Quotidiano Avvenire
Il problema della Pandemia, come è sempre più chiaro anche dopo gli ultimi provvedimenti del governo, non è contrastare il virus, ma combattere i No Vax. Questo termine - lo ripetiamo da tempo sulla NBQ - è diventato una sorta di parola magica, un termine per identificare l'antagonista, il nemico. Il capro espiatorio di ciò che sta accadendo, compresi i fallimenti delle strategie di contenimento dell'epidemia. Un termine quasi metafisico, o metapolitico. Non è un caso che l'origine della parola venga proprio dal gergo politico.
Fu coniato nel 2017, quando il ministro della Salute Beatrice Lorenzin introdusse l'obbligo coercitivo per dieci vaccinazioni per l'infanzia. Per i genitori che non volevano sottoporre i propri figli a questa pratica, c'erano sanzioni economiche e soprattutto l'allontanamento dei bambini dalle scuole. Eravamo in un clima di piena retorica dell'"inclusione", ma lo Stato cominciava a espellere dalle scuole statali e paritarie chi non si adeguava. E per i genitori che protestavano, venne coniato questo termine spregiativo, "No Vax", che riprendeva il celebre "No Tav" attribuito a coloro che si opponevano alla realizzazione dell'Alta Velocità in Val di Susa, identificati come violenti oppositori del progresso.
E così cominciò a far capolino sulla stampa questa parola, No Vax, ora diventata la più usata, la più celebre, la più esecrata dell'era pandemica. Si odia più il No Vax che il virus stesso, e lo si vede dall'odio bestiale presente sulla Rete, sui Social, nelle chiacchiere della gente.
Ma nonostante la palese campagna di discriminazione e di odio nei confronti delle persone che hanno fatto la scelta di non sottoporsi alla vaccinazione, secondo un diritto da sempre riconosciuto nel mondo libero (non dimentichiamo che la vaccinazione obbligatoria era praticata solo nei Paesi dei Regimi Comunisti), c'è chi diffonde narrazioni ancora più offensive nei confronti di queste persone, cercando di screditarle moralmente. E visto che si tratta di morale - o meglio, di moralismo - il lavoro sporco è stato affidato ai cattolici collaborazionisti, alla Chiesa di Stato.
Così il quotidiano dell'Episcopato italiano - Avvenire - ha pubblicato nei giorni scorsi un significativo editoriale di Marina Corradi. Il titolo, "Questa letale ansia di guerra", farebbe sperare ad un ripensamento provvidenziale di Avvenire, che in più occasioni ha ospitato editoriali bellicistici del professor Ricciardi, collaboratore del ministro Speranza. L'occhiello poi promette anche di meglio:: "L'ostinato rifiuto delle cure anti-Covid", e il lettore ingenuo spera che finalmente il quotidiano della CEI affronti la vergogna dei medici di base che ancora oggi - nel 2022 - non fanno che prescrivere il solo paracetamolo alle persone malate, o che non rispondono alle chiamate, non sono nemmeno reperibili, lasciando così i pazienti nell'angoscia e nella disperata ricerca di un medico.
Niente di tutto questo. L'ansia di guerra è quella dei cosiddetti No Vax. Non sono loro che hanno perso il lavoro, che non possono entrare in molti esercizi commerciali, che non possono salire sui mezzi pubblici, a subire un'aggressione ideologica e sociale senza precedenti: sono invece dei bellicosi, degli aggressivi. E quel che è peggio è che sono aggressivi verso se stessi. La Corradi ci narra di una sedicente voglia di suicidio da parte dei cosiddetti No Vax. Desiderano la morte, e quindi, visto che queste righe sono pubblicate su un giornale cattolico, ecco che viene comminata nei loro confronti una squalifica morale: il suicidio è un peccato grave. Il No Vax pecca gravemente, e questo non è che l'ultima accusa di peccaminosità, dato che già il solo sottrarsi all'"atto di amore" - come definito dal Vescovo di Roma - per molti esegeti è un peccato contro la carità.
Poco importa che l'andamento epidemiologico ci stia dimostrando che i vaccini non interrompono la trasmissione e la diffusione del virus e quindi non servono a preservare il prossimo tuo: a credere al doverismo moralistico dell'inoculazione è rimasta solo una certa Chiesa, e lo fa lanciando accuse inverosimili.
Chi cura sul campo i malati di Covid, vaccinati o meno, perché chi cura davvero non fa discriminazioni, non ha mai trovato questo "cupio dissolvi" presunto dalla Corradi. Chi cura vede invece persone sempre più spaventate dalla narrazione sulla malattia, terrorizzate dalla sofferenza e dalla morte, e tutti chiedono solo di guarire.
L'unica ansia dei malati è quella di trovare chi si prenda cura di loro, che non li abbandoni, che dia loro le terapie adeguate per guarire. Non è vero che i sedicenti No Vax "si condannano a morte da soli". Chi cura davvero li ha visti aggrappati alla vita con tutte le forze rimaste loro, così come i loro famigliari.
Marina Corradi nel suo editoriale riprende le tesi della Società degli anestesisti italiani,che ha diffuso un comunicato per supportare i propri colleghi impegnati con pazienti "irriducibili". Quella Società che già all'inizio dell'epidemia sosteneva che di fronte al sovraffollamento dei reparti andassero praticate delle "selezioni" con determinati criteri rispetto ai pazienti da assistere in terapia intensiva, un concetto sul quale ci sarebbe molto da discutere. La giornalista prende per buona questa narrazione che vedrebbe una presunta volontà di morte attuata attraverso il rifiuto di cure (non ben precisate), ma forse - da brava giornalista qual'è -, dovrebbe andare a raccogliere anche le tante testimonianze di persone - malati o loro famigliari - che sono stati aggrediti verbalmente, insultati, resi oggetto di pesanti sarcasmi da parte di personale sanitario, per il fatto di non essersi fatti vaccinare.
Testimonianze impressionanti, che rivelano uno scenario del mondo della Sanità molto meno idilliaco rispetto a quello prospettato da Avvenire. Uno scenario che rivela che, se una guerra c'è, come scrive il quotidiano della CEI, è fatta non a senso unico, ma da due parti. E si scoprirà qual è la parte che sta maggiormente soffrendo, e non certo per propria presunta volontà suicida.
Paolo Gulisano - lanuovabq.it