Dall'illuminismo all'idealismo
Dopo aver richiamato il razionalismo cartesiano e l’empirismo inglese, rivolgiamo la nostra attenzione a due giganti della modernità, Kant ed Hegel, ed ai loro tentativi di instaurare rispettivamente una irreligiosità numinosa ed una spiritualità al tempo immanente e redentrice.
Ci limiteremo sempre agli elementi che hanno influenzato le tre età del modernismo nelle sue manifestazioni: il modernismo iniziale vero e proprio, la Nouvelle Théologie e la religione conciliare, un pastiche predicato da una gerarchia deragliata in luogo del cattolicesimo autentico ed integro.
Ci limiteremo sempre agli elementi che hanno influenzato le tre età del modernismo, dalla sua manifestazione iniziale, alla seconda ondata (la Nouvelle Théologie) fino alla terza età (quella dello Spirito del Concilio).
Kant e l'Illuminismo
Mentre Cartesio, pur asserendo l’autosufficienza del pensiero dal reale, manteneva un sia pur artificioso legame con ciò che trascende il pensiero [1], Immanuel Kant (1724 – 1804) recide del tutto anche questo tenue collegamento con la realtà.
Secondo Kant, infatti, l’uomo può solo conoscere le apparenze, vale a dire i fenomeni con cui le cose si manifestano alla sua soggettività, mentre il noumeno (la realtà nella sua essenza) resta in sé inconoscibile.
Tutta la costruzione teorica del pensatore tedesco parte da questa affermazione che non è il risultato di una dimostrazione, ma la premessa, il postulato fondante del criticismo detto appunto kantiano.
Strutture cognitive
Elemento base della conoscenza per Kant – al pari degli empiristi – è il datum sensibile, ma esso non cade in un palcoscenico vuoto bensì all’interno di strutture, che non provengono dall’esperienza e non stanno nelle cose. Tali forme della mente (che Kant denota come trascendentali) consentono di organizzare i dati sensibili in concetti e in conoscenze scientifiche. In questa concezione anche le categorie di spazio, tempo e le altre proprietà che per Aristotele erano i predicabili dell'essere, tra cui sostanza e causa, sono solo forme a priori della mente attraverso le quali è possibile sistemare i fenomeni in conoscenze universalmente valide. Non è la natura ad avere delle leggi, al contrario è il soggetto ad autoproiettare le sue strutture mentali (le sue leggi) nella natura. L’uomo non deve però preoccuparsi se la sua conoscenza è puramente fenomenica dato che le categorie trascendentali permettono la fondazione su basi solide del sapere scientifico [2].
La religione e l'etica dei filosofi
All’opposto, la metafisica – in quanto congetturale e non basata su fenomeni – è da Kant ritenuta inaffidabile ed i suoi asserti infondati. Mondo anima e Dio sono idee ipotetiche e non oggettive, utili ad unificare contenuti cognitivi, ma non necessariamente dotate di esistenza.
Kant rigetta le prove della esistenza di Dio come enunciati tautologici, facendo altresì intendere che un qualunque dio "dimostrato" dall'uomo non può essere più grande di colui che lo pensa. Eliminata così la possibilità di una conoscenza razionale di Dio, il filosofo di Königsberg esclude anche la validità di “una fede storica, semplicemente fondata sui fatti, [in quanto] non può essere comunicata a tutti”. La Rivelazione è inutile: ciò che è rivelato o è raggiungibile con la sola ragione, oppure è da rigettare come superstizione. Tutte le religioni rivelate, pur fra loro diverse, sono da rifiutare in quanto basate solamente sull’autorità e sulla tradizione.
Solo una fede basata unicamente sulla ragione è ammissibile. In questa unica vera e razionale religione, di Dio rimane solo un riflesso nel sentimento del sublime suscitato dalla contemplazione del cielo stellato sopra di noi e della legge morale dentro di noi (l’imperativo categorico) [3].
Il cristianesimo – che non può essere la religione dei filosofi – non va combattuto, ma ricompreso entro i limiti della sola ragione, una volta liberato dal dogma e “dagli orpelli derivati dai miti e dall'Istituzione Cattolica” [4].
Riflessioni
Il Dio kantiano non è un Ente reale, dotato di esistenza indipendente dal soggetto, è un postulato della Ragion pratica, la quale avverte la necessità di un divino che la Ragion pura non è in grado di dimostrare. È un astratto e impersonale Ente Supremo, spogliato del suo ruolo di creatore e del tutto separato dalle vicende umane. In sostanza non è un Dio, ma un nulla; è solo la maschera di un ateismo che ancora non osa proclamarsi tale, che ancora non è disceso verso le sue inevitabili conclusioni nichiliste.
Quanto all’etica, se è vero che il soggetto resta ancora subordinato ad una legge morale unica, razionale e universale, è anche vero che è concepito come un “individuo-atomo, de-socializzato e de-storicizzato, libero dall’autorità che lo trascende e dalla comunità che lo precede” [5]. E dunque, al di là del sintagma “imperativo categorico”, la morale in Kant è fondata sulla autonomia della volontà umana, svincolata da istanze trascendentali o narrazioni rivelative. “Kant esalta l’emancipazione illuminista del soggetto individuale, che considera l’auctoritas – insieme alle tradizioni, ai costumi, all’educazione ricevuta – come eteronomia, e che esalta la propria autonomia quale liberazione da ogni fonte esterna di condizionamento” [6].
Derive politico/sociali
L’autonomia assoluta conferita da Kant al soggetto è degenerata nell’elevazione della coscienza individuale a sorgente unica della propria legge e delle proprie regole di comportamento. Libertà di pensiero e libertà di coscienza sono diventati i due pilastri del laicismo eretti a sostegno del tempio (massonico) ove si celebra il culto dell’Uomo.
Il soggettivismo con pretese universalistiche di Kant – che ha la sua origine in Lutero – trova la sua realizzazione politica nella modernità con l’instaurazione degli Stati a indirizzo laicista, in teoria indifferenti verso tutte le religioni, in realtà con la pretesa di relegarle nel privato e di sostituirle con la religione civile.
L’indifferentismo statale oltre che comportare delle assurdità (v. articolo precedente ⇒qui), è oltretutto inabile a mantenere la pace sociale, dato che è impossibile coniugare il rispetto di una religione con la libertà di oltraggiarne i simboli. E gli eventi che si susseguono sono lì a dimostrarlo.
Dopo due secoli di catechizzazione i dogmi del sistema laicista sono ormai penetrati nella società. È visibile la trasformazione delle genti in moltitudini astoriche, pronte a marciare in difesa di astrazioni, quali la libertà di espressione (un concetto a geometria variabile, con cui si può tutelare la blasfemia e censurare san Paolo) e la libertà di azione (a tutela dei diritti umani, altro concetto a geometria variabile che include quello di sopprimere nascituri e moribondi, ma non quello di educare i figli). Degenerazioni che l’ateo devoto del settecento nemmeno immaginava.
Nel sistema kantiano permane una numinosità residuale, quella proiettata sulla legge morale atta a renderla inoppugnabile. Al di là delle intenzioni del pensatore prussiano anche la legge emanata dai parlamenti è diventata un imperativo categorico grazie al positivismo giuridico, uno dei maggiori flagelli della modernità. Questa numinosità di cui si ammantano le forme statali ha dato spazio ai miti della religione civile (con i suoi idoli, tabù, santi e dannati).
Infine è fatale che l’inconsistente Ente Supremo dell’Illuminismo possa trasformarsi in maniera inavvertita in un idolo cui sacrificare i propri nemici, la Dea Ragione della Rivoluzione francese ieri, il politically correct oggi.
Infatti il sistema di potere in essere riconosce legittimità solo alla versione illuminista (i.e. modernista) del cattolicesimo, sfigurato in un ondivago sentimentalismo a contenuti compatibili con gli ideali laicisti.
Di contro i refrattari che si ostinano a respingere le graziose liberazioni offerte dall’usura in nome delle Verità rivelate, vengono magicamente esclusi come integralisti e fondamentalisti.
Di fronte alla religione dei filosofi entro i limiti della sola ragione, i principi di una qualunque fede sono giudicati genuini ove compatibili con le dottrine illuministe, imputati ad un “fondamentalismo/integralismo nemico della libertà e del progresso” ove se ne discostino [7].
Derive moderniste
Per quanto concerne l’eresia modernista, da Kant procede l’idea dell’equipollenza delle fedi, e quella della ricerca di una religione vera ed universale, le cui scintille sono sepolte all’interno dei culti storici.
Dice infatti Kant: “Non c’è che una sola religione; ma ci possono essere diverse specie di fede. Si può aggiungere che nella pluralità delle Chiese, distinte le une dalle altre per la diversità delle loro credenze speciali, si può trovare, tuttavia, una sola e medesima vera religione” [8].
E gli fa eco il Concilio Vaticano II: «La verità […] va cercata […] per mezzo della comunicazione e del dialogo, con cui, allo scopo di aiutarsi vicendevolmente nella ricerca della verità, gli uni rivelano agli altri la verità che hanno scoperta o che ritengono di avere scoperta …» (DH 3).
L’antidogmatismo kantiano è uno dei leit-motiv modernisti e così pure l’idiosincrasia per il soprannaturale e la preferenza data alle astrazioni religiose universalizzabili rispetto alle vicende storiche della Rivelazione. Del pari attuale nella gerarchia ormai modernista è il rifiuto degli “orpelli cattolici” e l’esaltazione delle due libertà illuminatiche, poste al di sopra della Verità!
Kant ha involontariamente ispirato anche la tattica peculiare del modernismo, il marranesimo di fondo del movimento. Se infatti il cristianesimo non va combattuto, ma solo ricompreso, è evidentemente più efficace tentare la sua trasformazione dall’interno piuttosto che agire da nemici conclamati.
Fichte e l'Idealismo
Se Kant, nel dare preminenza al soggetto, aveva mantenuto l’esistenza della cosa in sé seppure inconoscibile, l’idealismo con Johann Gottlieb Fichte (1762 – 1814) la elimina del tutto.
Per il filosofo sassone Dio mondo e io corporeo sono concetti non necessari; l'intera realtà è spiegata con un unico principio, un Io assoluto e cosmico dal cui affermarsi sorge come contrapposizione un non-Io da cui hanno origine il mondo e la molteplicità dei soggetti e degli oggetti.
In tal modo Fichte estende ulteriormente la funzione attiva del soggetto elaborando non solo una gnoseologia ma anche una metafisica di stampo soggettivista. Si vede poi come, nella filosofia idealista, i principi della logica diventino principi dell’azione: d’ora in poi la filosofia sarà prevalentemente filosofia dell’azione (e della rivoluzione).
La cesura con l’illuminismo è netta, dacché – in sintonia con l’età romantica – Fichte oppone ad un intelletto capace di conoscere solo il finito la facoltà della ragione di cogliere l'infinito.
Lo slancio fichtiano verso l'infinito è una tensione destinata a non realizzarsi mai pienamente, precorritrice del titanismo wagneriano e nicciano, con risvolti anche politici: nella concezione idealista il filosofo non è un pensatore puro, da lui deriva l’orientamento delle nazioni, l’ispirazione dei leader e la guida del popolo alla sua autorealizzazione.
Fichte, il cui nome in loggia era Piccola Tigre, tenne un famoso discorso alla nazione tedesca in cui indicava la Massoneria come l’istituzione guida dell’umanità.
Hegel e la dialettica dello Spirito
Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 – 1831) fonde in una sintesi affascinante idealismo fichtiano e panteismo spinoziano: per lui il mondo e lo Spirito coincidono, non però in modo statico (come nello Spinoza del deus sive natura), bensì dinamico.
Per Hegel il fondamento (Ungrund) sul quale tutto poggia, dal quale tutto si sviluppa: “non è il puro nulla, ma un nulla da cui deve uscire qualcosa [...] Il cominciamento è l’essere indeterminato, che contiene in sé l'essere ed il nulla; unità dell' essere col nulla; è un non essere, che è in pari tempo essere, ed un essere, che è in pari tempo non essere” [9]: “il puro essere e il puro nulla sono dunque lo stesso. Il vero non è né l' essere né i … La verità dell' essere e del nulla è questo
movimento consistente nell’immediato sparire dell’uno di essi nell’altro … Questo, di essere la negazione del nulla, è ciò che costituisce l' essere … Soltanto l’idea assoluta è essere, vita che non passa, verità di sé conscia, ed è tutta la verità” [10].
Come dall’unità di essere e nulla possa scoccare il dinamismo che dà origine alla vita e alla storia, Hegel in realtà non lo dimostra, dato che lo assume come postulato del suo sistema. Egli si limita ad affermare che la verità sia dell' essere che del nulla consiste nel compenetrarsi dell' uno nell'altro, originando il perpetuo divenire.
Mondo, uomo e Spirito (Geist) coincidono in modo dinamico: "il divenire richiede che il nulla non resti il nulla, ma trapassi nel suo altro, nell'essere". Dio, uomo e mondo sono fusi in un’unica totalità vivente, l’Assoluto.
L’evoluzione dello Spirito passa attraverso l'alienazione da sé e la successiva estrinsecazione; è questa la dialettica, fatta di tre momenti, tesi, antitesi e sintesi. Nel tempo alla sintesi si contrapporrà una nuova antitesi, per giungere ad una nuova tesi e così via. L’evoluzione incessante tende ad una sempre maggiore pienezza dello Spirito nel mondo e viceversa. Alla fine del processo di evoluzione, lo Spirito tende al pleroma iniziale, ma in una condizione di pienezza maggiore.
Se Spinoza risolve lo pseudo dilemma “come può Dio infinito essere limitato dal mondo finito?”, in senso panteistico, riducendo Dio e il mondo ad un’unica cosa, Hegel lo risolve con l’escamotage della dialettica che nega il principio di non contraddizione e postula l’evoluzione del finito nell’infinito: “il finito è soltanto questo, di diventare infinito esso stesso per sua natura. L'infinità è la sua destinazione affermativa, quello che esso è veramente in sé. Così il finito è scomparso nell'infinito, e quello che è, è soltanto l'infinito” [11]. Viceversa Dio “ritorna a sé nell’io come quello che si supera nel finito ed è Dio solo in quanto è tale ritorno” [12].
"La riconciliazione non è tra Dio e l'uomo, ma tra Dio e Dio, tra Dio in quanto bene e Dio in quanto male, per giungere a Dio in quanto intero" [13].
In radice è il principio di non contraddizione con la distinzione tra vero e falso a venire ripudiato: “la contraddizione è l’anima della realtà e il reale è intrinsecamente contraddittorio” [14].
Altree unioni di contrari sono presenti nello suo storicismo immanentista. Infatti – come essere e divenire –, anche storia e assoluto, e così pure singolo e totalità vengono a coincidere. Nella dialettica hegeliana la distinzione dei contrari è un dualismo da superare, attraverso la risoluzione degli opposti nella sintesi che li comprende.
Storicismo
Focalizziamo l'attenzione sulle conseguenze prima teoriche e poi pratiche di una siffatta concezione.
a) la storia (storicismo) è il luogo unico del dispiegarsi dello Spirito. "Tutto ciò che è razionale è reale; tutto ciò che è reale è razionale" (è il panlogismo, tanto criticato da Schelling). L’uomo si perde nello Spirito, che lo dirige attraverso la “astuzia della ragione”. La storia è il supremo giudice delle vicende umane.
b) Non esiste una verità oltre il tempo perché oltre il tempo niente esiste. La verità non sta, non ex-siste, la verità muta incessantemente e si fa nella storia; la verità non brilla di luce propria indipendentemente dalle azioni, essa è inevitabilmente connessa alla loro riuscita [15]. È negato il “valore immutabile ed assoluto dei primi principi filosofici” [16]: l’idealismo hegeliano costituisce una formidabile alternativa al pensiero classico.
c) L’evoluzione dello Spirito è il fine, cui tutto è, infine, sacrificabile.
d) Religioni, istituzioni, economia, sono momenti dialettici dello Spirito, sempre in via di superamento, tappe attraverso cui l'uomo costruisce se stesso, evolvendo nel pensiero e oggettivandosi nelle opere della cultura.
e) Precetto implicito dell'hegelismo è essere in sintonia con l'evolversi dello Spirito, capire i segni dei tempi, abbandonare il vecchio modo di pensare non appena la nuova tesi (tensione) dello Spirito si manifesta. Insomma, cavalcare la tigre.
f) Per tutto quanto sopra la prassi è l'unica cosa che, in fin dei conti, conti davvero.
Non vale avere idee valide, vale avere idee che si incarnano nella realtà.
g) Se il negativo è la staticità (che uccide lo Spirito), il positivo è il cambiamento attraverso cui lo Spirito si manifesta a se stesso.
Alla radice della concezione hegeliana, sia pure non esplicitamente, vi è il primato della forza, come bene hanno visto sia Marx che Nietzsche, i quali non hanno esitato a trarre le debite conseguenze.
Chi vince e dunque chi domina incarna sempre un progresso, magari superabile, ma sempre di progresso si tratta.
Chi ha perso è giusto abbia perso; può rivincere solo se si pone in modo nuovo (e vincente) contro l'esistente.
L'hegelismo rozzamente semplificato è utilizzato come supporto ai dogmi e ai precetti via via introdotti dalle contro-chiese. Sotto le forme "austere e paludate" di Hegel, ogni rottura di argine, ogni cambiamento, per quanto regressivo, arcaico o barbaro, viene proposto come innovazione difficile da raggiungere (a causa, si sa, della resistenza opposta dalle forze oscurantiste).
Etica
La dialettica relativizza il bene/male. Nello Spirito del cambiamento esiste solo un'etica con geometria ad assetto variabile: ciò che è giusto oggi, non è detto che lo sarà domani. Nel monismo hegeliano la distinzione tra bene e male svanisce: tesi e antitesi, essendo solo dei momenti dialettici, imperfetti per definizione, che non hanno connotazioni morali, sono intrise entrambe di quello che l'uomo chiamava buono e cattivo. Il giudizio non è morale, ma storico: il bene hegeliano è il momento dialettico che in quella particolare congiuntura incarna al meglio l'evoluzione spirituale. Nell'idea di Hegel - afferma M. Borghesi [17] - l'uomo deve peccare, deve uscire dall'innocenza naturale per divenire Dio. Egli deve conoscere, come Dio, il bene e il male. Per Hegel questa conoscenza "è l'origine della malattia, ma anche la sorgente della salute, è la coppa avvelenata nella quale l'uomo beve la morte e la putrefazione, nello stesso tempo il punto sorgivo della riconciliazione, poiché porsi come cattivo in sé è il superamento del male". Ed ancora: "quando si presenta il Diavolo bisogna dimostrare che vi è in lui un affermativo; la sua forza di carattere, la sua energia, il suo spirito consequenziale appaiono di gran lunga migliori, più affermativi di quelli di qualche angelo".
Nel pensiero hegeliano il male e la negazione del vero possono essere visti come antitesi necessaria al bene e al vero, in se stessi statici e quindi privi di vita. In definitiva il male e il rifiuto del vero possono essere forieri di movimento e di progresso.
Politica
Nel sistema hegeliano, dato che l’Assoluto si realizza nel negare il momento precedente e nel mutare ciò che esiste, la storia si risolve in una rivoluzione continua.
Il problema diventa quello di individuare nel particolare momento storico la sua tesi/antitesi/sintesi.
I politici hegeliani si sono posti e si pongono come coloro che vedono e incarnano il destino, perciò degni di guidare il processo di emancipazione vuoi come statisti (tesi) vuoi come rivoluzionari (antitesi). Stato e rivoluzione, entrambi divinizzati, sono gli unici legittimi soggetti politici della modernità, gli unici cui compete perseguire il bene pubblico. Il potere di questo mondo (l’attuale o quello che lo sostituirà) si pone come la massima espressione della realizzazione umana o dello Spirito, che dir si voglia.
Il sistema hegeliano privilegia l'idea collettiva, sintesi superiore delle configgenti idee individuali, sia essa incarnata nello Stato, che ne è il custode e lo strumento esecutivo attuale, oppure in quelli dei suoi antagonisti che sono destinati a subentrargli nel momento storico successivo.
Con Fichte ed Hegel si passa dalla filosofia che si interroga sull’essere alla filosofia del pensiero e del suo farsi. L’idealismo è una filosofia dell’azione, infine della rivoluzione.
Religione
In tema di religione, Hegel riveste il suo panteismo con parole prese a prestito dal cristianesimo. Egli utilizza una dottrina che diventerà come uno dei punti del cattolicesimo modernista, la kenosis. Secondo tale concezione, l'essere autentico della persona si esplica nello svuotamento di sé che diventa donazione di sé a un'altra persona. Applicata alla Trinità la kenosis spiega l’unità divina come il processo della donazione reciproca delle tre Persone: “le Persone sono perché non sono. Il Padre è Padre soltanto perché genera il Figlio, ma per generarLo deve comunicargli tutto il suo essere, svuotandosi. Il Figlio, a sua volta, si consegna al Padre, e questo mutuo svuotamento del Padre nel Figlio, e del Figlio nel Padre, costituisce lo Spirito Santo” [18]. In questo modo, la Trinità è un processo perpetuo in cui c’è soltanto il divenire e non un vero essere. L’assoluto deve umanizzarsi per ritrovare se stesso tramite l’azione della storia: “Dio per esistere è obbligato ad alienarsi da sé… Dio si separa e si lacera … La stessa creazione del mondo non è altro che una necessaria immolazione che completa Dio” [19], “una specie di decadenza o spoliazione della divinità infinita nell’essere finito. La creazione, a sua volta, passerebbe, per evoluzione, alla vita, poi, con l' apparizione dell'uomo, alla razionalità conoscente per ritornare infine al nulla divino” [20]. In questo processo di reintegrazione del divino il male non è un elemento necessario senza il quale Dio non potrebbe evolvere.
Nell'unica realtà dello Spirito che si evolve incessantemente sono annullate la Rivelazione dell'Antico Testamento e l'Incarnazione di Gesù Cristo. Il cristianesimo storico (e ogni altra confessione) viene conglobato in una superiore teoria e, come dice Piero Vassallo, “si rovescia in un rovente prometeismo che offre all'uomo la stessa realtà di Dio” [21].
Conclusione
Hegel supera il razionalismo cartesiano – che riduce l’uomo al pensiero e concepisce il mondo esterno come materia regolata da leggi meccanicistiche – dando alla Storia quella dignità che già Giambattista Vico (1668 – 1744) le aveva tributato. Ma mentre nel napoletano la libertà che si dispiega nella Storia è guidata dalla mano sapientissima del Dio trascendente, nel filosofo svevo “non c’è posto alcuno per un intervento di un presunto Dio che non sia la sostanza stessa vivente di questo nostro mondo” e la Storia ,al seguito del pregiudizio immanentista, “è concepita come il dinamismo stesso della Ragione che ritorna sempre su se stessa” [22]. Nel monismo hegeliano il trascendente è escluso ed il reale annullato nell’idea-Spirito impersonale.
Come già detto altrove (⇒ qui), Friedrich Engels (1820 – 1895), nel suo libretto su Feuerbach [23], ha svelato la natura obituaria della filosofia hegeliana: "La tesi della razionalità del reale, si risolve, secondo le regole della dialettica hegeliana, in quest'altro: tutto ciò che esiste merita di morire".
Cornelio Fabro ha peraltro dimostrato che il nichilismo si manifesta già nell'inizio della filosofia hegeliana, là dove è posta l'uguaglianza dell'essere e del nulla.
Negative alcune derive politiche. sullo Stato etico hegeliano che comprime l’individuo mentre espande oltre misura il potere delle istituzioni politiche si sono innestati i peggiori totalitarismi, sia di stampo comunista come quelli in apparenza di democrazia liberale.
Ermetismo, cabala e oriente
L’inizio del dramma cosmico hegeliano, nel porre l’uguaglianza dell'essere e del nulla, segna da un lato il manifestarsi del nichilismo filosofico (negazione della realtà sostanziale degli enti), ed indica dall’altro il debito di Hegel verso la gnosi.
Il dio abissale, l'En Sof della Cabala, il Pleroma del sistema gnostico, essere ineffabile, al di qua da ogni determinazione, unità indistinta non predicabile, di cui nulla si può dire è il punto origine radice di tutte le coppie di contrari. Per i cultori dell’ermetismo i contrari coincidono [24], anzi da una polarità negativa deriva quella positiva: la Cabala afferma “dal nulla viene l' essere, dalle tenebre viene la luce” [25].
La conjunctio oppositorum venne rispolverata nel ‘600 dal mistico protestante Böhme. Anche la dialettica dello Spirito, il farsi di Dio nella storia era una tesi professata negli ambienti della riforma che erano in polemica con il luteranesimo istituzionale.
La tensione escatologica che permea lo storicismo indica poi il tentativo hegeliano di riunire filosofia e religione in un Cristianesimo secolarizzato, in cui è assegnato all’umanità il destino di Redentore-Redento.
Se il panlogismo monista di Hegel ha da un lato rivestito di forme accademiche le cosmovisioni della gnosi e della Cabala, dall’altro ha gettato un ponte verso l’Oriente estremo, dove il soggetto si perde nel nirvana o nelle tensioni teologiche tra gli opposti principi cosmici, maschile e femminile.
All’opposto, per Feuerbach (1804 – 1872) – di Hegel discepolo – Dio non è che la "personificazione sublimata dell'essenza umana", un miraggio fantasmatico della voglia di infinito dell'uomo. In realtà, dice Feuerbach, l'infinito non esiste; esiste solo il finito. L'apice dell'evoluzione umana avverrà quando l'uomo capirà finalmente che lui stesso è Dio.
Il soggettivismo nel suo esito finale oscilla dunque tra l’annichilimento del sé nell’indistinto e il titanismo superomista che non si cura dell’altro da sé.
Modernismo
L’hegelismo rappresenta il cuore stesso del modernismo.
Il superamento della Chiesa tridentina/costantiniana, lo slancio verso una perfezione raggiungibile già nell’immanenza, l’impostura di un “magistero vivente” svincolato dalla Rivelazione e dal dogma, la ricomprensione del male come parte dell’essere [26], il tentativo di reintegrazione delle confessioni sette e religioni pagane in una sintesi superiore, sono tutti segni di come l’idealismo dialettico abbia compenetrato sia il modernismo degli albori, sia la Nouvelle Théologie riabilitata dalla svolta giovannea, sia l’attuale mescolanza di cattolicesimo e modernismo, gabellata come cristianesimo purificato e profetico.
Oreste Sartore
⇒Alle origini del modernismo - 1
⇒Ascendenze filosofiche del modernismo - 2
NOTE
[1] Si è visto che nel sistema cartesiano Dio entra in gioco solo in un secondo momento, quale garante della verità del pensiero
[2] La filosofia kantiana è detta trascendentale in senso del tutto opposto alla filosofia, platonica o religiosa, che si occupava del trascendente
[3] I. Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, 1793
[4] I. Kant, op. cit.
[5] Martino Mora, Papa Bergoglio e il primato della coscienza, 20 settembre 2013, sito Arianna Editrice
[6] M. Mora, v. supra
[7] cfr. Carlo Manetti, , «Je suis Charlie». Lo slogan giacobino, sito riscossa cristiana, 17 gennaio 2015
[8] I. Kant, op. cit.
[9] Piero Coda, Dio Uno e Trino - Rivelazione, Esperienza e Teologia del Dio dei Cristiani, Roma 1993
[10] G. F. Hegel, Wissenschaft der Logik, Norimberga 1816
[11] G. F. Hegel, Wissenschaft… op. cit.
[12] G. F. Hegel, Lezioni di filosofia della religione, corsi tenuti a Berlino tra il 1821 e il 1831
[13] Vito Mancuso, Hegel teologo, Milano 1996, recensione di P. Vassallo
[14] don Curzio Nitoglia, Critica del pensiero filosofico alla luce della metafisica tomistica, Molfetta – BA, 2006
[15] Un esito degenerato dell’hegelismo è l’equazione successo uguale verità
[16] don C. Nitoglia, Fine del liberismo ed elogio della frugalità, sito dell’autore
[17] Massimo Borghesi, 30Giorni, febbraio 2003
[18] Orlando Fedeli, Jean Guitton ed il modernismo nel Concilio Vaticano II, 2003; sito Monfort
[19] Julio Meinvielle, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Roma 1995
[20] O. Fedeli, op. cit.
[21] Piero Vassallo, Progresso e/o decadenza della teologia. la scienza della fede e la sua filosofica parodia, sito riscossacristiana
[22] Christian Ferraro, citato da P.Vassallo in: Rivelazione e storia, il pensiero cattolico dopo lo storicismo, 29 luglio 2014, sito riscossacristiana
[23] Friedrich Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, Stoccarda 1886
[24] Ecco un elenco non esaustivo degli opposti: essere e non essere, luce e tenebra, spirito e materia, pensiero e realtà, creatore e creazione, uomo e Dio, finito e infinito, vita e morte, tempo e eternità, bene e male, amore e odio, cielo e terra, sole e luna, attivo e passivo, maschile e femminile, alto e basso, microcosmo e macrocosmo, sì e no, ragione e sensi, puro e impuro, uomo e società
[25] cfr. Gerschom Scholem, Les Origines de la Kabbale, Parigi 1966
[26] Purtroppo l’affermazione del vescovo di Roma “Cristo si è fatto peccato per me!” (15 giugno 2013) ripetuta nelle Filippine il 17 gennaio 2015 (“Dio, in Cristo, ha preso i nostri peccati e Lui si è fatto peccato per noi”) è compatibile con la gnosi, di cui l’hegelismo è il compimento filosofico, ma non col Cristianesimo autentico.