L'Anarchia, il Liberismo e il Comunismo: loro sostanziale somiglianza e accidentale diversità
L’anarchia propugna la rivolta contro ogni autorità, non solo quella statale, ma anche umana e divina per arrivare all’autonomia assoluta dell’individuo. Il suo motto è: “né Dio, né padrone!”.
La sua natura è “l’autonomia dell’individuo e la società senza Stato centrale, costruita sulla libera associazione tra i singoli ossia una sorta di mini Stato federale ocomunale/regionale. Data la sua insistenza sul valore primario della libertà, i suoi sostenitori sono spesso definiti libertari o liberali radicali”.
Infatti per gli anarchici ogni autorità che un individuo esercita sull’altro è una diminuzione della dignità assoluta della persona umana. L’anarchia è una filosofia o ideologia liberale radicale, che sfocia nel libertarismo, ossia nella massima dilatazione della libertà personale dell’individuo secondo ciò che gli pare soggettivisticamente vero, giusto e buono.
Già nell’antichità greca vi furono pensatori anarchici. Il padre dell’anarchismo moderno è Pierre-Joseph Proudhon, mentre Max Stirner accentua l’individualismo dell’anarchismo proudhoniano. In Russia il nichilismo assieme all’anarchismo di Michael Bakunin nei Paesi latini (Italia, Francia e Spagna) ha raggiunto una notevole influenza sulle masse, ma poi è stato rimpiazzato dal bolscevismo.
Come si vede l’anarchia è la figlia più estremista e “scatenata” del liberalismo. Nel comune pensiero “politicamente corretto” si pensa che il liberalismo sia una filosofia conservatrice o di “destra”, mentre l’anarchismo sarebbe progressista e di “sinistra”. Invece l’anarchia non solo non è il contrario del liberalismo, ma porta alle estreme conclusioni i principi filosofici politici del liberalismo ed economici del liberismo.
L’anarchia si divide in:
1°) anarchia morale, che propugna la morale autonoma/kantiana (Critica della Ragion pratica), immanente all’uomo, soggettivistica e relativistica. Non esiste una legge o una morale oggettiva e naturale/divina, ma tutto deriva dall’individuo, che rimpiazza Dio. Quindi è morale o bene ciò che sembra buono al singolo individuo. L’origine filosofica di questa morale soggettiva la si trova in Kant (morale autonoma) e giunge sino alla teologia morale neomodernistica della morale della situazione per corrodere e relativizzare ogni pratica di vita virtuosa, dopo aver abbattuto i principi speculativi. L’errore fondamentale della nuova morale consiste nel voler sostituire alla morale oggettiva e naturale e alle regole oggettive di essa le aspirazioni, i sentimenti, i bisogni e le esperienze morali soggettive e personali della coscienza individuale. Ora la coscienza applica la norma morale oggettiva al caso particolare e non crea la norma a seconda della situazione individuale in cui ci si trova. Quindi non è esatto dire che la coscienza soggettiva determina e stabilisce arbitrariamente ciò che è bene per lei e ciò che è male. La retta morale oggettiva e tradizionale insegna che il soggetto umano riconosce mediante la coscienza bene formata ciò che è oggettivamente bene e da farsi, ciò che è oggettivamente male e da evitarsi.
Se si studia l’oggetto da cui l’anarchismo morale vuole liberarsi, possiamo dividere la morale indipendente in: indipendenza da Dio (ateismo pratico), dalla Rivelazione(naturalismo e razionalismo), dalla metafisica (empirismo sensista), dalla sanzione e dall’obbligazione (sperimentalismo). Se invece studiamo le differenze soggettive, o i vari modi di rendersi indipendenti, allora si avrà: la morale agnostica, che vuol ignorare ogni oggetto da cui l’uomo possa dipendere e rifiuta di porsi il problema etico; oppure la morale scettica, la quale dubita della realtà e del valore degli oggetti che rifiuta e non vuol pronunziarsi su di essi, pretendendo di non poterli conoscere, ma solo di poter dubitare di essi; ed infine la morale nichilistica o strettamente anarchica, che odia, rifiuta e combatte anche con violenza terroristica i dogmi speculativi e i precetti morali tradizionali, naturali, oggettivi e divini per sostituirli con idee nuove soggettivistiche, volontaristiche, naturalistiche, edonistiche, libertarie, libertine e materialistiche, comode per le esigenze dell’individuo.
Anche qui si vede come il liberalismo o l’illuminismo fenomenista e sensista britannico del XVIII secolo sia all’origine della morale relativistica, individualistica e soggettivistica anarchica. Quindi l’anarchismo è l’estrema propaggine del liberalismo e non il suo contrario. Il neoconservatorismo, che discende da Joseph de Maistre ed Edmund Burke, cerca di far passare l’illuminismo o il liberalismo britannico, la massoneria anglo/americana, la rivoluzione inglese per un pensiero di “destra”, conservatore, sostanzialmente contrario all’ideologia di “sinistra”, progressista e socialista, alla massoneria latina, alla rivoluzione francese e al razionalismo illuministico francese. Invece tra di loro vi è solo una differenza accidentale quanto al modo o all’intensità, mentre quanto alla sostanza esse sono identiche, come un vino rosso, forte e corposo ed un vino bianco, frizzante e leggero o un cavallo bianco, che trotta velocemente, ed uno nero, che galoppa velocissimamente.
L’anarchia oltre che morale può essere anche
2°) anti-metafisica, pragmatica o di convenienza. Infatti alcuni rifiutano la metafisica per paura di doverne trarre conclusioni etiche, che li disturbano e che preferiscono ignorare per non vivere bene. Costoro pragmatisticamente o utilitaristicamente hanno scelto la via anti-metafisica proprio per non ascoltare gli interrogativi della filosofia dell’essere e soffocarla (“noluit intelligere ut bene ageret / non ha voluto conoscere per non dover agire moralmente bene”), come Pinocchio schiacciò contro il muro il grillo parlante. Abbandonare la metafisica equivale a voler costruire sulle nuvole o peggio ancora sul nulla, ma appoggiandosi sul nulla e sulle nuvole tutto crolla e affonda. Se si studiano i surrogati della metafisica su cui si vorrebbe costruire l’anarchismo: la sociologia, la psicologia, la fisiologia, il benessere, la ricchezza, il piacere, l’onor del mondo, la solidarietà, il sentimentalismo, l’estetica, si vede quanto siano deboli e inconsistenti rispetto alla filosofia perenne dell’essere, che risolve i grandi interrogativi che l’uomo si pone: Chi sono? Donde vengo? Per quale scopo? Perché c’è il male?
Inoltre l’anarchia può essere
3°) nichilistica, quando odia, rifiuta e combatte (anche con la violenza terroristica individuale, non organizzata in guerra civile come quella comunista) i dogmi speculativi e i precetti morali tradizionali, naturali, oggettivi e divini per sostituirli con idee nuove, soggettivistiche, naturalistiche, edonistiche e materialistiche, comode per le esigenze dell’individuo.
La filosofia eminentemente e strettamente nichilistica è quella di Nietzsche, anche se i sofisti con Gorgia (“nulla è, ammesso e non concesso che esista è incomprensibile e quindi inesprimibile”) nell’antichità (V secolo a. C.) e gli empiristi con Hume (“l’uomo sperimenta o percepisce solo fenomeni, che non sono enti reali, ma son soltanto ciò che appare alla coscienza sensibile individuale”) nella modernità (XVIII secolo) hanno sostenuto posizioni filosoficamente e praticamente pre-nichilistiche. Nietzsche, partendo dal presupposto che il nulla sta alla base di ogni cosa, porta il nichilismo allo stato perfetto e conclude che tutto ciò che l’uomo pensa (nichilismo logico), fa (nichilismo morale), è (nichilismo metafisico) non ha alcun senso. Quindi l’essere, l’agire e il pensare dell’uomo sono senza senso e privi di valore e vanno distrutti. Occorre, dunque, per Nietzsche distruggere non solo i valori morali tradizionali, ma la logica e la metafisica ossia l’essere per partecipazione, cioè la creatura, che rimanda all’Essere per essenza, cioè a Dio. Il termine del nichilismo è l’odio contro Dio e la volontà deicida di distruggerlo (“Dio è morto”), se mai fosse possibile. Il nichilismo rappresenta l’ultima tappa della sovversione filosofica post-moderna e contemporanea iniziata con la modernità. Al posto dei valori teoretici e morali tradizionali si devono mettere i valori dionisiaci del piacere sfrenato del corpo e di questa terra.
Infine l’anarchia può essere
4°) “economica” o meglio “finanziaria” ed allora è la figlia diretta, contestatrice, ribelle e scapestrata del liberismo e la si chiama “anarco-capitalismo” (cfr. G. Crowder,Dictionnaire d’éthique et de philosophie morale, Parigi, PUF, 2004, vol. I, p. 68).
Innanzi tutto bisogna ben distinguere la sana economia tradizionale dall’affaristicaliberista. Economia significa “governo della famiglia o del focolare domestico” (dal greco “òikos, casa” e “némein, governare”). La famiglia – secondo Aristotele (Polit., A, 3, 1253b, 8-14) e San Tommaso (S. Th., II-II, q. 47, aa. 11-12; ivi, q. 50, aa. 1-3) - è la cellula che forma lo Stato, il quale è un insieme di più famiglie. L’economia si occupa di tutto ciò che può essere posseduto e governato dalla famiglia, ossia delle relazioni, che derivano dalle condizioni di sussistenza della famiglia, cioè le relazioni tra le persone in ciò che concerne i loro bisogni di beni esterni o le loro ricchezze reali (benessere comune temporale familiare).
La ricchezza o il benessere materiale ha rapporto con la prudenza economica o familiare non come fine ultimo, ma come causa strumentale, in ordine al raggiungimento del fine ultimo, ossia la ricchezza è un mezzo di cui la famiglia si serve per vivere virtuosamente e unirsi a Dio (S. Th., II-II, q. 50, a. 3, ad 1; ivi, q. 47, a. 12). Sempre per l’Angelico è del tutto lecito avere una ordinata sollecitudine per procurare il necessario per sé e per la propria famiglia ed anche in previsione delle necessità future (S. Th., II-II, q. 55, a. 6, ad 2;ivi, a. 7). Solo la preoccupazione disordinata (che l’Aquinate chiama pecuniativa, affaristica o crematistica) dei beni materiali è riprovevole poiché antepone i beni terreni a quelli ultraterreni. L’economia classica studia prima la famiglia in sé considerata e poi il benessere comune materiale di essa (cfr. S. Th., II-II, q. 47, a. 11; ivi, q. 50, a. 3;Commento all’Etica di Aristotele, lez. 1).
L’affaristica moderna liberista o anarchica è il rovesciamento della sana economia. L’affaristica (pecuniativa o crematistica) è l’arte di arricchirsi vista come fine ultimo dell’uomo e delle famiglie. Mentre alla sana economia familiare segue l’ordine sociale o la politica tradizionale, che si fonda sul diritto naturale, all’affaristica segue la plutocrazia, che è il governo della finanza su questo mondo in vista dei beni di questo mondo et non plus ultra.
Tra affaristica liberista e anarchica vi è solo una differenza accidentale di velocità e non di sostanza. Secondo Alberto Chilosi “Il liberismo, pur vicino all’anarchismo individualistico,se ne distacca nettamente: l’anarchico sembra attribuire poco peso all’economia, quasi che la natura provvida bastasse a soddisfare l’uomo non appena si rimuovessero i danni artificiosi del governo; non così il liberista, che guarda alla natura come a qualcosa da conquistare prometeicamente. A differenza dell’anarchismo, il liberismo non pensa alla soppressione di ogni organizzazione statale, ma esige uno Stato minimo”.
André Gide (premio Nobel nel 1947) ammette che l’anarchismo è il risultato di una fusione tra il liberalismo (che critica lo Stato, esaltando la libertà dell’individuo) e il socialismo (che critica la proprietà privata ed esalta il collettivismo, ma per giungere ad una società senza classi né Stato, ove l’individuo avrà il suo paradiso in terra). Ma l’anarchia sorpassa l’individualismo liberale in velocità, pur essendo della sua stessa sostanza, poiché non solo nega le interferenze dello Stato nella vita economica, ma in tutti i settori della vita, anche come semplice “Stato poliziotto”, che, invece, per il liberalismo deve garantire le libertà individuali contro i disordini sociali. Inoltre l’anarchismo dissente solo accidentalmente dal socialismo bolscevico, che, per giungere alla società di individui assolutamente liberi e felici senza Stato, vuol prima passare per un regime collettivistico con uno statalismo assai pronunciato. Dunque l’anarchismo sostanzialmente è una dottrina che esalta senza limiti e senza alcuna coercizione le libertà individuali, eliminando i passaggi intermedi eccessivi ed estremistici del socialismo (dittatura del proletariato) e i limiti borghesi del liberalismo (“Stato poliziotto” che difenda la proprietà privata).
La dottrina economica o meglio finanziaria dell’anarchismo si divide in due scuole: la prima ammette la proprietà privata, ma spogliata dalla prepotenza dell’ordinamento liberal/capitalistico (anarchismo/libertario-capitalista); la seconda vuole il collettivismo totale con la comunanza dei beni e la distruzione della proprietà privata (bolscevismo marxista/leninista), ma entro piccole federazioni o comunità autonome (federalismo anarchico) e non nello Stato “proletario” bolscevico (centralismo comunista).
Il fine del liberalismo, del comunismo e dell’anarchismo è la libertà assoluta dell’uomo. Questa è l’essenza che li accomuna, le modalità per raggiungerla variano e questi sono gli accidenti che li distinguono. Quindi tra liberismo, anarchismo e comunismo vi è più che un’analogia o “somiglianza dissomigliante”, in cui la diversità è essenziale e la somiglianza è solo accidentale (per esempio, come tra Dio, l’angelo, l’uomo, l’animale, il vegetale e il minerale). Infatti tra i tre termini (liberismo, anarchismo e comunismo) su menzionati la somiglianza è sostanziale e la diversità è accidentale, non sono tre termini equivoci (totalmente diversi) né univoci (totalmente eguali), ma simili, non analogicamente poiché la somiglianza è maggiore della dissomiglianza. Quindi liberismo, anarchismo e comunismo sono univoci quanto alla sostanza anche se diversi quanto agli accidenti.
L’anarchismo è libertario e libertino, vuole le libere unioni, il libero amore, la lotta contro il matrimonio, ma sùbito; mentre il comunismo e il liberalismo son disposti ad arrivarvi gradualmente. Ancora una volta è una questione di modalità o velocità e non di sostanza.
Attenzione! La società civile non è rigettata totalmente dall’anarchismo, ma è accettata solo in quanto estensione dell’individuo, come federazione di associazioni libere nate dall’istinto individuale umano. Il fine è la società libera, senza classi né costrizioni, però per arrivarvi occorre passare attraverso la violenza, non strutturata in organizzazioni sociali (come nel comunismo), ma lasciata alla libera intraprendenza dell’individuo umano. L’utopismo è una caratteristica che distingue il socialismo scientifico (marxista leninista) dall’anarchismo di Proudhon, Bakunin e Stirner.
Ora è semplice confutare l’anarchismo. Infatti “il più non viene dal meno, il più perfetto non viene dal meno perfetto”. Quindi dalla mancanza di società non si può giungere al paradiso su questa terra, ossia alla società ideale e perfetta in cui il lavoro sarà piacevole, l’uomo sarà naturalmente buono e felice, la vita sempre gaia. L’anarchismo è pura utopia. Anche il comunismo e il liberalismo lo sono, ma in maniera meno evidente. Infatti essi presuppongono una organizzazione che farà passare il mondo da uno stadio inferiore e infelice ad uno superiore e beato (Rivoluzione industriale o del proletariato). L’ordine presuppone subordinazione, gerarchia e soprattutto un’Intelligenza ordinatrice, cose negate dall’anarchismo come pure dal liberalismo e dal comunismo. Inoltre l’esperienza ci fa costatare che l’uomo per sua natura tende più facilmente al male che al bene. Quindi lasciato a se stesso non può produrre nessun “paradiso” su questa terra e la storia ce lo conferma (v. il disastro e la miseria che ha prodotto il bolscevismo, in maniera evidente ed irreversibile, nel 1989 in Urss e il default o fallimento che sta producendo dal 2005 il liberismo in Usa ed Europa e che oramai stiamo sperimentando tutti e non può essere negato da nessuno).
Conclusione
L’errore che accomuna l’anarchismo, il liberalismo e il comunismo è l’individualismo o il valore assoluto della persona umana. Il primi due errori esaltano immediatamente la singola persona e tendono a minimizzare quasi totalmente la società familiare e civile, mentre il terzo inizialmente fa dello Stato un assoluto per poter poi arrivare alla società senza classi ove l’individuo è re. Ora per combattere queste tre deviazioni occorre andare alla loro radice: l’individualismo, studiare la vera nozione di persona e di società ed infine mettere nel giusto rapporto la persona e la società.
“L’uomo è naturalmente ordinato alla società civile: non potendo infatti nell’isolamento procacciarsi il necessario alla vita ed al perfezionamento intellettuale e morale, la Provvidenza dispose che egli venisse alla luce fatto per congiungersi ed unirsi ad altri, sia nella società domestica, sia nella società civile la quale solamente gli può fornire tutto quello che basta perfettamente alla vita”. (Leone XIII, Enciclica Immortale Dei, 1° novembre 1855). Già Aristotele diceva che chi è incapace di vivere in società o non ne ha la necessità perché basta a se stesso deve essere “un animale o un semi-Dio”.
La famiglia, non essendo autosufficiente, tende ad integrarsi nella società civile, il cui fine è universale perché riguarda il bene comune a cui tutti i singoli cittadini hanno diritto nella debita proporzione: “Per essa gli uomini si mettono in mutua comunicazione al fine di formare uno Stato”. (Leone XIII, Enciclica Rerum Novarum, 15 maggio 1891).
Lo Stato è per i cittadini e non viceversa (contro il collettivismo statolatrico), ossia la persona in quanto razionale, libera e spirituale non è un ingranaggio fisico o puramente materiale della società, una parte di essa, come una rotella di un meccanismo, e occorre che lo Stato rispetti la dignità della natura umana, fatta ad immagine e somiglianza di Dio, dotata di un’anima spirituale e di intelletto e volontà, e quindi libera di fare il bene che la condurrà alla vita soprannaturale ed eterna. Lo Stato perciò deve procurare una vita materialmente dignitosa all’uomo, difendendo i suoi diritti e il suo valore: la vita, l’integrità fisica e morale, le giuste comodità temporali, l’educazione, ecc. Ma al contempo l’uomo in quanto sociale o civis deve sacrificare moralmente se stesso per il bene comune della Patria, partendo per la guerra difensiva, pagando le giuste imposte, rispettando le leggi civili rette.
“Nel piano del Creatore la società è un mezzo naturale, di cui l’uomo può e deve servirsi per il raggiungimento del suo fine, essendo la società per l’uomo e non viceversa. Ciò non è da intendersi nel senso del liberalismo individualistico, che subordina la società all’uso egoistico dell’individuo, ma solo nel senso che, mediante l’unione organica con la società, sia a tutti resa possibile, per la mutua collaborazione, l’attuazione della vera felicità terrena” (Pio XI, Enciclica Divini Redemptoris Promissio, 19 marzo 1937).
Proprio in considerazione della natura dell’uomo “animale razionale, libero e socievole” (Aristotele e San Tommaso), sarebbe un gravissimo errore pensare che la società civile sia ordinata esclusivamente alla sicurezza ed al bene temporale dell’uomo, senza alcuna relazione a Dio (liberismo, anarchismo e comunismo). La società civile, infatti, non può prescindere dal fine ultimo della persona, sia perché la felicità temporale dice ordine a quella spirituale, sia perché l’uomo singolo, fatto di anima e corpo, non può contentare solo il corpo, ma deve provvedere anche alla sua anima, che anela ad un fine spirituale.
Dalla società civile costituita risulta l’autorità (contro l’anarchismo) come proprietà necessaria della civitas. Essa consiste nel potere di far leggi per conseguire il fine, nel farle osservare e nel castigare chi le vìola. L’autorità è dunque il potere di governare la res publica, ossia di dirigerla al suo fine (contro il liberalismo). Per conseguire tal fine è necessario: 1°) che i mezzi conducenti al fine, siano proposti in modo obbligatorio (potere legislativo); 2°) che le cose proposte siano applicate convenientemente, secondo il senso in cui furono proposte (potere esecutivo); 3°) che coloro i quali non vogliono applicarle e/o si oppongono alla loro applicazione, possano essere costretti con la forza (potere giudiziario o coattivo). Il potere più importante è quello legislativo, essendo gli altri due esecutivi della legge.
Fine della società non è soltanto quello negativo di proibire ingiurie e liti fra i cittadini (come vorrebbe il liberalismo), ma di produrre positivamente, mediante le leggi, le condizioni necessarie per avere una vita buona, ossia una relativa perfezione materiale, intellettuale e morale della persona, nelle quali consiste la felicità imperfetta della vita terrena. Il fine della società civile non è il fine assoluto o Dio, ma è il bene o felicità o vita buona dei cittadini.
Contro la statolatria assolutistica (comunismo), la sana filosofia insegna che la società non è il fine assoluto e che i cittadini non sono ordinati alla società come al loro fine ultimo. È la società ad essere ordinata al bene comune dei cittadini considerati in quanto uomini fatti a immagine e somiglianza di Dio ed aventi un’anima razionale ed immortale e quindiontologicamente superiori alla società (“civitas propter cives et non cives propter civitatem”).
Contro l’individualismo anarchico e liberale la retta ragione insegna che l’autorità politica ha il dovere di difendere i diritti dei cittadini e di procurare anche positivamente i beni che rendono dignitosa la vita del cittadino e che l’attività del privato non può procurare sufficientemente, che l’uomo considerato come cittadino è una parte della società e quindimoralmente o politicamente inferiore ad essa. L’autorità politica non deve assorbire, ma proteggere i diritti della persona e della famiglia; essa interviene solo ove la famiglia ed il privato non riescono ad andare avanti (principio di sussidiarietà).
La persona in quanto civis è ordinata al bene comune della società ed è subordinata alla società, come la parte al tutto (per esempio, la mano all’uomo); quindi vi è una certapriorità sociale/politica del bene comune sulla persona; tuttavia, la personaontologicamente, come soggetto intelligente, libero e fornito di anima immortale, non è l’ingranaggio puramente fisico e materiale di una macchina, completamente subordinato al funzionamento di essa, o un’ape subordinata all’alveare. La persona non è solo un animale politico o sociale, non è solo un membro inanimato della società o un pubblico cittadino “borghese” o “compagno”, è anche e soprattutto un animale razionale, dotato di anima spirituale e immortale, di intelletto per conoscere la Verità Somma e di volontà per amare il Sommo Bene. Il bene della singola persona (Dio) è superiore al bene della società (benessere temporale), ma ciò non significa che il cittadino in sé considerato sia più nobile dello Stato in sé considerato (liberalismo e anarchismo); ad essere più nobile è il fine che riguarda la natura umana della persona. Pertanto, di fronte al bene soprannaturale dell’essere umano, lo Stato deve riconoscere (contro la statolatria collettivista comunista) i propri limiti e subordinarsi a tale scopo meta-fisico e meta-politico, che interessa ogni persona razionale e spirituale da esso governata; mentre, sul piano naturale e temporale, ogni singolo cittadino deve subordinarsi allo Stato (contro il liberalismo e l’anarchismo), il cui fine è quello di perseguire il bene comune della società. Lo Stato non deve porre ostacoli al raggiungimento del fine soprannaturale degli uomini, ma anzi deve favorirlo secondo i mezzi a sua disposizione, ed il singolo individuo non deve pretendere, in nome di un malinteso senso personalistico (Mounier e Maritain) della sua dignità ontologica, di fare ciò che vuole (liberalismo, anarchismo e comunismo).
Riassumendo, si può dire che tutti gli errori attuali derivano da due errori principali e fondamentali: 1°) Dio non esiste (ateismo comunista e anarchista) o non è provvido(deismo liberale); 2°) l’uomo non ha peccato originale ed è immacolato (dignità assoluta e infinita della persona umana). Quindi non ha bisogno di Redenzione, ma progredisce all’infinito da sé (progressismo); gli basta la sola ragione senza la Rivelazione (razionalismo); tutto gli è lecito, la morale è autonoma e non oggettiva (liberalismo); niente sacerdozio, né Chiesa (laicismo). In breve, è la distruzione di ogni giusta gerarchia (anarchia) e il trionfo del disordine (comunismo).
Il rimedio a questi tre flagelli dell’epoca moderna e contemporanea è il ritorno al reale, alla sana ragione e alla retta ‘Dottrina sociale’, altrimenti continuiamo a correre verso il baratro, che ha portato il liberalismo, il comunismo e l’anarchismo allo stato parossistico con la rivoluzione culturale del 1968 e che ha preso il potere globale nell’universo col ‘Nuovo Ordine Mondiale’ del neoconservatorismo anarco-capitalista statunitense (1990/2014). Ora quando ci si accorge di aver sbagliato strada occorre ritornare indietro per andare avanti nel verso giusto. Quindi se la modernità (liberalismo, anarchismo e comunismo) è fallita ed è stata uccisa dalla sua stessa figlia, la post-modernità (nichilismo), occorre ritornare ai princìpi della metafisica dell’essere e della filosofia politica che ne consegue.
La “politica” odierna che vorrebbe uccidere Dio (liberismo, anarchismo, marxismo, niccianesimo, psicanalisi e strutturalismo) va combattuta non con l’idealismo soggettivista (che voleva divinizzare l’uomo e metterlo al posto di Dio), ma con la metafisica e la filosofia politica perenne e tradizionale, classica, scolastica e canonica. Attenzione! “Tertium non datur”. O si ritorna al realismo aristotelico/tomistico (la persona umana non è un assoluto, la libertà è solo un mezzo e non un fine, l’uomo è anche spirito e non solo materia), all’armonia e alla collaborazione nella subordinazione gerarchica dei fini tra individuo e società (contro l’anarchismo e il comunismo) e tra potere temporale e spirituale (contro il liberalismo) e al vero concetto di economia (distinta dall’affaristica); oppure si sprofonda nel mare del nulla nichilista ove tutto affonda e niente si salva.
Don Curzio Nitoglia