Se la chiesa non è più chiesa

Home / Archivio articoli ex sezione "Attualità" / Archivio anno 2015 / Se la chiesa non è più chiesa

All’epoca della dolce morte, in cui medici e infermieri “compassionevoli” usano ormai sedare – come dicono – i malati terminali in modo tale che non si sveglino mai più, non pochi ministri del culto altrettanto “misericordiosi” applicano un’analoga “terapia” alle anime che, trovandosi in peccato mortale, rischiano di dannarsi per sempre: anch’essi, in fin dei conti, le “aiutano a morire” – ma per tutta l’eternità. In confronto al primo, il secondo crimine è di una gravità ben peggiore: togliere a qualcuno la vita in questo mondo è, in qualsiasi circostanza, un atto gravissimo; ma privarlo della vita eterna… Un prete che giustifica chi ha perso lo stato di grazia a causa di un peccato grave è come uno che caccia la testa sott’acqua a una persona che sta affogando e annaspa disperatamente per salvarsi, per quanto possa illudersi così di essere tratta in salvo. Che dire, poi, se si tratta di un vescovo o di qualcuno ancora più in alto?

Siamo arrivati al punto che una parte consistente della Chiesa terrena, con il suo immenso apparato, a partire dai suoi vertici non serve più alla salvezza delle anime, ma alla loro perdizione.

Verrebbe da chiedersi se Colui che ha versato il sangue per strapparle all’Inferno potrà tollerare ancora a lungo che i Suoi ministri agiscano ottenendo l’effetto contrario o non interverrà per fermare chi porta fuori strada il Suo gregge, abbandonandolo ai lupi ed esponendolo alla rovina. Non manderà forse un castigo adeguato, onde evitare che la Sua opera venga deviata in senso opposto e che la Sua Sposa, se mai possibile, sia “sedata” per sempre? Occorre effettivamente riflettere sul fatto che il Salvatore non può lasciare che l’organo di salvezza da Lui istituito si tramuti in strumento di dannazione: Egli stesso ha promesso che le porte degli inferi non avrebbero prevalso (cf. Mt 16, 18). Ma cosa accadrà se alcuni dei suoi stessi rappresentanti rinnegano la verità per la quale ha patito la morte di croce e propagandano menzogne letali per lo spirito…?

Se poi il timoniere, come se non bastasse, diffida i presuli italiani dal fare i vescovi-pilota, così che i «laici che hanno una formazione cristiana autentica» possano assumersi le proprie responsabilità in campo politico, sociale, economico e legislativo… siamo chiaramente al suicidio assistito: quale vescovo oserà più aprir bocca nei confronti dei quei “cattolici” che si battono contro la santa legge di Dio e il vero bene dell’uomo? Per fare solo un esempio, quelli che in Parlamento voteranno a favore della legge che intende equiparare la sodomia al matrimonio e proibirà con sanzioni penali di esprimere in proposito, in qualsiasi maniera, un pensiero sia pure di poco divergente… I nostri fedeli, che già rinfacciano ai sacerdoti coerenti con la sana dottrina di non essere in sintonia con il loro “capo”, potranno ben presto denunciarli.

Bisogna pur dare atto al velato rimprovero pontificio di organizzare convegni ed eventi che, «mettendo in evidenza le solite voci, narcotizzano le comunità, omologando scelte, opinioni e persone»: è proprio ciò che accade oggi nella società e nella Chiesa, dove chi non si piega ai diktat di un relativismo assoluto e non cade nella papolatria imperante non esiste se non per essere insultato e vilipeso a morte. Quanto a me, come ministro di Dio non ho mai fatto il narcotrafficante né ho mai inteso drogare nessuno: da noi non si coltiva né la coca né la cannabis; nelle regioni alla fine del mondo, forse, ci sono preti che ne fanno uso, ma non qui, che io sappia (a parte un vecchio comunista genovese ormai passato al luogo da lui scelto - don Gallo, ndr). È proprio il fumo di certe sparate, piuttosto, che narcotizza le folle ormai supine e incapaci del più elementare ragionamento – per non parlare di ciò che dicono di credere

Anche riguardo alla «crisi che non risparmia nemmeno la stessa identità cristiana ed ecclesiale» non possiamo che trovarci perfettamente d’accordo: sono decenni che se ne parla, negli ambienti legati alla Tradizione. Non ci è chiaro, tuttavia, come possa lamentarla proprio chi lavora indefessamente per aggravarla. Le Roi est mort. Vive le Roi! Avrebbero potuto gridarlo pure con la testa di Luigi XVI tra le mani (il XVI è pura coincidenza), se un “tribunale repubblicano” non si fosse ritenuto in diritto di degradarlo a semplice cittadino. Ma è così che fan tutti i rivoluzionari: prima ammazzano e distruggono, poi si propongono come salvatori. Bisognerebbe sentire l’opinione di un contadino vandeano sopravvissuto al genocidio perpetrato dalle colonne infernali inviate da Parigi: sbiancherebbe nell’apprendere ciò che si fa oggi agli esseri umani in ospedali pubblici e cliniche private, grazie anche alla complicità dei cosiddetti “cattolici adulti”… L’identità cristiana è moribonda, ma adesso c’è la “chiesa della misericordia” in cui possono entrare tutti senza condizioni – ma proprio tutti.

Ormai siamo ben oltre la frutta. Fortuna che quanto detto all’assemblea generale della C.E.I. viene sentito praticamente solo dai vescovi, quando non dormono; il comune fedele delle nostre parrocchie ne resta quasi immune. Quest’ultimo, d’altronde, ignora generalmente finanche la sua disgrazia più grave: non l’aver perso il lavoro a causa della crisi, ma il rischiare di perdere la fede a causa loro.

Pertanto, se fra i Pastori c’è ancora qualcuno che ha la lucidità e il coraggio di reagire… in nome di Dio, lo faccia prima che sia troppo tardi. Altrimenti, vorrà dire che è giunto il momento in cui la Chiesa militante deve passare per la morte di croce, da cui risorgere veramente rinnovata – dalla grazia di Cristo, non dalle idee perverse che l’hanno infettata fino alla cancrena.

«La verità vi farà liberi. Abbiate fiducia: io ho vinto il mondo» (Gv 8, 32; 16, 33).

 

G.G.


Documento stampato il 04/12/2024