Il professor Matthias Desmet è psicologo, psicoanalista e insegna all’università di Gent, in Belgio. Da diverso tempo compaiono su Youtube alcune sue interviste che approfondiscono il periodo in cui stiamo vivendo dal punto di vista della psicologia di massa. Il testo di una di queste interviste sta circolando in rete suscitando interesse e commenti. Ecco la traduzione della trascrizione:
I genitori che stanno vaccinando i loro figli con tanto entusiasmo stanno entrando in quello stato di coscienza tipico delle masse chiamato «formazione di massa». Questo cambiamento sociale avviene quando c'è o è stato un periodo di ansia fluttuante, ed è un passo sulla strada verso un totalitarismo di stato.
Il totalitarismo inizia sempre con una «formazione di massa» all'interno della popolazione. Non è la stessa cosa della dittatura: in una dittatura le persone obbediscono per paura del dittatore al vertice. Il totalitarismo è l'opposto: le persone sono [come] ipnotizzate dall'obbedienza «per il bene della collettività».
Vediamo cos’è la «formazione di massa». Trovare una nuova coesione come collettivo crea una soluzione all’ansia; la narrazione e l'ideologia che riguardano la pandemia e i vaccini sono diventati «oggetto dell'ansia». Quando l'ansia fluttuante [cioè senza una chiara causa] ha trovato un bersaglio, un oggetto, la gente sente che l’ansia sparisce, ha un senso; si crea un significato e un senso di solidarietà. Quando questo accade, la gente cambia.
Non sono più razionali e non pensano in modo critico come prima. Questo è il motivo per cui tutti conosciamo amici, un tempo intelligenti e compassionevoli, che ora sono ammutoliti e non ascoltano voci divergenti: sono intolleranti e persino meschini o crudeli. Nell'ipnosi, l’attenzione si restringe progressivamente fino a quando il soggetto non riesce a vedere al di fuori del suo punto di vista molto ristretto sulla realtà. La «formazione di massa» ha bisogno di quattro condizioni per realizzarsi [la prima cosa è l’isolamento sociale, cioè la mancanza di legami sociali; la seconda è la mancanza di un senso nella vita; la terza è la presenza di molta ansia fluttuante; la quarta è un forte malcontento psicologico].
Questo è successo ciò che sta accadendo. L'ansia e l'isolamento che molti hanno provato prima e durante la pandemia hanno trovato il loro perfetto «oggetto di ansia» saldamente ancorato alla narrativa sulla pandemia e sul vaccino. Non possono tollerare o consentire il dissenso o voci dissonanti; non vogliono nemmeno sentire qualsiasi domanda. Se si svegliano, la loro terribile ansia tornerà; chi gestisce la «formazione di massa» non può nemmeno permettere alla massa di svegliarsi, perché quando la massa si sveglia e vede la realtà si arrabbia con coloro che hanno creato il danno e talvolta li uccidono. La storia insegna che, chi ha gestito una «formazione di massa», viene sempre ucciso da quelli che erano ipnotizzati, che si svegliano e vedono di nuovo il mondo reale.
Questa è attualmente una crisi sociale e noi abbiamo un compito da svolgere.
- Il 30% delle persone è profondamente ipnotizzato.
- Il 40% non lo è, ma segue la massa. Se questo 40% non ascolta opinioni divergenti si unirà agli ipnotizzati.
- L’ultimo 30% non può essere ipnotizzato; deve continuare a far sentire la sua voce.
Nel totalitarismo, quando le ultime voci di dissenso si arrendono e tacciono, la massa comincia a commettere atrocità in nome della solidarietà e della collettività.
Il 30% non ipnotizzato è un insieme di diversi gruppi di diverse idee religiose e politiche. Se non trova un terreno comune per unirsi, perde; e, senza le voci coraggiose e costanti del dissenso, quel 40% cade [nella «formazione di massa»].
Si tratta di una analisi interessante e articolata, che forse ha bisogno di qualche glossa.
Innanzitutto, non parlerei di ipnosi, almeno senza aver specificato cosa si intende per ipnosi. Generalmente e storicamente, l’ipnosi prevede uno stato alterato di coscienza, una specie di sonno indotto, di sonnambulismo. In questo senso, non si può dire che buona parte delle persone sono ipnotizzate; anche perché bisognerebbe spiegare come è stata indotta l’ipnosi a milioni di persone contemporaneamente.
Tuttavia, accanto al significato tradizionale e maggiormente conosciuto della parola «ipnosi», ne esiste anche un secondo, più recente, che risale allo psicologo Milton Erickson. Egli cominciò a sperimentare la possibilità di indurre nei pazienti la trance ipnotica senza imperativi, ordini o comandi. Una ipnosi non teatrale, non stereotipata, non direttiva; quanto piuttosto un invito a focalizzare tutta la propria attenzione su una sola idea, ad esempio la relazione tra paziente e terapeuta.
Il terapeuta poteva condurre il paziente in una situazione di attenzione profonda e focalizzata; esattamente come accade decine di volte nella giornata di ciascuno, ad esempio quando guidiamo l’automobile (la comune trance quotidiana). In questo Erickson era aiutato da un'altra attitudine che aveva sviluppato negli anni precedenti: si era abituato a conoscere quanto più possibile le persone semplicemente osservandole.
Atteggiamenti, posture, espressioni, tono della voce, abbigliamento... da questi particolari che la maggior parte delle persone ignora, Erickson traeva una conoscenza profonda delle persone che incontrava. Egli utilizzava questa sua capacità per entrare in sintonia con il paziente, utilizzando il più possibile le sue parole («utilizzazione»), i suoi atteggiamenti, cercando di rispecchiare i suoi stati d'animo.
L'ipnosi ericksoniana suscita diverse riserve dal punto di vista deontologico e mostra alcuni rischi ad essa connessi. Sono frequenti, infatti, i resoconti di Erickson dai quali risulta che lo psicologo poneva, alle ragazze in trance, insistenti domande sulle loro parti intime; oppure le faceva spogliare completamente.
In altri casi, Erickson usava tecniche ipnotiche per creare un passato che non era mai avvenuto. Di fronte all'accusa di manipolare i pazienti, egli ammetteva che li stava «manipolando nello stesso senso in cui quando metti del sale nel cibo manipoli il tuo senso del gusto». Per lui, la manipolazione degli altri non costituiva un problema etico o deontologico: «Sono stato accusato di manipolare i pazienti, al che io rispondo: ogni madre manipola suo figlio, se vuole che viva. E ogni volta che andate in un negozio, manipolate il commesso per fargli eseguire i vostri ordini. E quando andate al ristorante, manipolate il cameriere. E il maestro, a scuola, vi manipola affinché impariate a leggere e scrivere. In realtà, la vita è tutta una grande manipolazione». Ecco, in questo senso si può dire che buona parte delle persone siano ipnotizzate.
Bisogna però ricordare che la psicologia del Novecento ha messo a punto numerose altre tecniche di manipolazione, alternative all’ipnosi. Stanley Milgram, ad esempio, chiese a dei volontari di infliggere delle (false) scariche elettriche a cavie umane. Una buona parte dei soggetti obbedì allo sperimentatore nonostante fosse consapevole del dolore inflitto alla cavia; questa percentuale aumentò quando la cavia era nascosta alla vista del soggetto. Milgram ne dedusse che l'obbedienza all'autorità è uno stimolo che può portare il soggetto ad infrangere i propri principi, tanto più se le conseguenze delle sue azioni sono percepite come distanti.
Milgram era allievo di Solomon Asch, autore di uno degli esperimenti di psicologia sociale più famosi. Il protocollo di Ash prevedeva otto soggetti, sette dei quali complici dello sperimentatore. Ash presentava ai soggetti tre linee di diversa lunghezza e una quarta, lunga quanto una delle tre precedenti; i soggetti dovevano abbinare la quarta linea a quella di lunghezza uguale. I complici rispondevano in maniera errata ma concorde, e l'unico vero soggetto si adeguò al gruppo dei complici nel 75% dei casi. Questo esperimento dimostrò ancora una volta la forza del conformismo.
Un altro celebre esperimento di psicologia sociale è quello di Philip Zimbardo. Costui divise in due un gruppo di studenti universitari e affidò ai primi il ruolo di carceriere, ai secondi quello di galeotti; dopodiché, rinchiuse tutti i partecipanti in una finta prigione allestita nelle strutture universitarie. Dopo poco tempo i carcerieri, investiti di un ruolo da parte dell’autorità, cominciarono a vessare i carcerati; i quali, a loro volta, accettarono passivamente i maltrattamenti inflitti proprio a causa del ruolo affidatogli. Non è difficile ritrovare un eco di questi esperimenti nelle vicende attuali.
Infine, e per concludere: è dubbio che «chi ha gestito una «formazione di massa», viene sempre ucciso da quelli che erano ipnotizzati, che si svegliano e vedono di nuovo il mondo reale». In realtà la storia (anche quella italiana del Novecento) ci insegna l’esatto contrario: i responsabili delle maggiori sofferenze inflitte alla popolazione non paga mai per il male commesso.
Insomma: le interviste del professor Desmet meritano senz’altro attenzione. Aiutano a capire il momento presente e suscitano riflessioni e ulteriori domande.
Roberto Marchesini - lanuovabq.it