Riflessioni sullo stato attuale della Chiesa/2
Ma può colui, che Cristo ha associato a Sè quale capo della Chiesa e quale Pietra, volere, favorire, o permettere nella Chiesa un orientamento divergente o opposto a quello di Cristo? La Sacra Scrittura e la teologia cattolica ci dicono che, esclusi i casi in cui l'autorità del papa è impegnata nel grado in cui è infallibile, questo è possibile.
Pietro confessa la Divinità di Cristo e Gesù gli dice: “Beato tu sei, Pietro, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. Ed Io dico a te [che hai confessato che sono il Figlio di Dio] che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 17-18).
Il medesimo Pietro tenta di distogliere Cristo dalla Sua Passione e Gesù gli replica: “Vattene lontano da Me, satana. Tu mi sei di ostacolo [è questo il senso esatto della parola “scandalo”] perché tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini” (Mt 16, 23).
e affinché non pensassimo che ciò accadde perché allora il Primato era stato solo promesso e non conferito, ecco il celebre episodio di Antiochia.
Gesù Risorto ha conferito a Pietro il Primato e questi lo esercita tra la venerazione della prima comunità cristiana. Ad Antiochia, però, Paolo si avvede che Pietro era “reprehensibilis”, perché egli, ed altri trascinati dal suo esempio, “non camminavano rettamente secondo la verità del Vangelo” (Gal. 2, 14) e, benchè inferiore e subordinato a Pietro, lo rimprovera “coram omnibus”, davanti a tutti.
San Tommaso commenta: “L'occasione del rimprovero non fu lieve, ma giusta ed utile per il pericolo che correva la verità evangelica; il modo poi di rimproverare fu conveniente perché pubblico e manifesto dato che quella simulazione era pericolosa per tutti”.
Dunque, la Sacra Scrittura insegna che fuori dall'infallibilità, Pietro è fallibile, quindi può rendersi “reprensibile”.
Identica lezione ci viene dalla migliore teologia cattolica, che distingue tra la “persona” del Papa e la “funzione” del Papa.
“La persona del Papa può rifiutarsi di sottostare al suo dovere di Papa” scrive il Gaetano, il quale aggiunge che la pertinacia in un tale atteggiamento renderebbe il Papa scismatico per la sua separazione dall'unità del Capo della Chiesa, che è Cristo (Gaetano, II-II, q.39, a.1, n.6).
Quanto all'assioma “dov'è il Papa, ivi è la Chiesa” - precisa il Gaetano – vale quando il Papa si comporta come Papa e capo della Chiesa; diversamente “né la Chiesa è in lui né egli è nella Chiesa”.
Anche il card. Journet, nel suo trattato L'Église du Verbe Incarné tratta del “Papa cattivo, ma ancora credente”, della possibilità ammessa da grandi teologi di un Papa eretico e della possibilità di un Papa scismatico. A tale proposito il card. Journet scrive che il Papa “può anche lui peccare in due modi contro la comunione ecclesiale”. Il secondo di questi modi consiste nello spezzare l'unità di direzione, il che si produrrebbe secondo la penetrante analisi del Gaetano, qualora egli si ribellasse come persona privata contro i doveri della sua carica e rifiutasse alla Chiesa – tentando di scomunicarla tutta o semplicemente scegliendo di vivere da semplice sovrano temporale – l'orientamento spirituale che essa ha il diritto di attendersi da lui in nome di Uno più grande di lui: di Cristo stesso e di Dio. Ed aggiunge: “La supposizione di un Papa scismatico ci rivela maggiormente, vista in una luce tragica, il mistero della santità di questa unità di orientamento che è necessaria alla Chiesa: e forse potrebbe aiutare lo storico della Chiesa – o meglio il teologo della storia del Regno di Dio – a illuminare d'un raggio divino le più oscure epoche degli annali del papato, permettendogli di mostrare come il papato è stato tradito da certi suoi detentori”.
È evidente che, se la teologia cattolica studia il problema posto da un Papa cattivo, scismatico e persino eretico, è appunto perché la persona del Papa, fuori dei casi in cui è impegnata la sua infallibilità, può rifiutarsi di sottostare ai doveri della sua funzione di Papa.
Un'ultima considerazione: a distinguere tra il papato e i suoi detentori, tra la persona e la funzione del Papa molti teologi furono personalmente addestrati da epoche buie del papato. Noi, che queste epoche buie credevamo tramontate per sempre, non siamo più avvezzi a distinguere e, dopo il Concilio Vaticano I, abbiamo finito col confondere l'infallibilità con l'infallibilismo, quasi che il Papa sia infallibile semper et ubique e non in determinate circostanze e a determinate condizioni (Vaticano I, Constit. Pastor Aeternus, 1839).
Qual è dunque la funzione del Papa nella Chiesa?
Il Concilio Vaticano I insegna: “Affinchè tutta la moltitudine dei credenti si conservasse nell'unità della Fede e della comunione [Gesù] prepose agli altri Apostoli il beato Pietro”. Leone XIII, nella Satis Cognitum, che tratta ex professo dell'unità della Chiesa, scrive: “Poichè il divino Fondatore aveva stabilito che la Chiesa fosse una per fede, governo e comunione, elesse Pietro e i suoi successori per principio e centro dell'unità”. Dunque, la funzione di Pietro nella Chiesa è di assicurare l'unità della Fede e della comunione tra la moltitudine dei credenti, nonché l'unità di governo tra la molteplicità dei Pastori.
Ma in che rapporto stanno nella Chiesa unità di Fede ed unità di comunione, unità di Fede ed unità di governo? “Colui che costituì la Chiesa unica, la fece pure una – scrive Leone XIII nella Satis Cognitum – Necessario fondamento di tanta e così assoluta concordia tra gli uomini è il consenso e l'unione delle menti; di qui nascerà naturalmente l'armonia delle volontà e la concordia nelle azioni. Perciò Gesù Cristo volle, secondo il suo piano divino, che vi fose nella Chiesa l'unità della Fede: questa virtù tiene il primo luogo tra i vincoli che ci legano con Dio e da essa riceviamo il nome di fedeli”. […]
Ne consegue che nella Chiesa nessuno ha il diritto di esigere un'unità di comunione e/o di governo che prescinda dall'unità di Fede. E se oggi i cattolici sufficientemente informati si sentono continuamente messi al bivio tra unità di Fede con la Chiesa ed una pretesa unità di comunione con l'attuale gerarchia, se i Vescovi (lo dicano o non lo dicano scendano più o meno a compromessi, qui poco importa), sono di fatto continuamente messi al bivio tra unità di Fede con la Chiesa ed una pretesa unità di governo con le Superiori Autorità, è appunto perché si chiede loro rispettivamente un'unità di comunione e un'unità di governo fondata non sull'unità di Fede, ma bensì sull'adesione a vedute personali più o meno erronee.
Dal necessario rapporto tra unità di Fede ed unità di comunione consegue anche che la comunione con la gerarchia di oggi non può e non deve separarmi dalla comunione con la gerarchia di ieri, in quanto la gerarchia di oggi ha, come quella di ieri, la funzione di custodire, trasmettere inalterato e fedelmente interpretare l'identico Deposito della Fede. Chi, sotto Montini, accusò i “tradizionalisti” di disobbedire al “Papa di oggi” in nome dell'ubbidienza ai “Papi di ieri”, da buon modernista non era in grado di misurare la gravità dell'affermazione. La comunione col Papa è necessariamente comunione nella Verità e, come tale, è comunione con tutti i Papi, di ieri e di oggi, pur nello sviluppo legittimo del dogma, che procede per esplicitazione e non per contraddizioni. Quando si impone la necessità di scegliere tra la comunione con i “Papi di ieri” e la comunione col “Papa di oggi”, è segno che qualcosa non va nella Chiesa. È segno che la persona del Papa interferisce indebitamente nella sua funzione di Papa. E come il cattolico non deve e non può essere in comunione con un papa Onorio I, che favorì l'eresia monotelita, così non deve e non può essere in comunione con un papa Montini, che favorisce il modernismo, il liberalismo, l'ecumenismo condannati dai suoi predecessori ed inventa un dialogo, che è la negazione del dogma “Extra Ecclesiam nulla salus”, pretendendo abusivamente di orientare tutta la Chiesa secondo le sue deformate e deformanti vedute tutte personali. (continua)
La Tradizione scomunicata (Editrice Ichthys)