I modernisti che si danno allo studio della storia, negano, con molta astuzia, di essere in realtà grandissimi filosofi: essi infatti vogliono passare per storici obiettivi, quando invece i loro studi sono imbevuti di opinioni filosofiche pregiudiziali.
La verità, invece, è che la loro storia o critica storica non è altro che pura filosofia, e che le loro conclusioni sono tratte dai loro principi filosofici.
Come abbiamo detto nelle precedenti catechesi, i tre canoni filosofici dai quali i modernisti traggono la storia sono l'agnosticismo, il teorema della trasfigurazione delle cose per mezzo della fede e la legge dello sfiguramento.
Riassumiamo brevemente quali sono i danni che questi tre principi, applicati alla storia, recano allo studio obiettivo dei fatti.
Secondo l'agnosticismo la storia, come la scienza, non si occupa d'altro che di fenomeni; dunque esclude a priori qualunque intervento divino nelle vicende umane, ritenendo alcuni fatti storicamente attribuiti alla mano di Dio solo appartenenti alla fede. In questo modo, qualunque realtà che abbia un aspetto divino e umano – come lo sono Cristo, la Chiesa e i Sacramenti, ad esempio – dovrà essere divisa: l'aspetto umano sarà analizzato dalla storia e l'aspetto divino sarà tenuto in considerazione esclusivamente dalla fede.
Secondo il principio della trasfigurazione, qualunque elemento divino deve essere esclusivamente studiato dalla fede, perché essa “trasfigura” un aspetto umano conferendogli un aspetto divino. Pertanto, tutte le aggiunte fatte dalla fede devono essere di nuovo separate dalla storia e rimandate alla fede stessa e alla storia della fede. Dunque, per la figura di Cristo, si dovrà studiare storicamente solamente l'epoca e il luogo nel quale ha vissuto, mentre tutta la sua vita dovrà essere intesa come una semplice “trasfigurazione” operata dalla fede.
Inoltre, per la terza legge della filosofia modernista, qualsiasi cosa che non rientra nella “logica dei fatti”, come affermano i modernisti, viene eliminata dalla storia e magari ricondotta nell'ambito a parte della fede. In questo modo, per quanto riguarda Cristo, escluderanno dalla storia reale tutte le allegorie che si trovano nei suoi discorsi, perché tali parole eccedono la comprensione del popolo che lo ascoltava.
[Pare forse questo un metodo serio e oggettivo per studiare la storia e analizzare la realtà dei fatti? A seconda di ciò che i modernisti ritengono non essere possibile, tolgono una parte di storia che a loro non piace. Questo si chiama soggettivismo!]
Per quanto riguarda Cristo, i modernisti si impadroniscono della sua figura togliendo tutto ciò che a loro non pare chiaro, e attribuendogli invece quello che essi avrebbero fatto in simili circostanze. Per concludere, secondo i principi filosofici a cui sono soggetti, i modernisti storici negano che Cristo è Dio, e perciò affermano (togliendo dalla storia reale tutti i fatti compiuti e operati da Dio) che Egli non ha fatto nulla di divino! Anzi, come uomo ha fatto e detto quello che i modernisti gli consentono di aver fatto e detto.
[Oltre a togliere tutti i fatti riconducibili al divino, i modernisti non possono neppure accettare i fatti puramente umani, perché li filtrano in base alle “circostanze”, mantenendo solo ciò che loro ritengono più che plausibile. Altro che obiettività...]
Dopo questo triplice taglio della storia – secondo i tre principi filosofici – il modernista critico la dividerà di nuovo in due parti: nella storia “reale” metterà i documenti ritenuti validi, mentre nella storia “interna” collocherà i documenti ritenuti della fede. Due tipi di storia: quella “reale”, cioè che è veramente accaduta, e quella “interna”, che è pura fantasia della fede. La figura di Cristo sarà duplice: uno reale, l'altro che non è mai esistito ma che appartiene alla fede; uno che visse in una certa regione ed epoca, l'altro che si trova soltanto nelle pie meditazioni della fede! Ecco il motivo per il quale i modernisti affermano che il Vangelo di Giovanni è tutta una meditazione!
Non si ferma qui il dominio della filosofia sulla storia... dopo aver tagliato in tre i documenti e diviso in due i fatti storici, ecco che il critico si prepara ad usare il dogma dell'immanenza vitale.
Il critico fa sapere che “tutto ciò che si trova nella storia della Chiesa deve essere interpretato come emanazione vitale”. Siccome qualsiasi emanazione di vita è concepita da un bisogno, il fatto deve sempre essere posteriore ad esso. Ecco dunque che lo storico modernista stende un elenco delle singole necessità che si sono presentate nella Chiesa, e poi trasmette tale elenco al critico. Questo mette meno ai documenti destinati alla storia della fede e li ordina secondo le singole età, in modo tale che ogni avvenimento corrisponda ad un determinato bisogno.
[La regola, in sostanza, è che l'età di un documento qualsiasi non può essere determinata che dall'epoca in cui è sorto nella Chiesa un qualsiasi bisogno. E non finisce qui!]
Dopo questo lavoro che ha classificato i documenti secondo l'età d'origine stabilita arbitrariamente, il critico deve distinguere fra l'inizio di un fatto qualunque e il suo svolgimento: ciò che nasce un giorno, cresce con lo scorrere del tempo. Per questo motivo, il critico deve dividere di nuovo i documenti a metà: quelli che riguardano l'origine di un fatto e quelli che riguardano il suo svolgimento.
Ovviamente, il criterio con cui lo storico dovrà ordinare l'origine e lo svolgimento dei fatti è quello dell'evoluzionismo (altro principio filosofico di cui i modernisti non possono fare a meno). In poche parole, lo storico modernista cercherà nei documenti della storia della Chiesa tutte quelle cose che hanno determinato l'obbedienza alle leggi dell'evoluzione. Infine, si pone mano a stendere la narrazione, e la storia è fatta.
[E noi a questo punto ci chiediamo: la storia scritta si può forse attribuire allo storico o al critico modernista? No. E' tutta opera del filosofo, come risulta chiaro. In realtà, i modernisti accusano la Chiesa di manipolare i documenti a proprio favore, ma è evidente che le attribuiscono ciò che invece sentono rimproverarsi apertamente dalla loro coscienza!]
In sintesi, il metodo dello storico modernista: precede il filosofo, segue lo storico, poi seguono nell'ordine la critica interna e quella del testo. Tenuto conto che la filosofia modernista serve di base a questo metodo storico, possiamo dire con certezza che la critica storica dei modernisti è agnostica, immanentista ed evoluzionista; perciò chi la professa e la usa, professa gli errori in essa racchiusi e si pone in contraddizione con la dottrina cattolica.
Veronica Tribbia - dal Catechismo sul modernismo secondo l’enciclica “Pascendi” di papa S. Pio X - Editrice Ichthys