Il nido degli uccelli, il nido dell’uomo

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1. Gli uccelli che cinguettano e gorgheggiano perdutamente sull’orlo dei nidi ove palpita la vita, che scherzosamente volteggiano, ricamando voli fantastici davanti alle nostre finestre, preoccupati solo di compiere con gioia, senza restrizioni, la volontà di Dio, ripetono all’uomo la vera e unica ragione dell’amore, la sua benedizione, il suo onore. Ricordano la volontà di Dio: “Crescete e moltiplicatevi”.

Nella lode che essi innalzano al Creatore per avere ricevuta e partecipata la vita, è un monito grave, severo a tutti coloro che per egoismo o per sfiducia nella Provvidenza, sbarrano ai bimbi le porte della loro casa, e ricusano di dare vita a nuove creature che pur avrebbero diritto di aprire gli occhi alla luce del sole.

Ogni fiore che si colora, ogni nido che si popola attraverso una sofferenza che diventa gioia, è una voce che ripete ad ogni uomo che abbia intelligenza per comprendere e cuore per sentire, il sacro dovere di perpetuare e moltiplicare la vita.

Sposarsi, fondare cioè una famiglia per allietarla di nuove creature, è, come per gli uccelli in aprile, costruirsi un nido. Infatti anche il focolare domestico, questo nido di giovane famiglia, si costruisce soltanto a poco a poco, con molte fatiche e sollecitudini. Ma tale lavoro si deve compiere nella gioia e nella speranza, perché così comanda Iddio, così vuole l’amore benedetto e divenuto santo. 

2. Nido dell’uomo è la famiglia.

Considerata nella sua parte materiale, la famiglia è un “piccolo nido”, perché costituita da un numero esiguo di persone, inquadrata in pochi metri di muratura, in poche stanze, più o meno ricche, più o meno lussuose, sempre piccole in rapporto all’immensità del creato.

Ma vista nella luce della sua missione e dei suoi compiti, la famiglia è “grande”.

La famiglia infatti è il santuario augusto in cui Dio perpetua la sua azione creatrice, attraverso l’opera degli sposi.

All’alba del tempo, la vita venne direttamente dal Creatore. Plasmato l’uomo, Dio gli comunicò con un soffio divino la vita, quindi, per allietarne l’esistenza, gli creò una compagna, Eva, la prima donna, “madre dei viventi”.

Rapito di ammirazione innanzi alla sua compagna, capolavoro dell’amore di Dio, Adamo pronunciò la legge fondamentale del matrimonio e della sua indissolubilità: “Ecco finalmente l’osso delle mie ossa, la carne della mia carne …; perciò l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua moglie e i due saranno una sola carne”.

Allora Dio impartì ai progenitori la prima solenne benedizione nuziale, e fondò la famiglia, assegnandole il grande compito di popolare e dominare la terra: “Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela”. 

3. Da quel giorno (il giorno in cui Dio pronunziò la benedizione nuziale su Adamo ed Eva), l’opera creatrice si è per sempre legata alla collaborazione dell’uomo e della donna, uniti nel vincolo sacro e indissolubile del matrimonio. La famiglia divenne la sorgente sacra della vita, la cellula della società, il nucleo generatore e perpetuatore dell’umanità. Nei suoi sacri recessi si svolsero i misteri della vita.

Ogni volta che i genitori, corrispondendo alla vocazione divina di procreatori concedendosi totalmente l’uno all’altro, plasmano e formano non più col fango della terra, ma con una parte di se stessi, un nuovo essere, Dio ritorna col soffio di uno spirito immortale a compiere il miracolo che rinnova la speranza del mondo e continua i destini dell’umanità.

Ogni canto di culla, ogni sorriso di bimbo, mentre segnano con ritmo interrotto la continuità della vita nel suo perenne fluire nel tempo, annunziano il passaggio di Dio nella famiglia, santuario augusto della Provvidenza che crea e che perpetua.

Questo mistero solenne della creazione, fatto di amore e di dolore, conferisce alla famiglia qualche cosa di ineffabilmente sacro, qualche cosa di supremamente venerabile. 

4. La famiglia non è solo la culla delle nascite, il santuario augusto nel quale Dio perpetua la vita; essa è anche la grande scuola dove “si fanno gli uomini”; è il crogiuolo delle personalità poiché procura a tutti i suoi membri, genitori e figli, l’unico clima normalmente indispensabile allo sviluppo e alla valorizzazione di tutte le possibilità umane e divine.

Come un grande albero attinge dal terreno e dall’ambiente la sua rigogliosa vita, così l’uomo attinge dalla famiglia la parte migliore di sé, dei suoi progressi, delle sue conquiste.

A coloro che non hanno famiglia, manca qualcosa di essenziale, manca un elemento fondamentale di ponderazione e di stimolo.

La maggior parte degli uomini, se non fonda un focolare, e se non costituisce, come i Religiosi e i Sacerdoti, una famiglia spirituale, rischia di diminuire lo slancio vitale, peggio, di sviarlo.

La famiglia è tutto per l’individuo. Essa orienta la vita, e riveste i giorni di luminosa letizia.

Nel periodo della fanciullezza, la famiglia è la prima insostituibile scuola del dovere, del rispetto, della bontà, della abnegazione. Scuola non di cultura ma di vita; scuola intima senza la quale anche quelle superiori del liceo e della università ci lasciano ignoranti.

Nel tempo della giovinezza, la famiglia riempiendo il cuore di vibranti ardori, è promessa di moralità e forza di disciplina. Nella virilità, è pegno di ordine ed è sostegno che rende sopportabile la fatica di ogni giorno. Nella vecchiaia, è garanzia di amorosa assistenza e di soccorso. 

5. Molte pagine di storia confondono i loro inizi con il dondolio di una culla. Molti destini di popoli e strepitose conquiste del genio ricevono luce e calore solo dalla famiglia, per la quale l’uomo si sente legato ad un passato da custodire, ad una eredità da trasmettere e artefice dell’avvenire.

Solo attraverso la famiglia, l’uomo sente di realizzare una missione, di non sperperare inutilmente i giorni della sua vita, ma di valorizzarli nel tempo per l’eternità. Al contrario, chi sfugge al campito sacro di una paternità naturale o spirituale, condanna se stesso a vivere senza ideali, senza mete, a gustare il sapore acre delle delusioni, delle miserie e delle vergogne, a fossilizzare nella ristretta tomba dell’egoismo.

Nulla è così insopportabile all’uomo quanto trascinare la sua vita solo, senza interesse e scopo, senza trasmettere ad altri il suo passato e l’esperienza della sua vita, senza lasciare quaggiù una parte di sé, che è debito per quella ricevuta.

Vivere non è che il primo atto della vita, il secondo è sopravvivere. La famiglia assicura all’uomo, assetato di immortalità, questo secondo atto del suo dramma, permettendogli di continuare come individuo e come specie.

La famiglia è grande ancora, perché è il più sicuro asilo di pace e di tenerezza. in essa l’anima travagliata dalle amarezze e flagellata dalle delusioni della vita, trova il balsamo del conforto.

 E’ l’albero benefico alle cui fresche ombre si ritorna volentieri a riposare, a ritemprare le forze per nuove conquiste, quando, stanchi o esasperati dalle delusioni, dalle insoddisfazioni, dai pettegolezzi, dalle perfidie degli uomini si sente come una stanchezza, una noia della vita.

Senza il “piccolo grande nido” della famiglia, sorgente inestinguibile della vita, degli affetti più sacri e più cari, di sicure efficaci speranze, che racchiude in sé la potenza di mitigare i più intensi dolori e di sedare le più violente tempeste della vita, il mondo sarebbe un orribile serraglio. 

6. Perché la famiglia, questa “patria del cuore”, sia un elemento di vita e possa rispondere alle sue finalità, alle speranze in essa riposte, perché sia nido e non tana, “vero paradiso in terra”, deve sbocciare e fiorire nella religione, deve partire dalla benedizione di Dio.

Deve essere un “piccola chiesa”.

Senza la religione tutto si abbassa e si avvilisce nella famiglia. ove non è Dio, manca il soffio divino che rinnova e perpetua l’amore; domina l’istinto della natura corrotta, presto sopraffatto e sviato dalle basse passioni, le quali disperdono ogni desiderio di bene. L’amore puramente umano, fondato sulla fresca bellezza e attrattiva dei corpi e sui piaceri dei sensi, è destinato irreparabilmente a naufragare in modo violento e triste, non appena appassiscono le rose della prima gioventù.

Solo la religione, innalzando il vincolo matrimoniale all’alta dignità di Sacramento, consacra così la società coniugale, da renderla quasi una parte della religione stessa. La protegge contro il capriccio instabile della passione, sanziona per sempre la sua unità, la sua indissolubilità, la sua santità, con la minaccia di pene severe, congiunte ad un tempo con la promessa delle più consolanti ricompense.

Dalla religione inoltre viene alla famiglia la pace, la gioia del sacrificio quotidiano e del vicendevole compatimento; ne deriva, in una parola, la felicità.

Nelle vicende quotidiane della vita familiare, come in tutte le circostanze del vivere umano, spesse volte è necessario l’eroismo per convivere e mantenersi cristianamente costanti al proprio posto e dovere. Se non vi è nel cuore un potente sentimento religioso, corroborato dalla grazia, i piccoli incidenti, sovente inevitabili, cui dà luogo il vivere comune, penosi più per la frequenza del ripetersi che per la loro entità, rallentano l’unione degli spiriti e minacciano di sgretolare l’edificio familiare. 

7. Perché, purtroppo, tante infedeltà tra sposi anche cristiani, perché tante sventure, tanti naufragi nella fede coniugale? Perché tante giovani coppie che si erano giurata una tenerezza per la vita, si vedono ben presto tirate di qua e di là in sensi diversi per sensualità e gelosia?

Perché, dopo la sincerità delle promesse scambiate dinanzi all’altare, tanti vincoli dolorosamente e violentemente spezzati? La risposta è semplice: è venuta meno la fede, e le giornate non sono più state consacrate nella preghiera.

La religione sola profuma l’ambiente della famiglia di soavità, di schiettezza, di quella reciproca intimità e confidenza che nulla nasconde, nulla tollera di subdolo o di falso. Essa piega dolcemente all’obbedienza i figliuoli, mostrando nell’autorità dei genitori, non un giogo intollerabile da scuotere, ma un saggio e naturale indirizzo della vita; toglie le asprezze e le angolosità, ammortizzando nella comprensione e nella sopportazione vicendevole le immancabili divergenze di carattere; riempie la vita di ineffabili conforti.

Con questo non si afferma che nelle famiglie ove fiorisce la religione, regni sempre la prosperità; ma in esse le immancabili tribolazioni e le prove della sventura, delle malattie, della vecchiaia, della morte stessa, illuminate dal raggio della fede, penetrate dalla speranza cristiana, alleviate dalla carità, fruiscono d’un balsamo per cui, anche se atroci, divengono sopportabili. La fiducia in Dio le raddolcisce e le rende utili per una vita migliore.  

8. La religione, nella famiglia, non vi deve essere solo come sentimento vago e indefinito, come un ornamento decorativo, ma come realtà vissuta nella fedele osservanza dei comandamenti di Dio, nella costante santificazione delle feste, nella quotidiano preghiera comune.

in molte famiglie vi è un tipo di religione di pessima lega; si esaurisce tutta in qualche pratica esterna, compiuta meccanicamente, per forza di abitudini e si smorza sulla porta della chiesa, senza permeare e informare la vita, cioè i rapporti dell’individuo con Dio, con se stesso, con il prossimo. Dio è trattato alla stregua del più umile attrezzo casalingo.

Come la scopa è tolta dal suo ripostiglio oscuro, solo quando la necessità lo impone per il decoro e la pulizia della casa, così Dio è tolto dall’oblio, forse dal disprezzo, quando una disgrazia, una malattia, una sciagura minaccia gli interessi della casa, o qualche membro della famiglia. Cessato il pericolo, Dio, come il più umile degli attrezzi, ritorna nell’angolo più oscuro della coscienza familiare.

Questa religione a tipo assicurativo, che agisce solo in funzione dei propri interessi materiali, è una grave deviazione. Per essa, le pratiche devote, i tridui, le candele accese, i fiori, i pellegrinaggi, si riducono ad una “polizza” di assicurazione contro gli infortuni della vita presente, un titolo per aprire un conto corrente sulla banca di Dio, e assicurare la salute, gli affari, il negozio, la carriera.

La vera religione, prima di garantire i beni della terra, si preoccupa di garantire i beni eterni del cielo; prima di preoccuparsi della salute del corpo, si preoccupa di assicurare la salute dell’anima; essa prende l’uomo in ciò che ha di più intimo, di più sincero, di più personale: pensieri, affetti, volontà e tutto lo orienta verso Dio. Vera religione è quella che pone i valori della famiglia e dei suoi membri nel loro vero ordine, anteponendo al corpo, alla posizione, allo stipendio, l’anima.

Prima è Dio, dopo la clientela e l’ufficio; prima è la Messa, dopo la partita; prima la preghiera, dopo il proprio comodo. “Che giova infatti all’uomo guadagnare anche tutto ilo mondo se poi perde l’anima sua?”. 

9. Se molte case, oggi, sono diventate “spelonche”, prima di tutto è perché in esse non si prega più. A mano a mano che nella famiglia vengono meno le voci della preghiera, crescono le parole che offendono e che contristano.

Ogni famiglia è tanto “piccola chiesa” in quanto in essa si prega non solo individualmente, cioè ciascuno per proprio conto, ma collettivamente, “insieme”.

 Non basta che i membri della famiglia preghino ognuno per proprio conto, tanto meno si deve concedere che ognuno di essi, in fatto di religione, la pensi e si regoli come meglio crede.

tutta la famiglia voluta e benedetta da Dio, deve offrire a Lui l’omaggio della preghiera.

Non senza una ragione profonda il Vangelo rivela e sottolinea la fedeltà della Santa Famiglia, modello di tutte le famiglie cristiane, nel compimento del dovere della preghiera in comune: “Ora, i suoi genitori, Giuseppe e Maria, erano soliti andare a Gerusalemme ogni anno, per la festa di Pasqua. Ed ecco, quando toccò l’età de 12 anni, salirono a Gerusalemme, secondo l’usanza”.

 Per questo un poco di preghiera in comune prima del riposo, dopo una giornata di lavoro, di preoccupazioni, di affanni, deve restare una norma inderogabile in ogni casa che vuole crescere dei veri cristiani e desidera la benedizione di Dio.

l’orazione è il più efficace parafulmine delle nostre famiglie. E’ un segreto incenso che diffonde pace nei cuori e apporta tregua all’afflizione. 

10. La vita moderna, dinamica e inquieta, ha soppresso nella vita familiare pratiche devote, che per decenni avevano costituito parte del patrimonio religioso dei nostri antenati. Oggi non si può esigere quello che è divenuto incompatibile col nuovo ritmo assunto dalla vita.

 Non manchi però in nessuna delle nostre case la grande preghiera della famiglia cristiana: il “Rosario”. E’ la preghiera universale che include l’impetrazione per tutte le necessità del focolare domestico, il ricordo di tutti i membri della famiglia, vivi e defunti. Con essa, gli sposi rinnovano quotidianamente innanzi alla Vergine il “sì” della loro mutua donazione e del loro amore, ed imparano ad accogliere dalle mani di Dio non solo i misteri gaudiosi e gloriosi, ma anche gli immancabili misteri dolorosi. I Figli vengono a conoscenza delle principali verità della fede e dei doveri della vita cristiana.

Piccola ed umile preghiera quella del Rosario! Ma una speciale benedizione accompagna sempre le famiglie che sanno restare fedeli a questa pia pratica tante volte richiesta dalla Madonna, sempre vivamente raccomandata dai Papi e tramandataci con tanta fede dai nostri vecchi.

L’esperienza quotidiana offre il doloroso spettacolo di famiglie divenute incapaci di assolvere la loro altissima missione. Sono focolari da cui il Signore è stato cacciato, o vi rimane dimenticato, affisso ad una parete, per sentire ogni giorno bestemmie e insulti, e per assistere alle più gravi violazioni della sua santa legge.

Il triste e deplorevole spettacolo offerto da queste famiglie scristianizzate, sia monito e stimolo per tutti i genitori a mantenere sempre la propria casa nella luce soprannaturale voluta dalla fede.


Don Stefano Lamera (1912/1997) - dal libro "La famiglia, piccolo grande nido"


Documento stampato il 30/01/2025