La grande eresia/3
L'individuo, considerandosi “naturalmente” come un assoluto, si drizza – in nome della sua coscienza individuale proclamata onnitrascendente, in nome di quella nuova “morale” che non lo fa più dipendere se non da sé stesso eretto a dio – contro la società quale è stata pazientemente edificata in funzione dei voti della natura e dell'industrioso genio dell'uomo, che ne protrae lo slancio. L'individuo è ormai il valore supremo, in nome del quale occorrerà spezzare tutti i legami sociali naturali che l'uniscono altrui, che lo alienano e gli impediscono di essere individuo. È la distruzione della società, l'avvento della “dissocietà”.
Ma l'individuo non può vivere senza società. La sua sorte sarebbe peggiore di quella di una bestia. Egli è dunque costretto a costruire interamente una società nuova, una società composta di individui, che non può quindi che essere la proiezione caricaturale della Chiesa nel mondo, una società munita dello stesso potere totalitario sugli individui che raggruppa e che le è indispensabile per mantenere la sua coesione contro la disgregazione di cui essi la minacciano.
La laicizzazione del cristianesimo, che si opera nella storia dopo il Rinascimento, la Riforma e, con ritmo accelerato, dopo la Rivoluzione, ha provocato così l'apparire della “democrazia” liberale, che ha per principio l'autonomia assoluta dell'individuo e quella dello Stato totalitario, del quale il comunismo è l'incarnazione completa. Ora, dato che gli individui sono perennemente scontenti di tale società artificiale, che essi costruiscono, la rifanno senza posa (è la famosa “riforma delle strutture”!), diventano uomini ribelli, rivoluzionari perpetui che accentuano ad ogni innovazione l'imperio totale dello Stato sui cittadini, fino al momento inevitabile in cui il più rivoluzionario tra loro confisca a proprio vantaggio la Rivoluzione permanente, la congela ed instaura la dittatura assoluta dello Stato. Poi il ciclo ricomincia: la contestazione dell'individuo scalza, apertamente o insidiosamente, la potenza dello Stato, e questo ritorna alla “dissocietà” che fu la sua origine e donde uscirà una “nuova società” totalitaria.
Le ideologie complementari della democrazia individualista e del socialismo totalitario sono eresie cristiane che dovevano ritorcersi contro l'ortodossia e combattere la Chiesa cattolica che ne ha la custodia. Le vediamo all'opera dal secolo XVIII in poi. Non è esagerato asserire che tutte le rivoluzioni politiche e sociali che dipoi conosciamo sono, in ultima analisi, guerre di religione. L'ha detto prima di tutti Maritain:
“Le idee rivoluzionarie non sono idee cristiane, bensì corruzioni di idee cristiane. Sotto questo aspetto, è verità dire che la Rivoluzione non sa inventar nulla e che ha dovuto prendere tutto a prestito dal suo vecchio nemico, il Cristianesimo... La ragione di tale processo di abbassamento e di degradazione, subito dalle idee cristiane nel corso dei tempi moderni... è chiarissima. È che il Cristianesimo non conserva la sua essenza e la sua vita se non nella Chiesa. La laicizzazione del Cristianesimo, cominciata con la Riforma, ha dunque avuto per effetto una corruzione simultanea di esso. Ora, un fermento divino, se corrotto, non può essere che un agente di sovvertimento, di una potenza incalcolabile... Se si considera naturale ciò che viene dalla grazia, e si pretende ad un tempo di conservarne il fantasma e d'imporlo alle cose, allora si tenterà di sostituire a viva forza un altro ordine all'ordine di natura, e si rovinerà l'ordine naturale in nome di un principio divino e di una virtù divina: qui sta tutta la Rivoluzione”.
Ciò che è proprio di un'eresia è di strappare degli adepti all'ortodossia: quindi la democrazia liberale e il socialismo totalitario, nelle loro forme estreme come nelle mitigate, hanno tentato di ridurre l'influenza della Chiesa nel mondo, non solo scavando tra questa e la società in via di laicizzazione totale un vuoto sempre maggiore, mediante la separazione della Chiesa dallo Stato, ma soprattutto presentandosi agli uomini come dottrine di salvezza e come sistemi capaci di restaurare il Paradiso terrestre mediante la predicazione del nuovo Vangelo della libertà, dell'eguaglianza e della fraternità secolarizzate.
Le ideologie politiche moderne sono religioni che si sostituiscono alla religione cristiana. Esse fanno uso di formule cristiane svuotate del loro contenuto sovrannaturale e le riducono a una religione del mondo e dell'uomo di cui monopolizzano i dogmi e la morale, fino a scagliare l'anatema e mettere al bando delle nazioni coloro che hanno l'audacia di criticarle o rigettarle. Chiunque non sia democratico, sociale, socialista, o non simuli di esser tale almeno un poco, è colpito d'ostracismo.
È così che il cristiano e in particolare il prete si è sentito a poco a poco isolato dalla società democratica e socialista, il cui trionfo lo sfidava, e si è chiuso nella Chiesa “come in un ghetto”, secondo la formula accreditata da P. Congar. Le mura di questo ghetto non cessano di ingrossare nel corso del secolo, trasformandosi perfino in pareti di catacombe nei Paesi in preda all'ideologia comunista. Esse impediscono o comunque intralciano la Chiesa nella sua missione di annunciare agli uomini la buona novella della salvezza.
Per la prima volta nella storia, la Chiesa si trova di fronte a un Cesare, a un tipo di Stato e di società, che si riveste, come essa e contro di lei, di attributi religiosi e che oppone alla religione dell'Uomo-Dio la religione del dio-uomo.
Per la prima volta nella sua storia, come vide con acume incomparabile san Pio X, tale eresia religiosa e rivoluzionaria è riuscita non solo a isolare la Chiesa, ma a penetrare in lei (in ipso sinu greminoque Ecclesiæ) in modo da trasformare in aggressori i difensori della fortezza assediata.
La diagnosi dell'enciclica Pascendi relativa al modernismo vale a più forte ragione per l'odierno progressismo, che accentua codesta fellonia e non mira più soltanto e riconciliare la Chiesa col mondo dato in preda all'eresia, ma a far cadere interamente la Chiesa in tale mondo e a consolidare definitivamente la vittoria dell'eresia.
A dire il vero, la tentazione è grande, è immensa, è inevitabile. È proprio del cristiano di essere tentato dal mondo: il Vangelo lo ripete instancabilmente. È proprio del chierico, che ha un potere nella Chiesa e sulle anime, di esser tentato da Cesare e di voler estendere la propria guida ed autorità oltre il sovrannaturale, dove esse si esercitano legittimamente. Bisogna andare più oltre e, abbandonando tutte le spiegazioni psicologiche ed umane, la cui pertinenza è corta, appellarsi alla ragione teologica: è proprio del prete esser tentato dal mondo, perché gli è proprio esser tentato dal Principe di questo mondo, e Gesù Cristo stesso, Sommo Sacerdote per sempre fra tutti i preti, fu esposto a tale tentazione (Mt 4, 8-11).
Marcel de Corte (La Grande Eresia - Effediefe)