Quando vi è un governo di draghi fumanti, nani malefici, streghe ed orchi spregevoli
La giustizia è la differenza tra il re e il tiranno - Nel ripartire oneri ed onori, il principe deve essere guidato da un criterio di giustizia. Egli non è signore assoluto dei beni dei suoi sudditi, come insegnano alcuni stolti politici per lusingare i regnanti, perturbare il naturale ordine della società, pervertire le leggi divine ed umane e formare, sotto il falso nome di giusto principe, un crudele tiranno.
Se il principe fosse padrone assoluto non dovrebbe esistere nessun consiglio, nessun servizio volontario, nessun mutuo rapporto con i sudditi. Se consideriamo attentamente tutte le false e dottrine dei politici, scopriremo che tutti i loro precetti mirano ad istituire un’ abominevole tirannia in luogo di un governo giusto e legittimo. (…)
E perché queste cose siano chiarite una volta per tutte, voglio soffermarmi sulla differenza tra un re cristiano e giusto, la cui figura noi vogliamo delineare, e il tiranno propugnato dai politici.
Il vero re è soggetto alle leggi divine e naturali, mentre il tiranno segue esclusivamente la legge della sua volontà.
Il re professa la salvaguardia della pietà, la giustizia e la fede, mentre il tiranno non tiene in alcun conto Dio, la fede e la giustizia.
L’uno è attento al pubblico bene e alla difesa del popolo, mentre l’altro mira esclusivamente al proprio tornaconto; l'uno arricchisce i sudditi per quanto gli è possibile, l’altro aumenta il suo patrimonio personale con la loro rovina.
L'uno vendica le offese contro Dio e la società, e perdona quelle contro la sua persona, l’altro vendica crudelmente queste ultime e perdona le altre.
L’uno rispetta l’onore delle donne oneste, l’altro trionfa sulla loro onestà; l’uno si rallegra di essere consigliato liberamente ed anche riprovato con modestia quando erra, l’altro nessuna cosa aborre più di un uomo serio e virtuoso che possa liberamente consigliarlo o riprovarlo.
L'uno si prefigge di conservare pace e unità tra i suoi popoli, l’altro semina discordie e zizzania per distruggerli ed arricchirsi con le confische.
L’uno si fonda sull’amore dei suoi sudditi, l’altro sull’odio e l’abominio; l’uno è obbedito per amore, l’altro per il terrore; l’uno con la sua bontà rende leggeri le cose pesanti, l’altro con la sua malvagità rende pesanti le cose leggeri.
L’uno cerca gli uomini migliori del suo regno per dar loro gli uffici più onorevoli, l’altro si serve di uomini malvagi che usa come una spugna, che quando è secca si bagna e bagnata si spreme.
L’uno procura che i sudditi non siano maltrattati da chi ha responsabilità, l’altro vende le cariche al miglior offerente, dà modo di rubare, per poi mandare sulla forca i ladri e confiscare i beni, arricchendosi e rubando la fama di uomo giusto.
L'uno pesa sul popolo meno che può, e solo se forzato dalla necessità, l’altro ne beve il sangue, ne rode le ossa, ne succhia il midollo, per annientarne la forza e lo spirito.
L’uno è l’anima e la vita del suo popolo, capo del corpo sociale, padre dei sudditi, l’altro ne è pugnale e tormento; l’uno è amato, l’altro odiato; l’uno gode nella quiete tranquilla, l’altro si agita nel turbamento della propria coscienza e nel perpetuo timore.
L’uno guadagna una felicissima vita ultraterrena, l’altro, se non si pente, non sfuggirà al fuoco eterno; l’uno è riverito in vita e compianto da morto, l’altro è prima temuto, poi disprezzato.
Tale è la differenza tra il vero re e il tiranno, tra il giusto e cristiano principe che noi auspichiamo e l’ingiusto violento in cui credono gli altri.
Tornando al discorso iniziale di questo capitolo, sappia il principe che non è padrone assoluto del suo regno e dei beni dei sudditi anche per la condanna che la Sacra Scrittura pronuncia nei confronti di re Acad che si impadronì di una vigna il cui legittimo proprietario era Naboth. Per questo peccato perirono il re e la regina, i cani lambirono il loro sangue, secondo quanto profetizzato dal Signore per bocca di Elia. E quando nel libro dei Re Samuele parla del diritto di espropriare i campi, vigne ed oliveti, lo fa per mostrare non un costume corretto, ma l’uso dei tempi che vuole sia abbandonato. Così si riferisce a questo episodio il glorioso dottore della Chiesa San Gregorio: “ E' qui espresso non ciò che i buoni devono imitare, ma ciò che sono soliti fare i tiranni. Infatti nello stesso libro si legge di Achab che, appropriandosi della vigna di Nabot, si inimicò il Signore e, per questo motivo, quando David l’eletto chiese un pezzo di terra per edificare un altare, non volle impadronirsene al modo dei tiranni, né lo accettò in dono, ma lo pagò quanto valeva. L’intento, dunque, è quello di mostrare ai buoni re ciò che deve essere evitato“. (...)
Sant’Ambrogio, parlando a Valentiniano il Giovane, dice: “Se non hai il diritto di fare un torto a un uomo qualunque, pretendi di averlo per offendere Dio?“.
Padre Pedro de Ribadeneyra - estratto dal libro Il principe cristiano (pp.270-273) - Edizioni Effedieffe