Messe nere & messe grigie
Ho un debole per le iperboli, lo ammetto. Questa volta è stato Matteo Donadoni a dirmi che, appunto, di iperbole si trattava quando gli ho scritto che le neoliturgie della neochioesa sono messe nere: un prudente “non esagerare”, ore 13,44 di giovedì 16 maggio 2019, in risposta al laconico “messe nere le fanno loro tutte le domeniche”, stesso giorno e stessa ora. WhatsApp non lascia dubbi sulla cronologia, ma concilia l’iperbole quasi quanto vi indulge il mio gusto.
In effetti, quelle che vanno in scena la domenica nelle neochiese, “neochiese” anche se sono vecchie di secoli visto come le hanno ridotte, più che nere, sono messe grigie. Ma, devo iperbolicamente dire a Matteo, persino più pericolose poiché differiscono solo per la gradazione del colore e inducono all’accidiosa condiscendenza verso l’illusione del male minore, panacea di tutti quei cattolici che si sono arresi al mondo e non osano ammetterlo: quanto più diminuisce il punto di nero tanto più una messa viene sorbita di buon grado da quei bravi cattolici che hanno ridotto il cervello in pappa e gettato l’anima all’ammasso.
Anzi, c’è persino chi, quando il bianco si presenta in una discreta percentuale, ci si getta a corpo morto e, anzi, sponsorizza l’evento perché il grigio di quelle neomesse sarebbe un grigio conservatore, ben altra cosa, dicono, rispetto al grigio scuro, quasi nero, di una neomessa celebrata su un barcone dei clandestini. Sul punto di virata dal grigio progressista al grigio catto-cons o persino catto-trad esistono opinioni diverse, si va dal grigio Alleanza Cattolica al grigio Opus Dei fino al grigio Comunione e Liberazione, però tendenza monsignor Negri. Ma sempre grigio rimane, vale a dire bianco quanto si vuole mescolato al nero.
Ora, voglio considerare almeno come argomento di scuola il “non esagerare” di Matteo e convengo sul fatto che le messe grigie si presentino in modo diverso dalle messe nere celebrate dai satanisti che seguono rituali e perseguono palesemente fini invertiti per giungere alla profanazione di Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Convengo persino sull’osservazione che, in linea di principio, i fedeli delle messe grigie non pensano neanche a tale possibilità.
Però ci pensano così poco da non badare al fatto che stanno in chiesa come al circo, che vanno a prendere la comunione con meno venerazione di quando attendono ore in fila l’arrivo dell’ultimo I-Pad al centro commerciale, che arraffano l’ostia consacrata con le mani certe volte meno sudice dell’anima perché gli hanno insegnato che il peccato a differenza dei microbi non esiste ed è inutile confessarlo, che davanti a Nostro Signore non pensano neppure di inginocchiarsi perché lo fanno già tutta la settimana davanti a Nostra Signora Televisione, che non hanno bisogno di diventare un po’ migliori perché si vedono già perfetti dentro a Facebook e Instagram. D’altra parte, se davanti a Nostro Signore non si inginocchia colui che dice di essere il servo dei servi di Dio, perché dovrebbero farlo i semplici servi? A rigore, anche questa è profanazione.
A questo punto, sempre iperbolicamente, mi chiedo se sia più dannosa per il tuo-popolo-in-cammino quella consapevole fatta nel buio di una messa nera o quella più o meno inconsapevole commessa alla luce del sole durante una messa grigia. Perché bisogna riconoscere che c’è una gradazione anche nell’inconsapevolezza, la quale sfuma facilmente fino nella piena coscienza di quello che si sta facendo convinti che sia bene. È pur vero che il magistero bergogliano, nella Seconda Lettera a Sant’Eugenio Scalfari Apostolo, ha messo in chiaro che ognuno deve essere libero di fare ciò che crede e Nostro Signore si deve accontentare di quel che passa il convento. Ma bisognerebbe anche essere in grado di fermarsi un passo prima del baratro.
A questo punto, però, arriva il bravo conservatore che, da coscienzioso piazzista di prodotti per l’anima della Premiata Ditta Roma&C, ti propone il grigio chiaro, chiarissimo, quasi bianco, delle messe a cui va lui, che sono così belle e così compunte, dove si canta persino il “Salve Regina” in latino e, se vuoi fare la comunione in ginocchio, nessuno ti dice niente. Ma è proprio questo il punto dolente: una messa grigia o quasi bianca in cui nessuno ti dice niente se vuoi fare la comunione in ginocchio è anche una messa grigia o quasi bianca in cui nessuno dice niente se vuoi fare la comunione in piedi. Anzi, a voler usare la nefasta nomenclatura inventata da Ratzinger nel “Summorum Pontificum”, anche nelle messe grigie o quasi bianche la comunione in piedi è la pratica “ordinaria”, mentre quella in ginocchio è “extraordinaria”.
Il problema non sta nella modalità più o meno conservatrice in cui il rito viene celebrato, ma nel rito che viene celebrato. Ancora di più, sta nel rito e nella mens, se si ama latineggiare, secondo cui viene celebrato. E se un rito buono può essere pervertito da un mens cattiva, un rito cattivo non può essere salvato da una mens buona. Ciò spiega perché le messe nuove saranno sempre e solo messe nuove, mentre le Messe antiche del “Summorum Pontificum” possono essere devastate dall’idea che, salvo la forma, nuovo e antico, “ordinario” ed “extraordinario”, pari sono, così come concepito dalla mens ratziongeriana. In un caso e nell’altro, ci si trova davanti agli effetti di chiaro disturbo bipolare o a palese rigetto del principio di non contraddizione applicati alle Cose di Dio.
La liturgia non è un’invenzione dell’uomo, ma il diritto del Signore di essere adorato come Lui stesso ha stabilito: e non è l’ottimismo della volontà che conferisce origine divina a ciò che è stato inventato dall’uomo a propria immagine e somiglianza. Al più, in tal modo, si mette in scena una pantomima che non sana la ferita e induce il malato a pensare di essere sano. Ragione per cui, sempre iperboleggiando, quanto più tendono al chiaro, tanto più le messe grigie sono pericolose poiché divengono subdole portatrici apparentemente sane di profanazione e, in sovrappiù, giustificano in linea di principio e di fatto le messe grigio scuro. Innescando in tal modo la maledetta corsa verso il nero, cui tende tutto ciò che non viene da Dio. Morale: con le iperboli, forse, si esagera, ma non si sbaglia.
Alessandro Gnocchi (riscossacristiana.it)