La frattura tra unità di Fede ed una pretesa unità di comunione con la gerarchia pro tempore, che omette, tace, altera la dottrina ricevuta da Dio e trasmessa dalla Chiesa, determina nella Chiesa pellegrina sulla terra uno stato “straordinario”, cioè uno stato non ordinario e non regolare delle cose. Lo stato normale ed ordinario della Santa Chiesa cattolica è che la gerarchia, nell'orientamento che ha la missione di darle dall'esterno, assecondi o, quantomeno, non contraddica, l'orientamento che il Suo Capo invisibile ha dato inizialmente alla Chiesa e continua tuttora a darle mediante la Grazia.
Quando, invece, la gerarchia contraddica l'orientamento che Cristo ha dato e continuamente dà alla sua Chiesa, e che nessuno ha l'autorità di mutare, si crea inevitabilmente uno stato di conflitto e di malessere nella cattolicità.
Di conflitto tra l'orientamento che si vorrebbe imporre e il sensus fidei dei cattolici, tra l'indirizzo di governo che si impone e la coscienza che ogni Vescovo ha, o almeno dovrebbe avere, della propria missione. Di malessere nei fedeli che si vedono aggrediti nella Fede da coloro che dovrebbero esserne custodi e maestri e sono perciò costretti in coscienza a resistere a coloro che pur vorrebbero e, in tempi normali, avrebbero il dovere di seguire come Pastori; di malessere in quei Vescovi che avvertono di dover resistere in coscienza (che poi per svariati motivi non lo facciano è tutt'altro discorso) all'Autorità, che ha il compito di assicurare unità di governo nella Chiesa e con la quale Autorità vorrebbero e, in tempi normali dovrebbero essere in comunione. Inoltre, questo stato straordinario nella Chiesa impone doveri fuori dell'ordinario a tutti.
Accusati di non essere in comunione con la Chiesa militante, i laici rispondono con S. Giovanna d'Arco: “Sì, io mi ci unisco, Dieu mon premiere servi”. Accusati di disobbedire al papa, obiettano che “Lo Spirito Santo è stato promesso ai Successori di Pietro, non perché rivelassero una nuova dottrina, ma perché sotto la sua assistenza, custodissero con purezza ed esponessero fedelmente la Rivelazione tramandata per mezzo degli Apostoli, ovvero il Deposito della Fede” (Vaticano I, Const. dogmatica De Ecclesia Christi) e che “il potere del papa non è illimitato: non solo egli non può cambiar nulla in ciò che è di istituzione divina, ma messo per edificare e non per distruggere, è tenuto dalla legge naturale a non gettare confusione nel gregge di Cristo” (Dictionnaire de Théologie catholique).
E in cuor loro gemono con S. Caterina: “Santità, fate che io non debba lamentarmi di Voi con Gesù Crocifisso. Con nessun altro infatti potrei lamentarmi, perché Voi non avete superiori sulla terra.”.
In pratica, ancorati alla dottrina e alla prassi tradizionale della Chiesa, resistono alle “novità” volute, favorite o permesse dall'Alto, credendo, contro ogni umana apparenza, sperando, contro ogni umana speranza, che il disorientamento passerà, perché “Portæ inferi non prævalebunt” e la Sposa di Cristo non può perdere la memoria della divina Tradizione.
La loro santa “obiezione di coscienza” sembra lacerare l'unità visibile della Chiesa: i cattolici ne soffrono, ma sanno di non portarne la responsabilità; soprattutto sanno che non è loro lecito agire diversamente.
Amano la Chiesa e professano fermamente il Primato di Pietro, sono pronti ad ubbidire al suo Successore in quanto agisce da Successore di Pietro, ma sanno che, nell'attuale stato straordinario delle cose, hanno il dovere di resistere anche a lui.
La decisione del loro sensus fidei è confortata dalla grande teologia cattolica: Sant'Agostino, San Cipriano, San Gregorio, San Roberto Bellarmino, San Tommaso d'Aquino, ed altri autori probati insegnano che il pericolo per la fede e lo scandalo pubblico segnatamente in materia dottrinale, rendono non solo lecito, ma anche doveroso il resistere pubblicamente alla gerarchia ed allo stesso Pontefice.
Lecito, perché “come è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così è legittimo resistere al Papa che aggredisce le anime o che turba l'ordine civile e, a più forte ragione, al Papa che tenta di distruggere la Chiesa” (San Roberto Bellarmino, De Romano Pontefice).
La Tradizione scomunicata (Editrice Ichthys)