1 maggio - S. Giuseppe Lavoratore
S. Vangelo sec. Matteo (13, 54-58)
In quel tempo, andato Gesù nella sua patria, insegnava nelle loro sinagoghe, dimodochè restavano stupefatti e dicevano: “Onde mai ha costui tale sapienza e miracoli? Non è egli figlio del legnaiuolo? Sua madre non si chiamava Maria e i suoi fratelli non si chiamavano Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E non sono tra noi tutte le sue sorelle? Donde dunque son venute a costui tutte queste cose?”. E restavano scandalizzati di lui. Ma Gesù disse: “Non è senza onore un profeta, fuorchè nella sua patria e in casa propria”. E non fece quivi molti miracoli a motivo della loro incredulità.
ANALISI - dagli scritti di P. Marco M. Sales
Gesù torna a Nazaret, dove aveva passata la sua infanzia, e dove dimoravano i suoi parenti. È probabile che questo viaggio sia diverso da quello narrato dall'Evangelista S. Luca (4, 16 e ss.) come avvenuto in principio del pubblico ministero.
Dalla meraviglia dei Nazaretani, si può dedurre che Gesù, durante la sua infanzia e la sua adolescenza, non abbia fatto alcuna cosa di straordinario che potesse far sospettare che Egli era Dio.
I compatrioti di Gesù, chiamano S. Giuseppe con un nome greco che può significare sia “falegname” che “fabbro ferraio”. S. Mario crede che S. Giuseppe esercitasse il mestiere di fabbro, mentre S. Giustino e con lui tutta la Tradizione pensano che fosse falegname.
I Nazaretani non parlano di Giuseppe (è probabile dunque che egli fosse già morto al tempo del pubblico ministero di Gesù), ma accennano a “fratelli” e “sorelle” di Gesù: essi in realtà non sono altri che i cugini, che vengono tuttavia chiamati “fratelli” perché la lingua ebraica, poverissima di vocaboli esprimenti i vari gradi di parentela, non ha un termine corrispondente a “cugini”, e quando deve parlare di questi è costretta a servirsi della parola “fratelli”, la quale ha un significato molto ampio ed è usata per designare qualsiasi parente. Motivo ulteriore del fatto che S. Giuseppe e Maria Santissima non abbiano mai avuto figli è il fatto che Maria Santissima non è mai presentata come “madre di Giacomo” e degli altri suoi fratelli, ma solo e sempre come Madre di Gesù; Gesù morente in croce non raccomanda ad alcuni di essi Maria Santissima, ma dice a sua Madre “ecco tuo figlio”, e non “ecco un tuo figlio”, manifestando chiaramente che Essa non aveva altri figli. Né Maria Santissima poteva avere delle sorelle, perché è noto fosse figlia unica ed unica erede. Si crede piuttosto che San Giuseppe, anch'egli rimasto vergine per tutta la vita, avesse un fratello, Cleofa: quando nel Vangelo si parla di Maria Santissima come “sorella” di Maria madre di Giacomo e Giuseppe, si intende in realtà la parentela tra due cognate, rispettivamente mogli di San Giuseppe e di Cleofa.
I Nazaretani, conoscendo dunque le umili origini di Gesù, avevano a male che Egli si mostrasse più grande di loro e li ammaestrasse, e invece di ammirare in Lui i doni di Dio, ne traevano motivo per screditare la sua dottrina e i suoi miracoli, e si rifiutavano di credere alla sua parola.
Gesù dice tramite un proverbio: “È ben difficile che i meriti e le prerogative di un profeta siano riconosciuti ed apprezzati dai suoi concittadini e dai propri parenti ”.
Gesù fece pochi miracoli a Nazaret, perché per operarli Gesù esigeva la fede: i Nazaretani non vollero credere, perciò si resero indegni dei benefizi di Dio, il quale non elargisce i suoi favori a chi non li vuole.
COMMENTO
Onde mai ha costui tale sapienza e miracoli? Non è egli figlio del legnaiuolo?
L'umile condizione della Sacra Famiglia era per gli scribi e i farisei causa di scandalo. Per i loro occhi, colui che era di origine povera e disprezzabile non poteva essere il Cristo del Signore, l'Unto di Dio. Invece, per coloro che hanno una vita laboriosa e modesta, costituisce motivo di confidenza. I piccoli, gli umili, i poveri vi trovano un invito divino ad amare la condizione in cui vivono poiché ebbe il privilegio d'attirare sulla terra il Figlio di Dio e perché le sono anticipatamente assicurate le compiacenze del Padre celeste. Viene dunque a proposito ricercare nel Vangelo le manifestazioni di questa umiltà. La stessa città ove visse la santa Famiglia sembra aver avuto la proverbiale reputazione di mediocrità: “Può forse uscire qualcosa di buono da Nazaret?” diceva Natanaele. Eppure “non è nella città reale di Gerusalemme e neppure nel tempio che le dava splendore, che viene mandato il santo angelo; ma... in una piccola città dal nome quasi sconosciuto; ma alla sposa di un uomo che, veramente, era come lei di famiglia reale, ma ridotto a un mestiere pesante, moglie di un artigiano ignoto, di un povero falegname”. In questo villaggio un'umile casa, ma più augusta del tempio; un arredamento umile e povero; un operaio, la sua sposa vergine. Osserviamo: abbiamo tutto da imparare. Nazaret è la scuola per eccellenza. Notiamo l'ambiente e l'atmosfera in cui si compiono le opere di Dio: l'umiltà, la povertà, la solitudine, la purezza, l'obbedienza. - L'Anno liturgico, abate Prosper Guéranger
Sua madre non si chiamava Maria e i suoi fratelli non si chiamavano Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E non sono tra noi tutte le sue sorelle?
È assurdo supporre che Gesù Cristo, vero Figlio di Dio e vero Figlio di Maria Santissima, abbia potuto avere altri fratelli; solo chi non comprende il privilegio altissimo di Madre di Dio può farneticare in simili ipotesi sommamente blasfeme contro Maria Santissima e contro lo stesso Gesù Cristo. Se questi avesse avuto dei fratelli, essi avrebbero dovuto avere, diciamo così, una certa relazione con l'incomunicabile ed eterna generazione del Verbo, poiché Gesù Cristo, anche in quanto uomo, era unico Figlio di Dio, concepito per opera e virtù dello Spirito Santo. Egli venne in terra per renderci tutti figli di adozione del Padre, ma la sua dignità divina non avrebbe potuto essere condivisa da nessuno. Si può anche dire che la sua infinita delicatezza non avrebbe potuto permettere che la Vergine Santissima, arricchita di un Figlio di Dio, avesse potuto avere un figlio puro uomo, infinitamente inferiore. Se Isacco e Ismaele non poterono stare insieme, come avrebbero potuto stare insieme due figli infinitamente distanti? La figliolanza numerosa è onore della madre; Maria però, generando il Verbo Incarnato, aveva avuto tale onore che non poteva essere accresciuto ma offuscato da altri figli. Ella ci ha accolti tutti come figli di adozione e lo ha fatto perché eravamo stati adottati dal suo divin Figlio ed eravamo parte del suo Corpo mistico. - I quattro Vangeli, don Dolindo Ruotolo
Non è senza onore un profeta, fuorchè nella sua patria e in casa propria. E non fece quivi molti miracoli a motivo della loro incredulità.
Il Signore chiama se stesso profeta; e non c'è da meravigliarsi, perché anche Mosè si denominò profeta (Dt 18,15: “Susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me”), e si può dire che è detto profeta chi dice qualcosa che è sopra l'intelletto umano, mediante una rivelazione; e così Gesù è detto profeta, poiché la sua mente fu illuminata dagli angeli e da Dio (…). Nei profeti dell'Antico Testamento non troviamo qualcuno onorato dai suoi, ma piuttosto dagli stranieri, come leggiamo in Geremia che fu imprigionato dai suoi, ma una volta presa la città fu liberato dagli stranieri: così fu anche per Cristo, che era onorato dagli stranieri e disprezzato dai suoi. E qual è la ragione per cui nessuno è onorato nella sua patria? Una ragione è che quando uno è nella sua patria molti, che conoscono le sue debolezze, le richiamano sempre alla memoria: ciò infatti deriva dalla malizia degli uomini, che pensano più alle debolezze che alle perfezioni. Se ne può assegnare un'altra, poiché il Filosofo dice che il popolo paralogizza molto, poiché credono che quanti sono uguali in qualcosa, lo siano in tutto. Per cui quando uno è nella sua patria, allorchè vedono che egli è uguale a loro, in qualcosa o in genere, o ad altri, credono che non possa essere più grande. (…) I Nazareni disprezzavano Gesù, poiché lo interpretavano in male, e quindi non erano disposti alla fede; fece tuttavia alcuni miracoli, perché fossero resi inescusabili. - Commento al Vangelo secondo Matteo, S. Tommaso d'Aquino