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S. Tommaso d'Aquino

Aforisma 

Una sconsiderata tristezza è una malattia dell'anima; una tristezza moderata pertiene invece a una corretta condotta dello spirito, data la condizione di questa vita.” 

La vita

Fra le stelle più luminose che risplendettero nell'ordine domenicano, fu senza dubbio l'angelico S. Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa. Dalla nobile famiglia dei conti di Aquino, per parte di padre, e dai conti di Chieti per parte di madre, trasse la sua origine Tommaso, nell'anno 1225 nel castello di Rocca Sicca, situato nel regno di Napoli.

Fu chiamato Tommaso a causa di una predizione fatta alla contessa Teodora da un santo eremita, quando ella ancora non sapeva d'essere incinta: egli le profetizzò che avrebbe partorito un bambino di sublime ingegno, di profonda scienza e che avrebbe prestato un importante servizio a tutta la Santa Chiesa.

La balia del piccolo infante gli trovò un giorno una carta nelle mani, e tentando di togliergliela, Tommaso la strinse forte a sé quanto poteva e si mise talmente a piangere che la balia dovette lasciargli il suo foglietto. Allora la madre volle sapere cosa fosse e, presa a forza la carta, vi trovò scritta l'Ave Maria, ma i pianti e le grida del bambino la costrinsero a restituirla, e il bambino, una volta ricevuta, se la avvicinava alla bocca, come se da essa succhiasse dolcissimo miele: e così fu ogni volta che piangeva, per rasserenarlo gli veniva data subito la sua carta, che lui stringeva e baciava e gustava. Tali cose fecero intuire a tutti che egli sarebbe stato un giorno un gran santo e un gran servo di Maria Santissima.

Vedendo tali prodigi, il padre Landolfo ebbe una particolarissima cura per il suo bambino, e decise di mandarlo, a soli cinque anni compiuti, nel monastero del monte Cassino, perché fosse educato dai monaci. La sua singolare inclinazione alla virtù fece sì che Tommaso crebbe molto in santità e sapienza, poiché i suoi passatempi preferiti erano l'orazione e lo studio: per tali motivi, l'Abate del monastero convinse il padre a mandare Tommaso all'università. Qui studiò letteratura e filosofia, con particolare profitto; ma nonostante fosse esemplare il suo studio nelle lettere, Tommaso era ancor più ammirevole per la dedizione che dedicava allo studio dei santi.

Conservò la sua innocenza in mezzo alla corruzione del secolo, e conosciuti i pericoli e le insidie del mondo, Tommaso cercò un sicuro asilo nell'ordine famoso dei frati predicatori: fu ricevuto nel convento di Napoli con somma gioia all'età di diciott'anni circa, e fin dai primi giorni di noviziato si mostrò un vero esempio di santità e di virtù.

I suoi genitori, però, nutrivano per lui altri desideri. Quando il giovane Tommaso seppe che sua madre voleva trarlo dal convento, pregò il suo Priore di mandarlo a Roma. La madre seguì il figlio anche in quell'occasione, ma arrivò solo quando Tommaso era nuovamente partito per Parigi, a completare i suoi studi. Delusa, Teodora scrisse subito ai due fratelli maggiori, Lanfolfo e Rainaldo, che servivano nell'esercito dell'imperatore Federigo nella Toscana, affinché arrestassero il loro fratello Tommaso e lo consegnassero a lei sotto buona scorta. Ricevuti tali ordini dalla madre, i due figli obbedirono e, arrestando il fratello, lo spedirono alla madre.

Riavuto indietro Tommaso, la contessa cercò in ogni modo di dissuadere il figlio dalla risoluzione di dedicarsi allo stato ecclesiastico: con preghiere, ragionamenti, lusinghe e minacce la madre tentò invano di convincere Tommaso, perché egli, con rispetto, modestia e costanza, ribatteva ad ogni assalto. La madre convinse allora la sorella affinché gli parlasse e lo smuovesse dai suoi fini, ma il risultato fu quello opposto: dopo aver parlato a lungo con Tommaso, la sorella si convinse a farsi monaca ed entrò nel monastero di S. Maria di Capua, dove morì in odore di santità.

Di nuovo, la madre si rivolse allora ai figli maggiori, i quali, decisi a combattere la costanza di Tommaso, poiché non potevano competere con le sue parole, lo rinchiusero nella torre del castello.

Intanto i domenicani, venendo a conoscenza del tormento inflitto a Tommaso dai suoi stessi parenti, riuscirono ad ottenere il sostegno e l'interessamento di papa Innocenzo IV, per cui finalmente il giovane santo venne liberato dalla prigionia e accolto nell'ordine domenicano. Tommaso andò Roma, da dove passò a Parigi col generale Giovanni l'alemano, il quale lo mandò a Colonia, affinché sotto Alberto Magno, il più celebre dottore che avesse l'ordine, completasse lo studio della teologia.

Furono ammirabili i progressi fatti da Tommaso sotto un tal maestro, ma la sua modestia sapeva ben nasconderli, tanto che i suoi condiscepoli lo chiamavano “il Bue muto”: nonostante però si impegnasse a nascondere il suo talento, la grandezza del suo ingegno comparve in mezzo alla sua umiltà, finché il Bue muto divenne in breve tempo l'oracolo di tutto l'universo. Fatto dottore e maestro nonostante non fosse d'accordo, non poté fare a meno di manifestare la vivacità del suo spirito nello spiegare le scienze, la sua facilità nello sviluppare le questioni più complesse e intricate, la sua penetrazione, la sua erudizione, il suo metodo nello scrivere con tanta chiarezza e precisione... fino al punto che papa Giovanni XXII, nella bolla della sua canonizzazione non dubitò di chiamare la sua dottrina più infusa che acquistata. E sicuramente fu così, poiché Tommaso non cominciava mai lo studio se non partendo dall'orazione, e nei dubbi più gravi consultava il Crocifisso.

Il perché meritò questa scienza infusa, lo si scopre in un episodio della sua vita. Un giorno, pregando ai piedi del Crocifisso, quando componeva la terza parte della sua Somma Teologica, rapito in una dolce estasi udì dall'immagine del Crocifisso queste parole: Tommaso, avete scritto bene di Me: quale ricompensa volete? A ciò il Santo rispose: Non altra che Voi, o Signore, non altra. Questa è la dottrina angelica tante volte lodata dai sommi pontefici, riconosciuta dal santo pontefice Pio V per una delle più certe e delle più ineffabili regole della fede, capace di disarmare e convincere qualunque eresia, di cui ogni articolo è un miracolo, la cui sequela non è soggetta ad errore e inganno.

La Summa Teologica, la più grande opera di teologia della Chiesa, fu composta da S. Tommaso in diversi periodi di tempo. Lo stile semplice nonostante la complessità delle questioni dibattute era adatto per gli studenti principianti di teologia, per i quali scrisse con scopo didattico come manuale scolastico. Spesso durante la composizione della Summa Teologica doveva interrompersi perché andava in estasi. L'opera è divisa in tre parti: la prima tratta di Dio Uno e Trino, la seconda parla del movimento delle creature razionale verso Dio e la terza tratta di Gesù-Uomo come Via attraverso cui torniamo a Dio.

Ad una così eminente scienza aggiunse una perfetta virtù. Ricusò con costanza le prime dignità ecclesiastiche, e particolarmente non volle diventare l'arcivescovo di Napoli, più volte a lui offerto dai pontefici. La sua umiltà era così radicata in lui che non sentì mai neppure i primi moti di vanagloria, e di compiacenza in mezzo a tanti onori ed applausi. Si potrebbe dire che egli era quasi senza passioni, tanto le seppe mortificare; la sua mansuetudine, il suo tono di voce, la serenità del volto erano sempre inalterabili, e a forza di continue penitenze aveva quasi perso l'uso dei sensi. Mantenne integro il dono di castità e non trascurò mai di conservare e difendere questa virtù così delicata: infatti, non guardò mai alcuna donna in volto, e ne fuggì scrupolosamente per tutta la sua vita ogni sorta di conversazione.

Fu estremamente devoto del Santissimo Sacramento dell'altare: si accostava alla celebrazione dei divini misteri bagnando l'altare con le sue lacrime e l'ardore del suo cuore si rifletteva nel suo volto. Per comando di papa Urbano IV compose l'uffizio per la festa del Santissimo Sacramento e contribuì non poco ad ordinare che fosse una festa solenne per tutta la Chiesa, e ad accendere nel cuore dei fedeli l'amore e la riverenza per Gesù Cristo Sacramentato.

Col passare degli anni, crebbe in lui quella devozione e tenerezza dimostrata a Maria fin nella culla, per cui diventò un favorito della Santissima Vergine: Ella gli apparve visibilmente parecchie volte nel corso della sua vita, ed egli stesso affermava di non aver mai domandato grazia alcuna a Dio se non per l'intercessione della Vergine Maria, e di aver sempre da Lei ottenuto tutto.

Tali grandiose virtù furono accompagnate ad ammirabili doni, coi quali Dio volle innalzare il suo servo. I rapimenti, l'estasi, le elevazioni di mente in Dio erano molto frequenti in Tommaso grazie a quella strettissima unione che egli godeva nella sua orazione.

Le rivelazioni circa lo stato di anime trapassate, le visioni intellettuali dei divini misteri, lo scoprimento delle coscienze altrui e degli affetti dell'animo, i miracoli operati dalle sue mani sopra gli infermi furono così frequenti, che non è possibile numerarli uno ad uno. Basti sapere che Tommaso si dimostrò un vero portento su questa terra, che lui da solo insegnò non ancora ventenne in tutte le più famose università d'Europa, combatté e distrusse coi suoi scritti i maggiori nemici della Chiesa, convertì con i suoi discorsi un immenso numero di peccatori e d'infedeli, compose un'enorme quantità di opere sapienti, spiegò in modo sublime i misteri della teologia e l'esistenza del Corpo di Cristo nel Santissimo Sacramento dell'Eucarestia, insegnò con chiarezza cristallina le verità della teologia morale, espose con estrema facilità tutti i libri della Sacra Scrittura, riuscì a sciogliere ogni dubbio.. e con tutto ciò, impiegava molte ore nella preghiera, non si dispensava quasi mai dai più ordinari esercizi della comunità, tormentò la sua giovane carne con i sacrifici e le penitenze più austere nonostante la sua cagionevole salute.

S. Tommaso era a Napoli occupato nella stesura delle sue opere quando Gregorio X convocò un concilio generale a Lione, e gli ordinò di essere presente. Benchè si fosse appena riavuto da una specie di apoplessia, che lo aveva tenuto per tre giorni impossibilitato a muoversi, si mise ugualmente in viaggio: ma non appena giunse a Fossa Nuova, fu preso da un uguale attacco d'infermità, e fu costretto a ritirarsi nel vicino monastero dei cistercensi. Le premure di quei monaci gli avevano con l'arte medica procurato qualche sollievo, e pregarono Tommaso di far loro un'esposizione di una cantica: egli la cominciò, ma non ebbe il tempo di finirla, poiché nuovamente assalito dal male si ridusse in fin di vita.

Vedutosi Tommaso al termine del suo cammino, chiese gli ultimi sacramenti, e all'avvicinarsi dell'Ostia, nonostante la sua debolezza, Tommaso si alzò dal letto e volle aspettarla in ginocchio. Alla vista dell'Ostia, fece la sua professione di fede e con le lacrime agli occhi e con profondo amore disse: “Credo, e tengo per infallibile che questo è vero Dio ed Uomo, Figlio di Dio Padre e di Maria Vergine, e perciò lo credo di cuore, e lo confesso con la bocca”. Proseguì con altri atti provenienti dalla sua incrollabile fede, quindi si accostò a ricevere l'Ostia consacrata, dicendo: “Te ricevo prezzo della redenzione dell'anima mia, per il cui amore soltanto studiai, ho vegliato, mi affaticai, ho predicato, e nulla insegnai contro di Te, né fui pertinace nei miei sentimenti; sicché, se alcuna cosa malamente avessi pronunziata intorno a questo Sacramento, tutto io assoggetto alla correzione della Santa Romana Chiesa, nella cui obbedienza ora me ne passo all'altra vita”.

Piangevano di commozione i circostanti, ma il santo, animato dalla sua fede, speranza e carità, con una presenza singolare di spirito e con una straordinaria devozione, rese tranquillamente l'anima beata al suo Creatore, nell'anno 1274, a soli cinquant'anni, pieno di meriti e di gloria. Dio manifestò la santità del suo servo con diverse apparizioni, con vari prodigi, i quali mossero il papa Giovanni XXII a canonizzarlo quarantanove anni dopo la sua morte, e san Pio V ne ordinò l'uffizio universale come dottore della Chiesa.

Furono fatte molte traslazioni del santo corpo, il quale fu trovato sempre fresco e intero. Vi furono molte contese fra i domenicani e i religiosi di Fossa Nuova per possedere le preziose reliquie. Papa Urbano V decise di dare il corpo ai frati predicatori. Fu mandato nel 1369 il corpo a Tolosa, e un osso del suo braccio destro venne conservato a Parigi, e l'altro a Napoli, la quale prese S. Tommaso per uno dei suoi patroni e protettori.

Curiosità 

Nei dipinti è solitamente rappresentato in abiti domenicani, con un sole sul petto, la penna e la colomba dell'ispirazione. 

È il protettore degli accademici, dei librai, degli studenti e dei teologi. 
Il nome deriva dall'aramaico-ebraico e significa “Gemello”. 


Elena Milani & Elisabetta Tribbia