Il lessico politicamente corretto dei liberali
Dopo aver esaminato le caratteristiche generali del politically correct (vedi qui), scendiamo ora ad illustrare i modi in cui esso viene declinato: ne esistono diversi dato che ogni ideologia accettata e ogni gruppo di potere in essere ha dato il suo contribuito specifico. Cominciamo con i laico-liberali.
Le virtù
I liberali sono orgogliosi di fregiarsi di alcune virtù che essi vantano di loro esclusiva pertinenza. Le additano ai popoli, precedentemente immersi nelle tenebre dell’oscurantismo, come segni di una civiltà illuminata, la sola capace di portare le genti alla felicità.
Tra le virtù da loro rivendicate spiccano la laicità, la tolleranza e l’autodeterminazione.
In origine la laicità designava coloro che non avevano ricevuto l’ordinazione religiosa. In seguito, a partire dalla Francia postrivoluzionaria, è passata a indicare la separazione totale tra la sfera statale e quella religiosa. È un salvacondotto dato allo Stato per abilitarlo a legiferare “etsi Deus non daretur”, un mandato ad operare anche in antitesi alla legge divina.
Nella società odierna dirsi laici equivale a dichiararsi agnostico, ateo o antireligioso e ad aderire ad una “conventio ad excludendum” che colpisce i non laici, a partire dai cattolici.
La tolleranza, a partire dai filosofi pre-illuministi come Locke e Spinoza, era riservata ai soli culti che non fossero in contraddizione con la religione “civile”, umanitaria e razionale 1. Perciò, nel corso della Rivoluzione francese, il Cattolicesimo ne era escluso.
Nell’accezione liberale, la tolleranza può coprire di nobili motivazioni il dare via libera ad opinioni che non si approvano. Può anche essere un lasciapassare al permissivismo, l’apertura del vaso di Pandora dei vizi umani. In entrambi i casi è indice di un’indifferenza che sconfina con il relativismo assoluto.
Questa è l’apparenza: in realtà la tolleranza liberale, ha dei limiti ben chiari e “razionali”, spiegati da Popper: “Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi… dobbiamo proclamare il diritto di sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti, se necessario, anche con la forza” 2. In altre parole, la tolleranza è limitata a chi la pensa come i fautori della società aperta, ovvero a chi è liberista in economia, radical-femminista in etica e prono alla oligarchia tecnocratica nel lavoro e in politica.
Se ne deduce che, secondo Popper, la tolleranza è un’entità numinosa, i cui seguaci sono la parte buona dell’umanità e i cui oppositori si pongono fuori dalla comunità. In nome della tolleranza si può quindi tranquillamente procedere alla devastazione totale della civiltà pre-liberale.
L’autodeterminazione dei popoli da virtù che era, quando serviva per frammentare gli imperi con la formazione delle nazioni laiche, si è trasformata ora in opzione esecrabile specie allorché i sovranisti vi fanno appello per rendere lo Stato indipendente dalle creature del Nuovo Ordine Mondiale (FMI, BCE, UE, ecc.).
L’autodeterminazione dell’individuo 3 è la grande promessa dei rivoluzionari.
Essi hanno innalzato l’uomo a divinità, per cui la realizzazione totale delle sue aspirazioni, passioni e impulsi è diventato il nuovo imperativo etico. Dando infatti per scontata l’inesistenza del peccato originale e rigettata l’idea di un fine e di una felicità sovranaturale, ne consegue che l’unico bene concreto e raggiungibile viene a coincidere con il bene fisico e con il soddisfacimento degli istinti. La vulgata odierna predica che cercare il proprio piacere porta a raggiungere l’unica felicità possibile, mentre il rinunciare ad un qualunque stimolo degli impulsi viene configurato come una disumana repressione.
Ecco allora che i legislatori liberali, emuli di Semiramide che libito fé licito, trasformano a getto continuo i desideri, anche i più insani, in diritti. I nuovi comportamenti sono tutelati dalle legislazioni; censurarli in nome di un codice religioso o morale è punito come reato.
I sudditi, ridotti ad animali desideranti rischiano di diventare consumatori spendibili, ad esempio curabili finché conviene.
Fra i flagelli provocati da questa fuga verso una libertà senza limiti si constatano la disgregazione della famiglia e della società 4 e la caduta dei più deboli negli abissi dell’alienazione e della disperazione.
Peccato che il modo di pensare e di procedere che viene diffuso e applicato somigli maledettamente all’“eritis sicut dii” sibilato da Satana ai nostri progenitori. Peccato che sia in sospetta sintonia con la legge che il demone Aiwaz suggerì ad Aleister Crowley, il mago nero amato dai Beatles,: “Fai ciò che vuoi, fallo sotto l’amore: questa è la legge” 5.
I vizi
Al dovere del massone di “edificare templi alla virtù”, si affianca quello di “scavare oscure e profonde prigioni al vizio”. Per questo il bon ton politically correct prevede per gli illuminati la licenza di insultare.
La falsificazione liberale della storia prevede la cancellazione del passato. È quindi grave essere premoderni, medioevali. È sufficiente uno slogan come “non siamo nel medioevo” per mettere in soggezione chi ardisse difendere i valori tradizionali. E se per caso pervicacemente insistesse, è pronta per lui l’accusa di essere anacronistico, retrogrado, antistorico; meglio per lui strappare via da sé ogni traccia di vecchiume.
Il cittadino deve sapere che la destra è quasi sempre estrema e spesso può sfociare in ultradestra. Essere conservatore o addirittura reazionario è rigorosamente imperdonabile.
Chi difende la famiglia, la proprietà privata, la religione cristiana sappia che al minimo può essere annoverato tra i nostalgici, quando non deprecato come pericoloso estremista. In sostanza la sua colpa è quella di pensare in modo difforme da quello che il Pensiero Unico prescrive.
Posto che i nemici dei liberali sono nemici del progresso e della civiltà, nessuna dignità è accordata a coloro che insorsero armi in pugno contro i soprusi giacobino-napoleonico-sabaudi, dolosamente derubricati a briganti.
Più gravi degli insulti sono i veri e propri anatemi, parole per additare i nemici della comunità.
Oscurantista è chi si ostina a seguire la vecchia, pre-conciliare Religione Cattolica. E se il malcapitato insistesse nell’errore è sufficiente ricordargli Crociate e Inquisizione, fatti storici per cui la chiesa vaticanosecondista ha implorato dal mondo il perdono 6.
Dall’illumismo in poi tutte le religioni storiche – e specialmente quella cattolica – sono ignorate come “superstizione” (per la fede nella sopra-natura e per le credenze fissate in dogmi) e “fanatismo” (per la pretesa di essere le uniche vere).
Se uno è intollerante è considerato un nemico della comunità. La paura di passareper intollerante impedisce a molti di manifestare pensieri politicamente scorretti.
Eversivo, nemico della Costituzione è chi osa proporre emendamenti alla Sacra Charta.
Fascismo non ha niente a che vedere con il fenomeno storico evocato; è il vocabolo che la sinistra usa come collettore di ogni malvagità. È diventato il simbolo stesso del Male assoluto. E, se non fosse sufficiente, c’è sempre disponibile l’apice della diffamazione, ovvero la reductio ad Hitlerum, il nazismo. Più raro l’epiteto stalinista, in quanto fastidioso per molti utili compagni di cordata.
Espedienti verbali e professionalità servili
Come apripista alla divisione tra virtù e vizi, alcune parole sono state caricate di una forte valenza negativa.
Il pensiero dispotico cerca l’accordo unanime e mal sopporta temi potenzialmente divisivi: meglio mettere da parte le cose essenziali, se queste possono essere elementi di divisione.
Chi recalcitra davanti alle magnifiche e progressive innovazioni è considerato chiuso.
Per chi, in nome della sua fede, si oppone ad una qualche conquista della modernità, vale l’epiteto di integralista (dedicato specialmente a chi è ancora abbarbicato all’unica religione esclusa dal consesso civile), mentre l’appellativo di fondamentalista si presta ad essere applicabile a qualunque dottrina si sia intenzionati a criminalizzare. Il discorso può essere chiuso all’inizio ricordando uno degli slogan massonici: “le religioni dividono e sono causa di conflitti” 7.
Se le parole precedenti mirano a far tacere l’interlocutore, di recente sono sorti dei veri e propri stratagemmi per sopprimere del tutto le opinioni difformi al Pensiero Unico.
All’inizio era sufficiente dare del complottista – una parola magica dal potere paralizzante – all’incauto che osasse rivelare i crimini degli iniziati.
All’aumentare degli svelamenti è stato necessario far ricorso a tecniche più rigorose.
Si è così escogitata dal nulla una nuova professione, quella di debunker. Stipendiati da coloro che complottano, questi servi di professione hanno il compito di ridicolizzare e screditare le sparute voci che osano alzare il velo di Maya steso sulla realtà.
Ancor più perfido è l'artifizio inventato per demonizzare il dissenso. È l'etichetta "hate speech" che addita come seminatore d'odio colui che disapprova i precetti del Pensiero Unico. Sono naturalmente i Padroni del Discorso a stabilire, del tutto arbitrariamente, quali siano i discorsi d’odio. Per l’eterogenesi dei fini sono loro a fomentare l'odio col pretesto di combatterlo (Olavo de Carvalho).
Le vittime
Ogni guerra ha i suoi caduti. La battaglia per dominare la narrazione corrente ha comportato il mutamento di significato di parole come verità, tradizione, etica,
Per gli intellettuali ciascuno ha la sua verità: il che è la stessa cosa che relegare la verità ad opinione individuale, in altre parole affermare che la verità in sé non esiste (ma anche questa affermazione pretende di essere una verità! Sono le aporie del pensare scettico 8).
Colpiti da esecrazione sono coloro che hanno la verità in tasca: la verità non è infatti una proprietà privata. Viene anche raccomandata delicatezza: la verità non va sbattuta in faccia.
La verità è oggi circoscritta ai ritrovamenti della scienza sperimentale, sopravvive come proprietà inerente ai dogmi e virtù liberali.
Per gli altri ambiti sono ammesse solo delle relative, fluide ed in evoluzione, in sostanza delle non-verità. Lo stravolgimento della verità ridotta a chimera è un vulnus inferto all’umano desiderio di assoluto.
Nel mondo invertito succede anche che palesi assurdità vengano spacciate per nuove verità dai trafficanti di parole al servizio del potere, si pensi al cosiddetto matrimonio omosessuale.
Ultimo affronto è stato quello di piegare la verità di origine divina – e quindi perenne ed immutabile – all’evolversi della storia umana e delle sue epoche: è il gravissimo peccato dei Modernisti.
Alla parola tradizione è associata una valenza negativa perché rappresenta il passato. Nessuno più si chiede se una cosa sia vera o falsa: è sufficiente dire che un modo di vedere le cose è del passato, per accostarlo ai secoli bui e renderlo oggetto di condiscendenza o di scherno. Si auspica l’abbattimento delle tradizioni e dei bastioni che la difendono.
Occorre prendere atto che l’ideologia, volendo costruire l’uomo e la società nuova, non può non essere nemica mortale della tradizione: dovendo rinnovare, aggiornare e svecchiare società e cultura la Rivoluzione considera ogni elemento tradizionale (la famiglia, il paese di origine, la nazione, le associazioni di lavoratori) come un inciampo ai progetti di modernizzazione.
La perdita della verità nelle nebbie e la ripulsa della tradizione, trascinano inevitabilmente l’etica nelle spire dell’eterno mutamento. Dato che ciò che è nuovo è diventato per definizione anche bello e giusto, il dover essere si conforma all’essere, santificandolo… anche perché al tempo della Rivelazione non c’erano i registratori… Dunque via libera all’etica che statuisce la liceità di ciò che era stato proibito.
Il fondamento del nuovo modo di pensare è l’innalzamento dell’uomo a misura del proprio essere ed agire, ad arbitro del bene e del male. I nuovi e apparentemente più lievi comandamenti sono quelli formulati dalla coscienza individuale. Grazie a Lutero la coscienza, autorizzata ad interpretare liberamente la Scrittura, è diventata la sola fonte della verità e della morale, l’unica guida dell’uomo.
Esautorata del tutto la Chiesa, al sistema rivoluzionario rimanevano da estirpare le erbacce rimaste. Ed ecco, in aiuto, arrivare la lotta a pregiudizi e stereotipi. Per la cultura moderna “pre-giudizi” sono tutti i concetti che il potere vuole sradicare, in pratica quelli connessi alla ragione naturale e alla morale tradizionale; il pretesto addotto è che limitano l’autorealizzazione dell’individuo.
Non deve perciò far meraviglia che essere senza pregiudizi sia oggi un motivo di vanto: in nome della liberazione dai pregiudizi ci siamo privati della capacità di giudizio.
Ad un livello più basso sono cambiate di significato parole come creatività e professionalità. Specie nei media e nelle arti oggi dimostra creatività chi si esercita nella dissacrazione senza limiti o chi fa leva sul nuovo per il nuovo. Il dadaismo con lo sbeffeggio ed il sogghigno ha invaso la scena mediatica.
In molti ambienti di lavoro, professionalità indica, accanto alla padronanza di una tecnica, l’assoluta neutralità morale (amoralità) di chi la esercita.
Conclusione
Il liberalismo nega l’esistenza del peccato originale; per la gestione della cosa pubblica non tiene in alcun conto dei precetti della Rivelazione, relegata nel privato; induce le masse a cercare una felicità solo terrena, promettendo un progresso senza limiti fino a sconfiggere la povertà, il dolore, il male e anche la morte.
Grazie ai media totalmente nelle loro mani il lessico liberale è diventato familiare, convincendo la gran parte dell’umanità occidentale a seguire le chimere proposte.
Eppure niente di quanto i liberali affermano regge alla prova della realtà. Non è vero che l’uomo è buono (“Uno solo è buono”, Mt 19,17). Non è vero che la felicità terrena appaghi tutte le persone. Povertà, dolore, male e morte sono parte della condizione di natura decaduta. È giusto combatterli, è un compito alquanto vasto quello di eliminarli del tutto.
Ora che le attrattive dell’ideologia liberale dimostrano la loro inconsistenza pare essere giunta l’ora di abbandonare la via illusoria per ritornare al reale, magari partendo da un proverbio cinese: “Inizio della saggezza è chiamare le cose con il nome che è loro proprio”.
Oreste Sartore
Note
1 Religione civile che scaturisce dalla coscienza soggettiva e che, in quanto ragionevole, deve giocoforza coincidere con quella adottata dallo Stato ed imposta a tutti i suoi sudditi
2 Karl Popper “La società aperta e i suoi nemici”, Roma 2004. Popper era stato preceduto da Spinoza e Rousseau: per questi due filosofi l’esercizio della libertà religiosa diventa criminoso allorché le opinioni espresse sono in contraddizione con lo Stato sovrano
3 Nel mondo nuovo non ci sono più uomini, ma individui portatori di desideri da soddisfare col consumo o con la legislazione. Analogamente, la società organica è stata destrutturata, riducendo i popoli a masse deprivate di tradizioni e scopi comuni
4 Una società ordinata deve avere per fine il raggiungimento del vero bene comune e non la realizzazione delle aspirazioni egoiste dei singoli
5 Aleister Crowley, Liber legis, 1904
6 Dimenticando che la Terra Santa e molte altre comunità cristiane avevano subito l’invasione mussulmana.
7 un pretesto dei deisti per accusare il Cattolicesimo di fomentare guerre civili in nome di pseudoverità e dogmi indimostrabili
8 Michel Foucault. “Ogni società ha il suo regime di verità, la sua politica generale della verità, cioè i tipi di discorsi che accoglie e fa funzionare come verità”