L'unica domanda urgente
Da un po' di tempo a questa parte, sui siti cattolici tradizionalisti (quelli, per intenderci, che si ritengono appartenenti alla Chiesa “di sempre”) ci si imbatte in letture, scritti, saggi e articoli vari riguardanti sostanzialmente due temi: il primo, e il più ricorrente, riguarda la perdurante critica rivolta al Papa regnante e ai suoi atti o pronunciamenti che spesso lasciano attoniti (per usare un eufemismo); il secondo è la disanima della situazione generale del mondo tradizionalista rimarcando la mancanza di unità al suo interno e persino le diversità di vedute che non di rado lo caratterizzano.
Più precisamente la grande ed evidente crisi in cui versa la Chiesa è dai più riconducibile alla presenza di un Papa ritenuto di fatto eretico e alla mancanza di un filo comune in cui i fedeli tradizionalisti si possano in un certo qual modo identificare, o stringersi l'un l'altro per fare quadrato... Da qui l'implicita conclusione che la Chiesa attuale è priva di un vero Pontefice (e per questo si continua nostalgicamente a guardare all'indietro, a Papa Benedetto XVI ad esempio o a Papa Giovanni Paolo II ritenuti, questi sì, dei veri Pontefici) e l'amara costatazione che il mondo tradizionalista è caratterizzato da una realtà talmente eterogenea tale per cui ognuno si sente giustificato dal coltivarsi la fede da sé, dove per fede “fai da te” significa chiudersi nelle proprie quattro mura o trovare tutt'al più il tal Vescovo o il tal sacerdote o il tale Istituto religioso considerato più in linea col proprio pensiero o col proprio modo di vivere la fede.
Ora, sarà anche interessante avventurarsi in disamine più o meno azzeccate sulle mostruosità o sulle eresie, o pseudo eresie che dir si voglia, propagate dall'attuale pontificato; sarà anche motivo di interesse per qualcuno conoscere l'esistenza della cosiddetta mafia di San Gallo o scoprire fin dove son capaci di giungere i tentacoli della Massoneria; così come sarà anche motivo di interesse porre sotto la lente di ingrandimento le diversità presenti nel mondo della Tradizione (posto che di ciò si faccia una disamina corretta)... Sta di fatto che dell'attuale crisi della Chiesa cattolica, umanamente parlando, nonostante tante discussioni o approfondimenti, una possibile soluzione appare ben lontana ritrovandosi alla fine sempre al punto di partenza.
Vien da chiedersi quindi se tale approccio alla disamina di tale crisi sia corretto; se, piuttosto, non si stia percorrendo una strada sbagliata, se alla fin fine non si stia perdendo, anzi, sprecando altro che tempo, tempo prezioso.
Infatti circoscrivere il problema all'attuale Pontificato, come se questo si fosse materializzato dal nulla, ritenendolo responsabile della crisi in atto, significa dimenticare che ogni effetto presuppone una causa che l'ha prodotto (e il Pontificato bergogliano è senza alcun dubbio effetto e non causa). Ne deriva che per comprendere ciò che accade oggi occorre risalire alla causa scatenante originaria ovverosia al Concilio Vaticano II di cui anche i papi citati, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, ne sono stati convinti assertori e perciò attori attivi e complici al pari di tutti gli altri papi conciliari della generazione e propagazione dei frutti conciliari che hanno, oggi lo si vede ormai chiaramente, devastato la liturgia e desertificato la dottrina riducendo la Chiesa ad un cumulo di macerie.
Per giunta la critica rivolta a certe realtà del mondo della Trazione, non di rado astiosa e rancorosa, deriva spesso da chi è influenzato da questioni private frutto di un orgoglio ferito per vicende personali; talvolta siffatta critica, affidandosi superficialmente al sentito dire oppure ai giudizi in mala fede, proviene persino da chi nemmeno “vive” la Tradizione e pur tuttavia si considera un “tradizionalista” (oggigiorno, in cui le parole non hanno più alcun significato poiché la falsità e l'ambiguità sono elevati a sistemi di vita, basta dichiarare di essere qualsiasi cosa per ritenersi tale).
A parte tutto questo, alla fine ciò che rimane è la situazione terrificante in cui versa la Chiesa, situazione che più che richiedere lo sforzo di trasformarsi in teologi nel disquisire su ogni aspetto, impone invece a ciascuno cattolico un'unica domanda: cosa occorre fare, in tempo di crisi come l'attuale, per conservare la Fede, unica cosa che procura la Vita eterna?
È questa la domanda urgente del nostro tempo che interpella ciascun cristiano.
Sembra invece prevalere una sorta di ansia che vede il Male all'opera dappertutto e che porta a focalizzarsi solo su di esso quasi esistesse unicamente il demonio la cui opera appare inesorabile e invincibile. Si avvia così un processo pruriginoso di curiosità, un processo paranoico, nell'addentrarsi ora in quella azione maligna ora in quell'altra preoccupandosi sempre più di sviscerarla, di discutere a lungo per comprenderne sempre meglio le dinamiche che la sottintendono... ma ancora, a che pro? Il male è sempre esistito e continuerà ad esistere fino alla fine dei tempi. Certo occorre scovarlo per evitarlo, ma non servono poi tanti approfondimenti per scorgerlo: anche trasformandosi in teologi dell'ultima ora, alla fine il Male è sempre lì dov'è.
Ecco ritornare la domanda urgente: cosa fare, nel concreto, per non caderne preda e salvare la propria anima?
San Luigi Maria di Monfort, in una delle sue opere “ Il segreto di Maria”, ci ricorda innanzitutto la finalità a cui ogni anima è chiamata: “O anima, immagine vivente di Dio e riscattata dal Sangue prezioso di Gesù Cristo, il tuo Signore vuole che tu diventi santa come Lui in questa vita, e gloriosa come Lui nell'altra. L'acquisto della santità di Dio è la tua sicura vocazione; a questo devono dunque mirare tutti i tuoi pensieri, tutte le tue parole, tutte le tue azioni, tutte le tue pene, e tutti i movimenti della tua vita, altrimenti tu resisti a Dio, non facendo ciò per cui ti ha creata e ti conserva”.
E per santificarsi, continua il predicatore mariano, “Come farai tu, anima predestinata? Di quali mezzi ti servirai per salire dove Dio ti chiama? I mezzi di salvezza e di santità sono noti a tutti sono scritti nel Vangelo, sono spiegati dai maestri della vita spirituale, sono praticati dai Santi e necessari a quanti vogliono salvarsi e giungere alla perfezione; essi sono l'umiltà del cuore, la preghiera continua, la mortificazione universale, l'abbandono alla divina Provvidenza, la conformità alla volontà del Signore. Per mettere in pratica tutti questi mezzi di salvezza e di santificazione, sono assolutamente necessari la grazia del soccorso di Dio. […] Tutto dunque si riduce a trovare un mezzo facile per ottenere da Dio la grazia necessaria per diventare santo: proprio questo mezzo voglio indicarti e dico che per trovare la grazia di Dio, bisogna trovare Maria”.
Avendo dunque ben chiaro lo scopo della vita per un cristiano, occorre comprendere di conseguenza come agire di fronte a ciò che lo circonda, a cominciare dalla dolorosa crisi che affligge la Chiesa.
Padre Roger-Thomas Calmel O.P., un sacerdote domenicano di solida formazione tomista, in "Breve apologia della Chiesa di sempre", ci ha lasciato un insegnamento concreto per conservare e difendere la fede di fronte all'eresia modernista che ha trovato terreno fertile durante i lavori del Concilio Vaticano II propagandosi sino ai nostri tempi con tutto ciò che ne è terribilmente conseguito: “Innanzitutto raddoppiare la preghiera in pace e amore. Poi, constatando che è ormai impossibile partecipare alla vita della Chiesa senza esporsi ad ogni genere di noie, non retrocedere davanti a questa sofferenza, ma sopportarla in unione con la Chiesa, anch'essa sofferente e oppressa. Vogliamo qualche esempio? Dobbiamo a qualsiasi costo perseverare nello studio delle Sacre Scritture, mentre si moltiplicano gli ostacoli per impedire di approfondirle e nutrircene. Non dobbiamo esitare ad affrontare dei disagi per andare saggiamente in aiuto di quei sacerdoti che celebrano la Messa di sempre.[...] Dobbiamo ancora e soprattutto far la fatica di cercare, in questa Santa Chiesa che i modernisti vogliono de-spiritualizzare, i mezzi che non le mancheranno mai per conservare il primato della preghiera e della contemplazione. Attraverso questi esempi possiamo intravedere ciò che significa vegliare con Gesù che è in agonia nella Chiesa. […] Restando più che mai uniti alla Chiesa in questa situazione eccezionalmente crudele, noi confessiamo così la nostra fede nella Chiesa. In questi tempi di persecuzione incruenta, questa veglia durante l'agonia è la forma che riveste la nostra confessione di Fede”.
Come si evince dalle parole del padre domenicano, piuttosto che impiegare il tempo a ricercare e commentare ogni angolo di piega imbrattato del mantello che avvolge il Corpo mistico di Nostro Signore, occorre piuttosto spendersi per confessare la Fede anche e soprattutto di fronte ad autorità corrotte e moderniste. E professare la Fede in una siffatta realtà, spiega padre Calmel, “significa rifiutare ogni equivoco sia nei riti che nella dottrina. Significa attenersi alla Tradizione perché essa, sia nelle definizioni dogmatiche che nell'ordinamento rituale è precisa, leale e irreprensibile. Principalmente per i riti della Messa, possiamo ben vedere che non confesseremo pienamente la Fede della Chiesa nella messa, che non rifiuteremo categoricamente la mortale ambiguità modernista se non conserveremo nella celebrazione stessa il rito tradizionale più che millenario e che non offre nessuna presa all'eresia. Accettare i nuovi riti, pur mettendo nella loro celebrazione una reale pietà, pur predicando rettamente sulla Messa, non è certo una confessione di Fede che non lascia aditi all'eresia modernista né un rifiuto sufficiente dell'eresia nella sua forma attuale. Infatti, se noi accettiamo la nuova celebrazione polivalente, eccoci impegnati, in forza di questo cedimento, sul cammino del rinnegamento in atto. Che cosa possono fare allora le attestazioni verbali o i gesti pii? Non saranno altro che una contraddizione aggiunta all'equivoco. Di fronte a delle autorità che vogliono imporre la menzogna sotto la sua forma peggiore - la forma modernista – e in mezzo ad un popolo cristiano sconcertato da questa impostura senza precedenti, ci rendiamo subito conto che confessare pienamente la fede nella Chiesa custode della vera Messa significa innanzi tutto continuare a celebrare la Messa di sempre. Se è vero che ciò non avviene senza sofferenza, non è meno vero che la Chiesa della quale celebriamo la vera Messa, ci dà, proprio attraverso questo, la forza per sopportare questa pena con coraggio e agevolmente”.
“La forza per sopportare questa pena con coraggio e agevolmente”: ciò a valere per quanto attiene la crisi della chiesa ma ciò a valere anche nella vita quotidiana caratterizzata da una società ormai completamente pagana. Impegno infatti di ciascun cattolico è quello di eseguire cristianamente i propri doveri di stato. San Francesco di Sales ricordava: “Pensiamo solamente a far bene oggi; quando l'indomani sarà arrivato, si chiamerà oggi, ed allora ci penseremo”. Ciò significa santificarsi conformando la propria volontà alla volontà di Dio nel momento nel quale siamo, in ogni istante che viviamo. “Non seminate i vostri desideri nel giardino altrui – continua il Santo Dottore – coltivate bene invece il vostro. Non desiderate di essere ciò che non siete, ma desiderate di essere molto bene quello che siete. Occupate i vostri pensieri a perfezionarvi in questo e a portare la croce piccola o grande che vi troverete”.
L'insegnamento della Chiesa di sempre e la testimonianza dei grandi Santi ci vengono in aiuto in questi tempi tribolati: santificarsi, vivere in grazia di Dio, studiare le Sacre Scritture approfondendo la Dottrina, difendere e vivere la Tradizione assistendo alla vera e unica Santa Messa che è quella tridentina, compiere i propri doveri di stato: è la ricetta per realizzare la propria vita, nonostante tutti i nonostante.
Un grande santo, Domenico Savio, quando don Bosco gli chiese, mentre stava giocando, cosa avrebbe fatto se in quel momento fosse arrivata la fine del mondo, gli rispose: “Continuerei a giocare”. La sua incredibile tranquillità interiore non era certo frutto del caso: non era preoccupato dall'opera del demonio, non aveva nulla da da temere da ciò che sarebbe successo in un prossimo futuro, non aveva apprensione sul da farsi.
Sapeva in cosa consisteva la pratica della santificazione del momento presente, quella a cui ciascuno di noi è chiamato per la nostra salvezza nella gloria di Nostro Signore Gesù Cristo.
Stefano Arnoldi