Occupazione modernista della Chiesa
Nella terza esortazione apostolica di papa Francesco, Gaudete et exsultate, datata 19 marzo 2018, si stagliano tre affermazioni di stampo certamente più massonico che cattolico.
La prima è una denigrazione del monachesimo contemplativo. Dice il papa: “Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio. Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione” (paragrafo 26). È un’affermazione che ribadisce uno dei capisaldi dell’azione del gesuita argentino che non ha esitato a commissariare i Francescani e le Francescane dell’Immacolata, ed a permettere che il nuovo arcivescovo De Kesel come primo atto cacciasse da Bruxelles la Fraternità dei Santi Apostoli, un’altro dei pochi ordini ecclesiali fiorenti.
Curiosamente questa sua irritazione è in linea col pensiero rivoluzionario di sempre, basti citare i giacobini francesi (tra le loro vittime ricordiamo le 16 carmelitane di Compiègne, ghigliottinate nel 1794 per aver rifiutato di abbandonare la vita monastica), i politici liberali piemontesi (che dopo aver, nel 1855, avocato il riconoscimento civile a vari ordini religiosi incamerandone i beni, nel 1866 decretarono tout-court la soppressione degli ordini religiosi monastici), i massoni messicani di Plutarco Calles e i comunisti spagnoli del 1936.
Le ideologie immanentiste, di matrice sia liberale che marxista, come conseguenza ineludibile del loro rifiuto di accettare il dramma umano (peccato originale e separazione del mondo da Dio), cercano di realizzare lo stato di perfezione qui in terra. E dunque inevitabilmente concedono tutte il primato all'azione (tecnica, economica, finanziaria, ribellistica) sulla contemplazione.
La seconda affermazione non è che l’ennesima ripetizione del pensiero sorosiano: il dovere di accoglienza indiscriminata degli stranieri: “Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi ‘seri’ della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano” (paragrafi 101 e 102). Il diktat del Nuovo Ordine Mondiale, finalizzato alla sostituzione etnica dei popoli europei, viene così non solo appoggiato, ma persino innalzato a dogma di fede, colpevolizzando chi si oppone all’invasione di gente ostile alla religione cristiana e alla civiltà europea degli stranieri.
Ora è palese che l’accoglienza indiscriminata è tutt’altro che un dovere del cristiano: un tale comportamento danneggia la comunità dal punto di vista della sicurezza, dell’economia e della stessa sua sopravvivenza (oltre a desertificare le regioni di provenienza dei cosiddetti migranti, molti dei quali si spacciano per profughi di guerre inesistenti) e quindi si configura piuttosto come una colpa nei confronti di cui è membro responsabile. Per contro, dovere di stato del cristiano è proprio quello di opporsi all’arrivo di persone, etnie, religioni che minacciano la convivenza pacifica e ordinata.
La terza affermazione è costituita dalla reiterazione delle sue invettive verso coloro che concepiscono la dottrina come “un sistema chiuso, privo di dinamiche capaci di generare domande, dubbi, interrogativi” (paragrafo 44).
Anche questa è una considerazione tipica del credo massonico: all’adepto iniziando viene infatti chiesto di spogliarsi di ogni fede dogmatica per aprirsi completamente alla ricerca della verità sotto la guida dei venerabili.
A margine è curioso notare come molti documenti conciliari (Gaudet Mater Ecclesia, Gaudium et spes) e post-conciliari insistano sul tema della gioia, in particolare quelli Bergogliani (Evangelii gaudium, Amoris laetitia, Gaudete et exsultate).
Ora, quello della gioia, è un leit-motiv della Massoneria, che oltre ad arrogarsi il merito di aver innalzato le colonne della luce contro le tenebre dell’oscurantismo, si dipinge anche come l’associazione che ha rivalutato la gioia umana.
Vedasi, ad esempio L'invenzione della gioia di Alberto Basso, che verte sul rapporto tra musica e Massoneria.
Vedasi anche, ad un livello più grossolano, il libello anti-cattolico di Umberto Eco, Il nome della rosa, dove i terribili monaci oscurantisti arrivano ad avvelenare le pagine della Poetica di Aristotele al solo scopo di privare il mondo della riscoperta della commedia e del riso.
Bergoglio poi va dalle claustrali a raccontare barzellette, a portarvi la risata, dato che pensa che val più la gioia della spiritualità contemplativa.
Alla Messa nuova non si fa che ripetere che la festa è qui e si accomiatano i fedeli invitandoli ad andare per le strade a portare a tutti la gioia del Risorto (espressione quanto mai inadeguata a designare il Nostro Divin Salvatore).
I preti cattolici inneggianti a un cattolicesimo più gioioso, teorizzando una chiesa libera da culti magico-sacramentali e non giuridica si sono accodati ai protestanti, professanti un Cristianesimo in fase di estinzione.
Il problema non è Francesco
In definitiva il vescovo di Roma non fa che ribadire per l’ennesima volta il suo amore per l’umanità – redenta o non redenta che sia –, disegnando per la sua chiesa un cammino prettamente orizzontale, scevro da preoccupazioni dottrinali ed etiche divisive e rispettoso dei Fratelli (maggiori, minori e franco-muratori).
Con tutto ciò il problema – va detto con forza – va oltre la persona Bergoglio. I partecipanti al conclave che lo ha eletto nel 2013 (dopo aver già tentato nel 2005) non erano monaci zen o rabbini o imam. Certamente ad elevarlo al supremo Soglio sono stati dei cardinali cattolici, per la maggior parte progressisti, anzi vaticanosecondisti estremi, non soddisfatti del procedere a rilento della rivoluzione. E certamente la concentrazione sul suo nome fu opera anche di un nucleo molto particolare di porporati, graziosamente indicati dal cardinale belga Godfried Danneels come “mafia di San Gallo”[1].
A loro volta la maggioranza di cardinali progressisti non è nata dal nulla, ma è figlia dell’evento (Concilio Vaticano II) con cui il Modernismo ha dato inizio alla sua occupazione della Chiesa Cattolica.
Modernismo
Il Modernismo era stato efficacemente combattuto da San Pio X, tanto che i suoi esponenti si misero praticamente “in sonno” (v. Il Modernismo, cripto-eresia che mirava a cambiare la Chiesa dall’interno e La reazione di San Pio X al movimento modernista) .
Negli anni '30 una nuova ondata, nella forma di Nouvelle Théologie iniziò l’incendio partendo da Francia e Belgio (v. Nouvelle théologie – una nuova veste dell’eresia modernista e Su alcune tesi della Nouvelle Théologie, possibili vettori di una religiosità alternativa).
Gli esponenti di questa seconda ondata, nonostante i loro equilibrismi , non riuscirono ad evitare una reazione di condanna da parte di Pio XII (enciclica Humani generis, 1950), non seguita però da altre azioni, come il controllo dell’insegnamento nei seminari, ecc.
Concilio Vaticano II
Quando al conclave venne eletto Giovanni XXIII, fu annunciato un Concilio il cui scopo dichiarato era quello di “aggiornare la Chiesa” per avvicinarla al mondo moderno (in antitesi radicale alle parole finali di Gesù Cristo: “non prego per il mondo”, Giov. 17,9).
In concomitanza con l’annuncio, accadde l’impensabile: furono "risvegliati" e chiamati ad assumere ruoli consultivo-direttivi molti degli esponenti della Nouvelle Théologie, in precedenza implicitamente condannati dall’enciclica di Pio XII[2].
Tutti costoro formavano un manipolo che in aula si schierava costantemente contro il Sant’Uffizio e a favore dei vescovi e cardinali scesi a Roma col proposito di innescare la rivoluzione[3] e, con un’azione comune, riuscirono ad azzerare gli schemi preparatori e far partire il Concilio da una tabula rasa.
Sotto il loro impulso furono redatti testi in alcuni punti in contrasto col magistero perenne ed inoltre dalla forma volutamente ambigua[4].
Che il Vaticano II abbia dato inizio alla rivoluzione ecclesiale, è riconosciuto da diversi esponenti.
Lo dichiarò apertis verbis il cardinale belga Suenens, che definì il Concilio "il 1789 portato all'interno della Chiesa".
Per il neo-teologo domenicano Marie-Dominique Chenu, “il Concilio aveva espressamente rigettato la formula : fuori della Chiesa non c’è salvezza”. Il suo collaboratore Yves Congar, al solito più avanzato, definì il Vaticano II “la Rivoluzione d’ottobre della Chiesa”. Per Schillebeeckx, "Il Vaticano II è stato una specie di conferma di quello che i teologi avevano fatto prima del Concilio: la teologia di coloro [Rahner, Chenu, Congar ...] ch'erano stati condannati, allontanati dalle cattedre d'insegnamento, mandati in esilio, ha trionfato nel Vaticano II".
Il vescovo Hélder Câmara, uno dei padri della teologia della liberazione, vide nel Concilio il trionfo del gesuita Teilhard de Chardin: “vedere de Lubac è come vedere Teilhard”.
Il cardinale Ratzinger nel 1982 definì Gaudium et spes “una revisione del Sillabo di Pio IX, un testo che svolge il ruolo di un contro-Syllabus nella misura in cui rappresenta un tentativo di riconciliazione ufficiale della Chiesa col mondo come esso era diventato dopo il 1789”.
Con tutto ciò i neo-teologi furono premiati per il loro lavoro.
Paolo VI nel 1969 elevò alla dignità cardinalizia Jean Daniélou, appartenente al focolaio della Nouvelle Théologie sorto tra i gesuiti di Lione.
Giovanni Paolo II nominò cardinali nel 1983 Henri de Lubac (anche lui gesuita di Lione), nel 1988 il gesuita atipico Hans Urs von Balthasar e nel 1994 il summenzionato Congar. Wojtyla guardava con ammirazione anche ai periti conciliari super-progressisti come Karl Rahner (che onorò pubblicamente con una lettera di encomio per i suoi ottant’anni) e Hans Küng, era in sintonia Hélder Câmara ed elogiò più volte Theilard de Chardin. Del resto egli aveva giurato fedeltà al Concilio, una condizione pregiudiziale postagli dai cardinali elettori.
E non cambia l’atteggiamento con l’elezione di Benedetto XVI, da sempre ammiratore di von Balthasar, de Lubac, Rahner, Congar, ha proclamato lo pseudo-paleontologo, darwinista e panteista Pierre Teilhard de Chardin “Patrono della Pontificia Università Gregoriana”. E, quando Walter Kasper è stato eletto Vescovo di Rottenburg-Stoccarda, Ratzinger gli scrisse: «Per la Chiesa cattolica in un periodo turbolento, Lei è un dono prezioso».
Post-concilio
Con queste premesse (testi ambigui, appoggi papali) agli infatuati della nuova pentecoste (loro si appellano sempre ad una loro versione dello Spirito Santo) fu facile operare per una Chiesa rinnovata, a dottrina, etica e liturgia variabile, non gerarchica e non sacrale, tutta protesa ad instaurare la giustizia e l’uguaglianza qui ed ora.
Dietro gli infatuati erano attivi i monsignori curiali, dediti a rivoltare la formazione nei seminari, a mutare la catechesi e i sacramenti, a reimpostare la predicazione allineandola al solo Concilio ammesso. La Messa nuova è stata il culmine della loro azione modernista e, come noto, è stato il massone Annibale Bugnini a definirne la struttura oggi vigente. Così è iniziata la trasformazione della Chiesa che a poco a poco, ha svuotata in larga misura il Cattolicesimo della sua componente soprannaturale.
Le avanguardie fra i novatori, mosse da un odio preter-naturale contro la Chiesa Cattolica [5], si sono spinte a chiedere quello che i gestori del cambiamento non erano ancora disposti a concedere.
Spaventato dai furori degli estremisti, Benedetto XVI, tentò di addossare ad essi l’invenzione di un Vaticano II rivoluzionario, stabilendo che la sola interpretazione corretta del Concilio era quella di considerarlo in continuità con la Tradizione apostolica: dato che il Magistero vivente, che rimane sempre lo stesso, era, secondo la sua tesi, il garante di questa supposta continuità.
Il tentativo è fallito, per la sua stessa contraddizione interna, dato che spostava l’autorità dai contenuti della fede divina alla inerranza del Magistero, col rischio di far passare come normalità cattolica tutto ciò che esce dai sacri palazzi e che noi constatiamo essere ormai sempre più spesso lontano se non opposto all’insegnamento di Nostro Signor Gesù Cristo.
Occupazione - stato di fatto
Quanto alla situazione è ormai palese che i Modernisti, dopo essere diventati culturalmente egemoni, hanno a poco a poco occupato tutte o quasi le casematte della Chiesa Cattolica e dalle loro ridotte saldamente ne dirigono le operazioni.
Dalla grande enciclica di Papa Sarto sappiamo tre cose sul Modernismo:
1. Ne discende che gli esponenti del Modernismo negheranno sempre di mettere in dubbio o disconoscere le verità di fede. In buona sostanza essi si presentano ai fedeli come gli interpreti più illuminati del Cristianesimo, in quanto si limitano a fornirne un’ermeneutica ed una pastorale più in linea con i bisogni e le aspettative dell’uomo moderno;
2. in nessun caso i Modernisti se ne andranno altrove per fondare una loro chiesuola, dato che la loro ragione sociale prevede, al contrario, la distruzione della Chiesa Cattolica Apostolica Romana permanendo al suo interno. Obiettivo dei settari è stato fin dall’inizio quello di svuotare la chiesa di contenuti propri, lasciando solo un involucro allo scopo di renderla compatibile col mondo moderno. L’operazione prevedeva il trasbordo della maggior parte dei fedeli, che non dovevano quindi dubitare, nel mentre si convertivano al credo liberal-umanitario, di essere forse usciti dal Cristianesimo: tutti sono chiamati a cooperare all’instaurazione del Nuovo Ordine, punto omega dell’umanità, secondo i disegni della Massoneria.
L’occupazione delle cattedre vaticane da parte dei Modernisti ha subito un’accelerazione con l’elezione di Bergoglio ed è altamente probabile che il numero di prelati traditori legati all’Inimica vis sia notevolmente salito. Tutti costoro, com’è costume dei settari, hanno il mandato di mantenere le posizioni acquisite: per la setta una conquista è per sempre, i loro tribunali sono severissimi su questa questione.
Come difendersi
Convegno - Sabato nel corso del convegno “Chiesa Cattolica dove vai?”, tenuto il 7 aprile a Roma, è stata diffusa una Declaratio in cui vengono ribadite le verità della fede sul matrimonio cattolico e condannate le “aperture” eretiche all’adulterio e alla comunione dei divorziati risposati.
Fatto parzialmente nuovo ed encomiabile e tuttavia del tutto insufficiente di fronte alla situazione descritta.
Per prima cosa è facile ai Modernisti rispondere ricorrendo al consueto stratagemma, quello col quale, mentre tutto cambia, negano sfacciatamente che la dottrina sia cambiata [6].
Come secondo punto è riduttivo limitarsi a questo pur importante aspetto: quand’anche Bergoglio riconoscesse (cosa impossibile) le sue colpe sull’argomento, che ne sarebbe di tutte le altre eresie da lui e dai suoi profuse a piene mani ogni giorno? E che dire della confusione indotta sui fedeli quando indica come esempi da imitare i perfetti nemici del Cattolicesimo, da Lutero alla Bonino?
Infine, se il problema è il Modernismo, non ha alcun senso affrontarlo aggrappandosi proprio a quel Concilio che lo ha di fatto introdotto nella Chiesa.
E allora?
Reazione - A fronte di un pontificato che si è abbattuto come una furia su svariati elementi della fede, dell’etica e della vita religiosa cattolica si rende necessaria una reazione globale, sia a livello personale (papa Francesco) che ideologico (Modernismo).
Premesso che le critiche e le correzioni non smuoveranno di un millimetro gli attuali detentori del potere clericale, è presumibile che né correzione filiali e neppure eventuali moniti formali possano sortire effetto alcuno, se non quello di essere ignorati. Quanti sarebbero i cardinali disponibili? Certamente una minoranza ed anche ristretta. Fossero anche maggioranza, i Modernisti non li ascolterebbero e sperare che questi si vergognino, men che meno si dimettano, è vano. Anzi, avvalendosi di tutto il potere di cui dispongono, come reazione lancerebbero ulteriori persecuzioni contro le residue isole di resistenza.
In definitiva ritengo che non ci si debba prestare a giocare al loro gioco.
Piuttosto si esortino i consacrati rimasti fedeli a Gesù Cristo ad esporsi, tornando alla Messa di San Pio V, al catechismo tridentino o di San Pio X; dichiarando la loro lontananza dal Modernismo e dal Vaticano II.
Saranno pochi? All’inizio erano solo dodici.
Oreste Sartore
NOTE
[1] Karl Lehmann, Achille Silvestrini, Walter Kasper, Adrian Van Luyn, Basil Hume, Godfried Danneels. Ispiratore del circolo fu Carlo Maria Martini
[2] Rahnerfu nominato peritus (consulente teologo). de Lubac inizialmente fu convocato solo come membro della Commissione preparatoria (fu Paolo VI a conferirgli poi lo stato di peritus). Rahner raggiunse poi de Lubac (e Bernard Häring) nella Commissione teologica. Anche Daniélou, Küng, Chenu e Congar vennero convocati come esperti. Schillebeeckx partecipò invece solo come consulente dei vescovi olandesi e Chenu come teologo di un vescovo del Madagascar.
[3] I progressisti Alfrink, Bea, Câmara, Döpfner, Frings, König, Lercaro e i massoni Liénart e Suenens
[4] Durante la seconda sessione del Concilio, nel 1965, il neo-teologo domenicano Edward Schillebeeckx manifestò la sua irritazione nel vedere che uno degli schemi riflettesse il punto di vista moderato, mentre egli propendeva per una formulazione più chiaramente liberale. Lo specialista della Commissione Teologica gli rispose: “Ci esprimiamo in modo diplomatico, ma dopo il Concilio trarremo dal testo le conclusioni che sono implicite in esso”.
Analogamente il massone mons. Annibale Bugnini, ammise che la Commissione Conciliare, incaricata di compilare la versione definitva della Costituzione sulla Liturgia Sacrosantum Concilium, scelse un «modo di esprimersi cauto, fluido, talora incerto, in certi casi, e limò il testo per lasciare, nella fase di applicazione, le più ampie possibilità e non chiudere la porta alla azione vivificante dello “Spirito”» (cfr. L’Avvenire d’Italia, 23 marzo 1968).
[5] I Modernisti sono amici di tutti i non-cattolici e perciò odiano coloro che sono rimasti fedeli al Cattolicesimo. Oggetto dei loro dileggi e del loro disprezzo è la Chiesa Cattolica di sempre, bollata come confessionale, gerarchica, tridentina e/o costantiniana, colpevolizzata in tutto ciò che la distingue dal protestantesimo, dal mondo e dal paganesimo.
[6] E infatti monsignor Giuseppe Lorizio è intervenuto su Avvenire – a proposito della Declaratio – facendo spallucce (“nessuno sta cambiando le verità di fede”) per concludere che quindi la dichiarazione stessa era del tutto inutile.