Porfirio vescovo di Gaza, che essendo egli caduto gravemente infermo, gli apparve in un'estasi Cristo Gesù crocifisso assieme con il buon Ladrone, a cui il Redentore disse: “Discendi dalla croce, e libera questo povero infermo nella maniera con cui tu parimente fosti liberato”. Discese prontamente dalla croce il buon Disma, e accostatosi al letto dell'infermo, lo abbracciò, e gli diede un affettuoso bacio, quindi gli porse la destra e lo fece sorgere dicendogli: “Vieni ad adorare il Salvatore del mondo”, e in quel momento al vescovo fu restituita perfettamente la salute. Invochiamo anche noi la protezione di S. Disma, perché c’impetri dal Redentore una buona morte, da cui dipende l’intera nostra felicità.
Veronica Tribbia