Proponiamo ai nostri lettori un confronto tra le due interviste che mons. Fellay ha rilasciato rispettivamente il 29 gennaio a TV Liberté ed il 26 gennaio u.s. a Radio Courtoisie; ci sembra esse si illuminino vicendevolmente e mostrino come il percorso dialogico con Roma per il riconoscimento della Fraternità, ribadisca da parte nostra i saldi i principi di sempre.
"Il timbro" & "le garanzie sine qua non"
Il 29 gennaio, mons. Bernard Fellay ha concesso un’intervista di venti minuti a TV Libertés. La risposta del Superiore Generale alla TV riguardo alla struttura canonica della Prelatura Personale offerta alla Fraternità è stata breve:
«Ho reso noto alla Santa Sede, senza nessuna ambiguità, che – proprio come aveva detto a suo tempo Mons. Lefebvre – c’è una condizione sine qua non, cioè una condizione che, se non è accettata, noi non faremo questo passo: questa condizione è che restiamo così come siamo, il che significa che vogliamo conservare tutti i princìpi che ci hanno tenuto in vita finora, che ci hanno fatto restare cattolici».
Alla domanda di Jean-Pierre Maugendre, «Allora oggi, concretamente, che cosa manca?», mons. Fellay ha risposto:
«Manca il timbro. E anche l’affermazione chiara e senza equivoci che queste garanzie saranno rispettate».
Una soluzione imminente?
Immediatamente alcuni hanno concluso che una soluzione canonica per la FSSPX fosse imminente. Il giorno dopo, Andrea Tornielli presentava su La Stampa delle dichiarazioni di mons. Pozzo per dar credito a una simile notizia… come se tutto dipendesse da una semplice affermazione.
Le cose non sono così semplici da parte della Fraternità. Il 26 gennaio, in un’intervista di un’ora con don Lorans a Radio Courtoisie, mons. Fellay spiegava ciò che egli intende per “garanzie” e la condizione di “di poter restare ciò che siamo” (vedi il testo sotto).
Il problema non è che una struttura canonica non sarebbe accettabile. Al contrario, benché «ci siano dettagli che richiedono miglioramenti… e questioni che devono essere ancora discusse», la Prelatura Personale «è adeguata e adatta ai nostri bisogni», ha detto mons. Fellay.
Una battaglia di princìpi
«Il problema è, ancora una volta, questa battaglia di princìpi» ha dichiarato. Questi princìpi sono per esempio l’ecumenismo, la libertà religiosa, le relazioni tra la Chiesa e lo Stato, e la liturgia riformata. Come dice mons. Fellay:
«Noi combattiamo contro questo modo di pensare modernista, contro il quale, o a causa del quale, siamo anche stati dichiarati scismatici e molto peggio, e definiti fuori dalla Chiesa…
L’errore rimane errore. Così noi rimaniamo oggi, esattamente come prima, sempre convinti che ci sono errori che sono stati diffusi nella Chiesa e che stanno uccidendo la Chiesa».
Nuovo atteggiamento di Roma
Mons. Fellay spiega che, nelle discussioni dottrinali con Roma, c’è un nuovo atteggiamento a proposito di questi errori, che sono le radici dottrinali delle questioni morali di oggi. Questi errori, i punti chiave imposti dal Concilio Vaticano II come parte del nuovo magistero della Chiesa, non sarebbero più «criteri richiesti per essere considerati cattolici». Di fronte a questo nuovo atteggiamento, mons. Fellay si domanda: «È solo un’apertura, o è realmente un passaggio? E' un passaggio sicuro?». Qui sta la questione delle garanzie di poter rimanere come siamo. «Voglio dire, potremo veramente continuare come siamo?».
Mons. Fellay, per poter considerare l’accettazione di una struttura canonica, non aspetta un cambiamento completo e immediato all’interno della Chiesa o un magico ritorno alla Tradizione.
«Siamo coscienti che ci vuole tempo per purificare e rimuovere questi errori, lo capiamo. Gli uomini non cambiano di punto in bianco; ogni genere di cattive abitudini si è ormai introdotto…»
Libertà di continuare a combattere
Cosa si attende dunque? Una chiara garanzia che gli errori del Concilio non saranno imposti alla FSSPX; anzi che ci sarà data libertà di continuare a combatterli. Mons. Fellay si pone questo interrogativo oggi: «Esiste una qualche intenzione di abbandonare il modo di pensare che fu imposto al Concilio?» Per il Superiore Generale, è chiaro che non siamo certo a questo punto.
«E noi vediamo, almeno per quel che riguarda le voci autorevoli (all’interno della gerarchia attuale, n.d.t.), diremmo le voci di chi guida, che ripetono: “No, no! noi continueremo sulla stessa linea!”».
Perciò il suo atteggiamento oggi è logico: «Fino a che non avremo una risposta abbastanza chiara, non possiamo andare oltre».
Estratto dell’intervista di mons. Fellay con don Alain Lorans a Radio Courtoisie, il 26 gennaio 2017.
Don Lorans: Parlando di un rientro della Fraternità, naturalmente non possiamo evitare di pensare alle offerte canoniche che sono state fatte; si parlava di una prelatura e recentemente Mons. Schneider diceva che la aveva invitata ad accettare rapidamente le proposte canoniche e di non pretendere troppo, o in ogni caso di non aspettare che tutto fosse perfetto. A che punto siamo? Ha davvero ricevuto un tale invito? E in tal caso, l’unità dottrinale sarebbe un aspetto secondario? Qual è esattamente la posizione della Fraternità?
Mons. Fellay: Per quel che riguarda Mons. Schneider, mi ha scritto, ma molto tempo fa, direi circa un anno fa. Non ho nessuna comunicazione recente da lui. In ogni caso, voglio dire, di recente no, non ho ricevuto niente da lui.
Al di là di questo, il problema non è la struttura. La struttura, mi pare, è ben stabilita; c’è magari qualche punto, direi qualche dettaglio da rifinire. Essenzialmente è adatta, adeguata ai nostri bisogni. Per questo sono soddisfatto. Ripeto, ci sono dettagli che hanno bisogno di miglioramenti e questioni che devono essere ancora discusse. Il problema non è la struttura che ci offrono. Se quello fosse il solo problema, diremmo “sì” in un batter d’occhio. Ma il problema non è questo.
Il problema è, ancora una volta, questa battaglia dei princìpi. Una Chiesa che per quarant’anni ha imposto un modo di pensare, questo modo modernista di pensare contro il quale noi combattiamo, contro il quale, o a causa del quale, siamo anche stati dichiarati scismatici e molto peggio, e definiti fuori dalla Chiesa; una Chiesa così è pronta o no a lasciarci continuare il nostro lavoro?».
Mons. Lefebvre era solito parlare del «lasciarci fare l’esperienza della Tradizione». Ce la lascerebbero fare, o no? O ci aspetterebbero al varco, per dirci un domani che dobbiamo “rientrare nei ranghi”? Che dobbiamo accettare ciò che abbiamo combattuto per quarant’anni? In questo non intendiamo cedere.
Dunque è tutto qui, qui sta tutto il problema. Con questi nuovi atteggiamenti, più aperti, quando ci dicono che alcune cose non sono criteri richiesti per essere considerati cattolici, sembra che si apra una strada. Ora, è solo un’apertura, o è realmente un passaggio? E' un passaggio sicuro? Voglio dire, potremo veramente continuare come siamo? Per noi ovviamente non sarebbe questa la fine della battaglia.
L’errore rimane errore. Così noi rimaniamo oggi, esattamente come prima, sempre convinti che ci sono errori che sono stati diffusi nella Chiesa e che stanno uccidendo la Chiesa.
E naturalmente, siamo coscienti che ci vuole tempo per purificare e rimuovere questi errori, lo capiamo. Gli uomini non cambiano di punto in bianco; ogni genere di cattive abitudini si è ormai introdotto; anche solo riportare indietro la santa liturgia, capiamo che non si può fare in un giorno. Che le cose richiedano tempo, è chiaro; ma c’è almeno l’intenzione? Esiste una qualche intenzione di abbandonare il modo di pensare che fu imposto al Concilio?
E noi vediamo, almeno per quel che riguarda le voci autorevoli (all’interno della gerarchia attuale, n.d.t.), diremmo le voci di chi guida, che ripetono: “No, no! noi continueremo sulla stessa linea!”. Così rimaniamo fuorilegge. Beh, fuorilegge tollerati, e potremmo anche dire, in modo sorprendente, che con Papa Francesco siamo anche più tollerati, ma rimaniamo ai margini.
Dunque le cose resteranno come sono? Andranno avanti? O domani saremo inghiottiti da questo movimento che, lo ripeto, sta uccidendo la Chiesa? Questo è il problema. E fino a che non avremo una risposta abbastanza chiara, non possiamo procedere oltre.