Francescani dell'Immacolata: una strategia difensiva che non è riuscita

Home / Approfondimenti / La questione dei Francescani dell'Immacolata / Francescani dell'Immacolata: una strategia difensiva che non è riuscita

La vicenda dei Francescani dell’Immacolata appare oggi, con il senno di poi, come un copione scritto fin dall’inizio e recitato dai protagonisti, in parte alla lettera ed in parte “a soggetto”; il finale del dramma è lo scioglimento, de jure o de facto, dell’Istituto, sia nel ramo maschile che in quello femminile, anche grazie ad una strategia difensiva quantomeno inefficace. L’affermazione può apparire ardita, ma trova puntuale riscontro nello svolgimento dei fatti.

Il 6 luglio 2012 la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le società di vita apostolica nomina mons. Vito Angelo Todisco Visitatore apostolico dei Frati Francescani dell’Immacolata, in seguito all’accusa a padre Stefano Manelli ed ai vertici dell’Ordine di «imporre» con pressioni la celebrazione in Vetus Ordo del santo Sacrificio della Santa Messa, denuncia presentata da cinque Frati (Antonio Santoro, Michele Iorio, Pierdamiano Fehlner, Massimiliano Zangheratti ed Angelo Geiger).

Le anomalie si presentano subito: il Visitatore non ispeziona i conventi, non si premura di conoscere direttamente la vita e la spiritualità dei Frati, non verifica le accuse, ma si limita ad inviare a tutti i Professi Solenni un questionario (1° novembre 2012), costruito per creare un clima di sfiducia nei confronti dei Superiori e, in particolare, del Fondatore, più che per accertarne l’eventuale esistenza (cfr. http://www.riscossacristiana.it/il-caso-dei-francescani-dellimmacolata-analisi-del-questionario-del-visitatore-apostolico-mons-vito-angelo-todisco-di-cristina-siccardi/).

Formalmente, sulla base dell’esito di tale questionario, il Visitatore stende una relazione, che autorizza la Commissione per i religiosi a commissariare i Frati Francescani dell’Immacolata. Con Decreto dell’11 luglio 2013. Le risposte date alle domande del Visitatore sono state tenute segrete fino al 24 settembre 2013, allorché ne è stato pubblicato, sul sito ufficiale dell’Ordine, gestito dal Commissario e dai suoi collaboratori, un sunto alquanto tendenzioso (http://www.immacolata.com/index.php/it/35-apostolato/fi-news/239-presentazione-dati-visita-apostolica), oltre che incompleto.

Perché tanto silenzio (quasi 11 mesi!) e perché una pubblicazione incompleta dei dati?Perché l’esito di quel questionario non avrebbe autorizzato nessun tipo di commissariamento (cfr. http://www.corrispondenzaromana.it/la-verita-sul-commisariamento-dei-francescani-dellimmacolata/).

Di qui è una catena ininterrotta di violazioni del diritto canonico, a partire dallo stesso Decreto di Commissariamento, come dimostrato dai professori Roberto de Mattei, Mario Palmaro, Andrea Sandri e Giovanni Turco, nel loro saggio Analisi del Decreto di Commissariamento dei Francescani dell’Immacolata(http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/analisi-del-decreto-di-commissariamento-dei-francescani-dellimmacolata/).

Viene, nello stesso Decreto, vietato ai Francescani dell’Immacolata di dire la Santa Messa in Vetus Ordo, salva espressa deroga concessa dal Commissario, in flagrante violazione delMotu Proprio «Summorum Pontificum» (7 luglio 2007) di Benedetto XVI; viene smantellato il Seminario dell’Istituto; vengono allontanati e dispersi, in varie parti del mondo, i più eminenti esponenti dell’Ordine; vengono chiusi conventi; viene segregato padre Manelli, i cui colloqui con i Frati sono, di fatto, resi quasi impossibili… solo per citare alcuni degli episodi più eclatanti.

A tutto ciò le reazioni dei Frati rimasti fedeli al loro Fondatore ed al carisma dell’Istituto sono, per usare un eufemismo, pacate. La resistenza sul piano del diritto canonico è insufficiente, attendista, quasi a sperare che il non reagire con la dovuta forza induca l’interlocutore a cessare le sue violazioni della legge della Chiesa; niente di più illusorio, ovviamente: ogni violatore del diritto tende a portare la sua azione tanto più in profondità, quanto meno essa viene contrastata; e questo è tanto più vero quando tali illeciti sono commessi non solo e non principalmente per interesse personale, quanto per odio ideologico nei confronti della controparte: se la finalità dell’ingiustizia è la distruzione di qualcuno o di qualcosa, la moderazione di quest’ultimo non può che galvanizzare l’aggressore ed eccitarlo a nuova violenza.

Con il clima di intimidazione crescente nei confronti dei Frati e di loro reazione “moderata”, nonostante da varie parti si levino voci in loro difesa, anche da ambienti lontani dalla Chiesa, il cardinale Joâo Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le società di vita apostolica, sente giunto il momento per aggredire il ramo femminile dell’Istituto, finora risultato indenne anche dalle minime defezioni, che avevano dato l’occasione per l’attacco a quello maschile, ed il 9 maggio 2014 nomina suor Fernanda Barbiero, dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea, Visitatrice apostolica delle Francescane dell’Immacolata, con poteri da vera e propria Commissaria.

Ma qui giunge l’imprevisto: le Suore presentano ricorso contro una così grossolana violazione del diritto al Supremo Tribunale della Chiesa, la Segnatura Apostolica, che, già nel giugno 2014, lo accoglie, ridimensionando i poteri della Visitatrice. Il Cardinale, allora, nomina altre due “convisitatrici”, le abbadesse clarisse Chiara Damiana Tiberio e Chiara Cristiana Mondonico, rispettivamente del protomonastero di Assisi e del monastero della Trinità San Girolamo di Gubbio.

Continueranno le suore a reagire in maniera più vigorosa dei Frati o seguiranno una strategia di contenimento che fin qui si è rivelata del tutto inappropriata? In questo dramma anche le vittime paiono recitare una parte già scritta o, almeno, abbozzata; è come se gli aggressori potessero contare su reazioni già previste e prevedibili, sulle quali, a loro volta, costruire le loro contromosse. Tanto è vero che l’unica volta, in cui non vi è stata la solita e prevista rassegnazione (il ricorso contro i poteri abnormi di suor Fernanda), il cardinale Braz de Aviz ha riportato una sconfitta.

La reazione contro la violenza e l’ingiustizia ha valore positivo sia morale che pratico. Sul piano etico, l’obbedienza all’ordine ingiusto è accettabile ed anche meritoria, come sofferenza offerta a Dio, solo quando non può in nessun modo essere o, anche solo, apparire, come connivenza con, o accondiscendenza, alla dottrina erronea o all’immoralità soggiacente alla violenza stessa; in altre parole, quando non è e non appare come complicità con l’aggressore ingiusto; poiché, altrimenti diviene correità con questo, anche solo per lo scandalo che può derivarne nelle anime semplici.

Sul piano pratico, poi, la resistenza alla violenza ed all’ordine ingiusto, anche se sconfitta, riduce la portata del male compiuto dall’aggressore, in quanto, nel peggiore dei casi, ne riduce il consenso e, nel migliore, ne riduce la realizzazione.

All’Editto di Milano (febbraio 313), con il quale Costantino ha garantito la libertà di culto ai cristiani, ponendo le basi del successivo Editto di Tessalonica (27 febbraio 380), con cui Teodosio rendeva il Cristianesimo religione di Stato, hanno certo contribuito i martiri che hanno versato il loro sangue sotto l’Impero di Diocleziano e dei suoi predecessori, ma lo hanno anche fatto (ed in maniera decisiva) i cristiani che hanno combattuto nella battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre 312).

«Occorre dar battaglia, perché Dio conceda la vittoria», soleva ripetere santa Giovanna d’Arco.

 

Carlo Manetti (CORRISPONDENZAROMANA.it)  


Documento stampato il 21/11/2024