La crisi profonda che attanaglia la Chiesa si manifesta in maniera sempre più evidente nei suoi sintomi, che appaiono di giorno in giorno più palesi.
Dall’ultimo sinodo, in cui si è discusso per sapere se, nella pratica, il matrimonio è ancora indissolubile ed il sesto comandamento ancora in vigore, si sta preparando la prossima riunione di ottobre. L’apostolato della Preghiera ha comunicato recentemente l’intenzione di preghiera dei vescovi italiani per il mese di giugno: «Perché venga annunciato il cuore del messaggio cristiano piuttosto che alcuni aspetti dottrinali e morali»; tutto un programma!
Sempre di più si rivela il tradimento di membri della gerarchia, imbevuti di spirito liberale.
Con il voto del 22 maggio scorso l’Irlanda, uno dei più antichi paesi di tradizione cattolica, è stato il primo Paese che ha riconosciuto la legalità dell’unione contro natura per via di referendum popolare.
Le complicità, i silenzi della gerarchia cattolica durante la campagna hanno destato grande scandalo, soprattutto considerando il fatto che il clero esercita ancora una notevole influenza in quel Paese.
Prima delle elezioni, l’arcivescovo di Dublino Diamund Martin ha dichiarato che egli avrebbe votato contro il matrimonio omosessuale, ma non avrebbe detto ai cattolici come votare1. Dopo il voto ha sostenuto di fronte alla televisione nazionale irlandese che «non si può negare l’evidenza» e che la Chiesa in Irlanda «deve fare i conti con la realtà». Quanto è accaduto, ha aggiunto mons. Martin, «non è soltanto l’esito di una campagna per il sì o per il no, ma attesta un fenomeno molto più profondo», per cui «è necessario anche rivedere la pastorale giovanile: il referendum è stato vinto con il voto dei giovani e il 90% dei giovani che hanno votato sì ha frequentato scuole cattoliche2». Viene spontaneo chiedersi cosa si insegna oggi nelle scuole cattoliche!
Il silenzio più assordante è stato quello del Sommo Pontefice, che ricorda la sua stessa attitudine nel 2013 quando la stessa legge fu approvata dal governo francese. Ma denunciare il vizio contro natura oggi non è politicamente corretto.
Questa è l’attitudine della gerarchia ecclesiastica oggi: di fronte allo spirito del mondo non ci si pone più in antagonisti pronti alla lotta e fiduciosi nella forza soprannaturale della grazia, come la Chiesa ha sempre fatto nel corso della storia a partire dai primi cristiani che, vivendo alla luce del Vangelo e pagando anche con la loro vita, imposero ad un mondo pagano la logica della fede, fino a trasformarlo e a generare una società cristiana. La strategia ecclesiastica oggi è cambiata: si prende il corso delle cose come ineluttabili cercando di adattarsi ad esso tramite una morale di situazione, a geometria variabile. Si tratta esattamente di una «resa culturale e morale al mondo da parte dei pastori, che accettano questa degradazione come un’evidenza sociologica»3.
Ma questo modo di agire corrisponde più al naturalismo di origine massonica che al messaggio di Cristo trasmesso fedelmente nel corso dei secoli, basti leggere le lettere encicliche dei Papi precedenti al concilio Vaticano II.
Ciò che stupisce maggiormente è la poca reazione da parte del clero. Possibile che non vi sia una voce autorevole che si levi in maniera chiara e forte per denunciare ciò che sta succedendo e capace di riunire la parte sana che resta nella «buona battaglia»?
Non si può che constatare come di fronte a questa defezione generale emerga come un gigante la figura di Mons. Lefebvre che seppe, contro venti e maree e pagando di persona, denunciare sul nascere quegli errori che stanno portando allo sfacelo attuale.
Ma tacere di fronte a un così grave male equivale ad approvarlo e più se ne è consapevoli, più aumenta la responsabilità di fronte a Dio e alla storia.
Il solo modo reale di servire veramente la Chiesa oggi, senza rendersi complici della sua «autodemolizione», consiste nel denunciare pubblicamente gli errori, diffusi da coloro che hanno il ruolo di pastori ma che in realtà sono lupi travestiti.
È questo un grave dovere di coscienza, anche se per questo si può incorrere in persecuzioni esplicite, come quelle di cui fu vittima a suo tempo Mons. Lefebvre.
La sottomissione ai legittimi pastori, che implica il riconoscerne l’autorità, e la preghiera perché esercitino fedelmente il loro mandato, è legata al dovere che hanno di trasmettere la fede. La vera obbedienza, come ricorda san Tommaso, ci porta a sottometterci ad un ordine legittimo posto da una autorità legittima4. Chi vuol praticare veramente questa virtù non deve dimenticare che l’autorità è stata costituita per trasmettere un Deposito rivelato che non si ha diritto di cambiare.
Quando si vuol utilizzare l’obbedienza come un’arma contro la fede o la morale, si abusa dell’autorità che Dio ha concesso proprio per trasmettere integralmente il Suo insegnamento. In questo caso voler obbedire ad ogni costo non sarebbe più virtù, ma servilismo5 e significherebbe cadere in quella trappola che Mons. Lefebvre chiamava «il colpo maestro di Satana», cioè disobbedire a Dio in nome dell’obbedienza.
San Pietro di fronte al Sinedrio, che era la più grande autorità religiosa nell’Antico Testamento, ricorda apertamente questo principio: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini»6 . Il grande san Paolo non esita a dire ai Galati: «Ma se noi o un angelo disceso dal cielo annunciasse a voi un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia votato alla maledizione divina!»7.
Malgrado la passione che la Chiesa sta vivendo attualmente, è indispensabile comunque affermarne la divinità e scoprirne la bellezza che appare anche oggi, dietro il suo volto in apparenza sfigurato.
Non dimentichiamo che da essa ci giungono tutti gli aiuti soprannaturali che ogni giorno riceviamo per perseverare e crescere nell’amore di Dio.
Dalla Chiesa anche oggi sgorgano numerose grazie di conversione per tante anime che dopo una vita di peccato si avvicinano a Dio, e che il Signore poi utilizza come strumenti di bene in quest’epoca decadente.
La Chiesa ha una forza soprannaturale straordinaria capace di trasformare le anime e la società, e questa forza il liberalismo ed il modernismo, che hanno infettato la gerarchia attuale, cercano di imprigionarla. Il condannare pubblicamente questi errori e coloro che li professano, pur nel dovuto rispetto per la carica che esercitano, è indispensabile per liberarla da questa ragnatela e per ricostruire, come avviene dovunque si cerca di essere fedeli al suo insegnamento.
Allora le tenebre dell’errore e del peccato scompaiono e rinascono cellule di società cristiana, fondata sul sacramento del matrimonio indissolubile, sulla famiglia, intorno ai sacerdoti rimasti fedeli. Così la divinità della Chiesa risplende ancora e diventa manifesta la promessa di Gesù: «Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa».
A noi l’onore di lottare per il suo trionfo tramite la trasmissione integrale del suo insegnamento perenne, irrigato dalla coerenza della nostra vita.
(Don Pierpaolo Petrucci - sanpiox.it)
Note :
1. LifeSiteNews.com, 21 maggio.
2. www.corriere.it/esteri/. 15 maggio.
3. http://www.corrispondenzaromana.it/irlanda-la-responsabilita-di-un-apostasia/
4. S. Th II II q 104 a 5.
5. L’obbedienza è «una virtù morale, essendo tra le parti della giustizia: e consiste nel giusto mezzo tra il troppo poco e il superfluo. Però qui il superfluo si misura in base non alla quantità, ma ad altre circostanze: cioè in base al fatto che uno ubbidisce o a chi non deve, oppure in cose inammissibili». S.Th. II II q. 104 ad «Così dunque si possono distinguere tre tipi di obbedienza: la prima, sufficiente per salvarsi, si ferma a ubbidire nelle cose d’obbligo; la seconda, perfetta, ubbidisce in tutte le cose lecite; la terza, disordinata, ubbidisce anche nelle cose illecite». S. Th. II II q 104 a 5 ad 3.
6. Atti degli apostoli 5, 27-33.
7. Gal. 1,8.