Il modernismo è davvero l'elemento che mina la Chiesa dall'interno, ai nostri giorni come ieri.
Prendiamo dall'enciclica Pascendi qualche brano corrispondente a quello che stiamo vivendo ora. “Dal momento che il suo fine è del tutto spirituale, l'autorità religiosa deve spogliarsi di tutto quell'apparato esteriore, di tutti quegli ornamenti pomposi con i quali essa si mette in mostra come dando spettacolo. In questo essi dimenticano che la religione, se propriamente parlando appartiene all'anima, tuttavia non vi è confinata, per cui l'onore reso all'autorità si riflette su Gesù Cristo che l'ha istituita”.
Sotto le pressioni di questi “spacciatori di novità”, Paolo VI ha abbandonato la tiara, i vescovi si sono spogliati della talare viola e anche i quella nera come pure dei loro anelli, i preti si presentano in abiti civili e, la maggior parte del tempo, in abbigliamento volontariamente trasandato.
Anche già prima delle riforme generali attuate o richieste con insistenza, san Pio X parlava del desiderio “maniaco” dei riformatori modernisti. Voi li riconoscerete nel seguente brano: “Per quanto riguarda il culto, essi vogliono che si diminuisca il numero delle devozioni esteriori o per lo meno che se ne arresti la crescita... Esigono che il governo ecclesiastico vada verso la democrazia; che una parte del governo venga data al clero minore e perfino mai laici; che l'autorità sia decentralizzata. Riforma delle congregazioni romane, soprattutto di quelle del Sant'Uffizio... Ci sono poi coloro che, facendo eco ai loro maestri protestanti, desiderano la soppressione del celibato ecclesiastico...”.
Per il pensiero cristiano e la formazione dei nuovi sacerdoti, la volontà dei riformatori del tempo di Pio X puntava sull'abbandono della filosofia scolastica, che doveva essere relegata “nella storia della filosofia, fra i sistemi obsoleti” per caldeggiare l'idea “di insegnare ai giovani la filosofia moderna, la sola vera, la sola adatta ai nostri tempi, sicché la teologia cosiddetta razionale abbai per base la filosofia moderna e la teologia positiva per fondamento la storia dei dogmi”. Su questo punto i modernisti hanno già ottenuto quel che volevano e oltre. In quella struttura che tien posto del seminario, si insegna l'antropologia e la psicanalisi, Marx invece di san Tommaso d'Aquino. I princìpi della filosofia tomista sono respinti a favore di sistemi incerti, che riconoscono essi stessi la propria inadeguatezza a render conto dell'economia dell'universo, perché mettono in primo piano la filosofia dell'assurdo.
Un rivoluzionario degli ultimi tempi, prete confusionario molto ascoltato dagli intellettuali, che metteva il sesso al centro di tutto, non si peritava di dichiarare nelle riunioni pubbliche: “Le ipotesi degli antichi in campo scientifico erano pure asinità, ed è su quelle bestialità che san Tommaso e Origene hanno basato i loro sistemi”. Egli stesso cadeva subito dopo nell'assurdità, definendo la vita come “un concatenamento evolutivo di fatti biologici inesplicabili”. Come lo sa, se sono inesplicabili? E io aggiungerei: come può un prete scartare la sola spiegazione che è Dio? […]
L'offensiva contro la filosofia scolastica è necessaria quando si vuole cambiare il dogma, attaccare la Tradizione.
Ma che cos'è la Tradizione?
Mi sembra che spesso la parola non sia esattamente compresa. […] La Tradizione non è il complesso delle usanze legate al passato e custodite per fedeltà a questo passato, anche in mancanza di ragioni chiare.
La Tradizione si definisce come il deposito della fede trasmesso dal magistero di secolo in secolo. Questo deposito è quello che ci è stato dato dalla Rivelazione, ossia la parola di Dio affidata agli Apostoli la cui trasmissione è assicurata dai loro successori.
Adesso si pretende di mettere tutti “alla ricerca”, come se il Credo non ci fosse stato dato, come se Nostro Signore non fosse venuto a portare la Verità una volta per tutte. Cosa si pretende di trovare con tutta questa ricerca? I cattolici ai quali si vogliono imporre delle “rimesse in discussione” dopo aver fatto “svuotare di contenuto le loro certezze”, devono ricordarsi di questo: il deposito della Rivelazione è terminato il giorno in cui morì l'ultimo Apostolo.
È finita, non si può più toccare fino alla consumazione dei secoli. Il Concilio Vaticano I l'ha ricordato esplicitamente: “La dottrina della fede che Dio ha rivelato non è stata proposta alle intelligenze come un'invenzione filosofica che esse avrebbero dovuto perfezionare, ma è stata affidata come un deposito divino alla Sposa di Gesù Cristo (la sua Chiesa), per essere da essa fedelmente custodita e infallibilmente interpretata”.
Ma, si dirà, il dogma che riconosce Maria madre di Dio risale solamente all'anno 431, quello della transustanziazione al 1215, e così via. Non c'è stata un'evoluzione? Assolutamente no. I dogmi definiti nel corso dei secoli erano compresi nella Rivelazione; la Chiesa li ha semplicemente esplicitati. Quando il papa Pio XII ha definito, nell'anno 1950, il dogma dell'Assunzione, ha precisato che questa verità della traslazione al Cielo della Vergine Maria, col suo corpo si trovava già nel deposito della Rivelazione, in quanto esisteva nei testi che ci sono stati rivelati prima della morte dell'ultimo Apostolo. Non si può apportare nulla di nuovo in questo campo, non si può aggiungere un solo dogma, ma solo formulare in maniera più chiara, più bella e più grande quelli che già esistono. […]
L'argomento che si fa valere di fronte ai fedeli terrorizzati è questo: “Voi vi aggrappate al passato; vivete invece nel vostro tempo!”. Certuni, sconcertati, non sanno cosa rispondere. Eppure la replica è agevole: qui non c'è passato, né presente, né futuro; la verità è di tutti i tempi, è eterna. […]
tutti i concili dogmatici ci hanno dato l'espressione esatta della Tradizione, l'espressione esatta di ciò che Apostoli hanno insegnato. È materia irreformabile. Non si possono più cambiare i decreti del Concilio di Trento, perché sono infallibili, scritti e promulgati con un atto ufficiale della Chiesa, a differenza del Concilio Vaticano II, le cui proposizioni non sono infallibili, perché i papi non hanno voluto impegnarvi la loro infallibilità. Nessuno quindi può dirvi: “Vi arroccate nel passato, siete rimasti al Concilio di Trento”. Perché il Concilio di Trento non è il passato. La Tradizione è rivestita di un carattere atemporale, adatto a tutti i tempi e a tutti i luoghi.
Mons.Marcel Lefebvre (Lettera aperta ai cattolici perplessi, cap. XVII)