Per un ritorno della lingua latina
Come dopo le ripetute invasioni barbariche, che portarono al crollo dell’Impero Romano d’Occidente, la Chiesa svolse il compito di custodire e conservare le tradizioni greco-romane, facendo del latino il mezzo di unificazione di quelle che si andranno ad identificare come culture romano-barbariche, così oggi, di fronte all’incalzante imbarbarimento della civiltà occidentale, il Santo Padre promuove prima la diffusione della Messa in Rito antico e poi istituisce la Pontificia Accademia di latinità.
Proviamo a fare alcune considerazioni sulla portata degli eventi.
La Chiesa parla tutte le lingue, usate come veicoli per raggiungere il cuore dell’uomo. Tuttavia, così come l’amore è l’elemento unificante rispetto ai singoli idiomi, così la liturgia, celebrata in lingua latina, può assolvere il compito di unire l’universo dei credenti in Cristo.
Una delle obiezioni più frequenti alla diffusione della Messa tridentina, dunque della liturgia in latino, è la scarsa conoscenza della lingua antica, sia per una parte del clero, sia per una parte dei fedeli.Questa critica è facilmente superabile se comprendiamo che nella liturgia c’è un livello di comunicazione che trascende il linguaggio e poggia sull’essenza della sua sacralità. La liturgia è, pertanto, luogo di comunicazione del soprannaturale, dell’incontro con il Cristo sofferente, attraverso l’Immacolata. È un appuntamento con gli angeli custodi e i santi. È un meeting con il Paradiso. Se così, per partecipare alla Messa tridentina, non è necessario che i fedeli siano latinisti, occorre solo la disposizione dell’anima a santificarsi.
Quest’ultimo comportamento, evidentemente, va formato attraverso la pratica. Se è vero che la saggezza popolare esprime dei contenuti eloquenti, come il proverbio che recita: “Chi pratica lo zoppo impara a zoppicare”, possiamo dedurre che al contrario chi pratica il virtuoso, impara le virtù. Evidentemente, quando si usa il verbo praticare, non lo facciamo come sinonimo di frequentare, ma vogliamo attribuire ad esso il significato di imitare. È imitando che noi impariamo. Superate le difficoltà iniziali, sarà semplice imparare le risposte della Messa in latino, anche grazie all’aiuto di un buon sussidio. Ogni inizio appare difficoltoso, ma poi le complicazioni si stemperano e, dopo un certo periodo di pratica, i compiti che prima sembravano astrusi si rivelano semplici.
Dietro la promozione o la disapprovazione del latino, c’è un problema più profondo: c’è in gioco una grossa battaglia culturale. Nel tentativo di scardinare le fondamenta della Tradizione e con essa la cristianità, si vorrebbe inibire sempre più lo studio e la conoscenza della lingua latina, e con essa lo studio del mondo classico, patristico, medioevale e umanistico che sono un patrimonio della nostra identità occidentale.
Per arginare la diffusione di un cancro che tende a costruire un futuro dimentico delle proprie radici, la Pontificia Accademia di latinità potrà svolgere un ruolo fondamentale. Penso che l’Istituzione dell’Accademia sia pure una esortazione per i vescovi, i rettori di seminari e i fondatori di Istituti Religiosi, affinché sollecitino e diffondano la lingua latina, non solo nella liturgia. L’iniziativa del Pontefice premia l’iniziativa di tutti coloro che, con spirito profetico, precorrendo i tempi, stanno promuovendo la latinità e i valori della cultura classica.
Il propagare la conoscenza delle nostre radici non vuole rispondere ad un bisogno emozionale, riempiendo il vuoto procurato dalla nostalgia per il passato; non vuole essere neanche espressione di un’azione politica, come quella di piccoli gruppetti che si agitano all’interno della Chiesa; è per la difesa del patrimonio tradizionale, comune retaggio dell’umanità, che bisogna perseguire l’obiettivo. Con il suo contributo, nei tempi di crisi, la Chiesa è sempre stata vicina al genere umano; non si può pretendere che si sottragga a questo compito neanche nell’ora presente.
Padre Lazzaro M. Celli, FI (dalla rivista Il settimanale di Padre Pio)