“Sono la debolezza in persona. Ho perso fiducia in me stesso. L'intenzione è quella di operare secondo le mie possibilità, ma non ho più la certezza di riuscirci. Proprio il contrario. Temo di fare ancora più danno”.
“Perchè teme una cosa del genere?”.
“Non lo so”.
“E' sacerdote da così tanti anni e non lo sa?”.
“Sinceramente, padre, non capisco che cosa stia succedendo alla mia anima in questi ultimi giorni. Mi sento meno preparato che mai”.
“E' un bene che lei provi questa debolezza”.
“E' necessario avere forza per svolgere questo incarico”.
“No. È necessaria la debolezza”.
“Che cosa vuol dire? Sono confuso”.
“Lei è un uomo che ha sopportato molte sofferenze. Sin dalla sua infanzia ha sofferto per mano di uomini malvagi. Nella mente ho l'immagine di un ragazzino vestito di nero. Sta danzando per Dio. È pieno di gioia. Il fuoco cerca di mangiarselo. Ma lui scappa e si salva. Poi corre per il mondo. Ma dimentica di danzare. Perde la gioia”. […]
“Il ragazzino che danzava vestito di nero e con il cappello di pelliccia”, continuò il frate, “è uno degli eletti da Dio. E un tizzone tolto dal fuoco. È un'anima che fin dai primi anni è stata affamata di Verità. A causa di questa fame, ha sopportato per Dio molte ferite e non lo sapeva”.
“Ora lo so”.
“Sopporterà ancora più ferite per Lui”.
“Non c'è forza dentro di me”.
“E' come deve essere”.
“La notte scorsa ho avvertito un flusso di angoscia che non provavo da anni. Ho visto chiaramente tutto quello che avevo perso. Mi sono sentito come se stessi cadendo in un pozzo di dolore senza fondo”.
“Sopra di noi c'è un oceano di gioia. Lo vedrà. Lei salirà e questo oceano di gioia scenderà per incontrarla. La donna vestita di sole non le ha parlato di questo? L'ho vista venire da lei in sogno”.
“Lo ha fatto”, dissi stupefatto.
“Perchè ha paura? La donna l'accompagna. La missione della donna è identica alla sua, schiacciare la testa del serpente che striscia per il mondo. Lei è uno strumento per confondere il serpente che si prepara a prendere in trappola la Casa di Dio. Ma nessuno può resistergli senza assistenza divina. Il Signore ha dato alla donna un ruolo per gli ultimi giorni che nessun altro essere umano potrebbe svolgere [...]”.
“Il nemico ha ucciso l'Agnello”.
“Lei conosce il resto”.
“E l'Agnello ha vinto la morte”.
“Sì. Ma prima ha dovuto morire”.
“Perchè ha dovuto morire? Perchè lei è coperto di contusioni?”.
“Perchè ci troviamo in una vera guerra”.
“Non è giusto!”.
“E' sacerdote da tanti anni e dice così? Naturalmente non è giusto. La croce non è giusta. Ma nostro Signore l'ha presa e l'ha trasformata nel grande segno che il diavolo odia più di tutti gli altri segni. Ogni volta che accettiamo di sopportare la croce e di essere inchiodati ad essa, credendo contro ogni credere, quando è impossibile continuare a credere a causa del nostro dolore, questo è il momento in cui lo sconfiggiamo. Mediante il sangue dell'Agnello”.
L'anziano frate sospirò.
“Lei era esausto quando è arrivato qui. Il nemico la conosce e vede che lei si sta avvicinando, sebbene non afferri il piano di Cristo nella sua missione. Vede solo una minaccia ai suoi progetti, sebbene non immagini che cosa sia. Non impara mai”.
“Lei ha sopportato questi colpi al posto mio”.
“Ho domandato un favore al Signore. Gli ho chiesto che alcuni degli attacchi diretti a lei fossero deviati su di me”.
“Ma colpire lei nella carne! A quale scopo?”.
“Il nemico è infuriato. Cerca di fare paura. Vorrebbe farle paura. Di solito non gli è permesso spaventare le anime apparendo in forma concreta. La sua azione si svolge nel silenzio. È più efficace quando non viene visto. Di tanto in tanto, Dio permette che il diavolo usi armi grossolane, e quindi si rivela per quello che è. Afferra l'opportunità, anche se sa che perde terreno rivelandosi. Ma la sua malvagità è così grande che non sa resistere”.
“Le chiedo di pregare per me”, dissi con voce rotta. “Ho paura”.
“Vede queste ferite? Queste contusioni?”.
“Sì”.
“Queste sono la mia gioia”.
“Il dolore è la sua gioia?”
“Il dolore di per sé non è una gioia. È semplicemente dolore. Ma il significato del dolore, questo è gioia”.
Padre Elia Schafer