La tradizione è l'unico futuro possibile per la Chiesa
La tradizione rappresenta l'unico futuro possibile per la Chiesa. Don Fausto Buzzi ha le idee chiare. Sacerdote della Fraternità San Pio X, la stessa fondata da Marcel François Lefebvre il primo novembre del 1970 in seguito al Concilio Vaticano II, Buzzi oggi è assistente del superiore italiano. Ha militato per alcuni anni nell'associazione Alleanza Cattolica. Poi, nel 1972, l'incontro con Monsignor Lefebvre e l'ingresso nel seminario di Ecône. In questa intervista esclusiva, il sacerdote della San Pio X ha parlato, tra i punti affrontati, del ricongiungimento dottrinale col Vaticano.
Cosa divide ancora la comunità San Pio X dalla Chiesa cattolica?
"E’ bene precisare che la Fraternità S Pio X non ha niente che la divide dalla Chiesa cattolica. Noi siamo uniti alla Chiesa cattolica e non ci siamo mai separati da essa malgrado le divergenze con le autorità della Chiesa. Ora queste divergenze non vengono da noi. Mons. Lefebvre diceva sempre che lo condannavano per quello per cui prima i Papi lo lodavano, in particolare Pio XII. E’ Roma che ha cambiato e con il Concilio Vaticano II si è allontanata dalla plurisecolare Tradizione della Chiesa. Per essere sintetici si può dire che ciò che ci divide con Roma sono dei gravi e fondamentali problemi dottrinali".
Un parroco cattolico una volta mi ha detto: "Si fa un gran parlare di scisma, ma questi non hanno la caratura teologica di Marcel Lefebvre". E' così?
"Molti criticano o condannano la Fraternità S. Pio X senza conoscerla e senza capire i motivi gravi che la mettono in condizione di ostilità con le autorità ecclesiastiche. Oggi molti, sacerdoti e laici, cominciano a domandarsi che cosa sta succedendo nella Chiesa e aprono gli occhi sul fatto che coloro che sono stati etichettati per molti anni come scismatici forse sono coloro che sono rimasti i più fedeli alla Chiesa cattolica e, paradossalmente, i più fedeli al papato. Nei nostri seminari Mons. Lefebvre ha voluto che si studiasse la Summa di S. Tommaso d’Aquino e sugli altri testi classici della teologia. Le assicuro che per noi è stata una grade grazia ricevere una così profonda e solida formazione".
Qual è la vostra opinione su Papa Francesco?
"Per noi Papa Francesco non è né peggiore né migliore degli altri papi del Concilio e del post Concilio. Lui lavora nello stesso cantiere inaugurato da Giovanni XXIII, quello dell’autodemolizione della Chiesa cattolica per costruirne un'altra che fosse conforme allo spirito liberale del mondo. Anzi le dirò di più: l’attuale Papa non è così responsabile come lo è stato Paolo VI. Questo Papa ha fatto il Concilio, lo ha finito, e ha fatto tutte le riforme. Ora tutto questo è la causa della gravissima crisi che vediamo nella Chiesa. Certo i gesti e le parole di papa Francesco sembrano più gravi di quelli dei suoi predecessori. Ma non è cosi. Oggi è l’effetto mediatico che fa molto più cassa di risonanza che una volta. Nella sostanza però gli atti di Paolo VI sono molto più gravi di quelli di Francesco".
Però Bergoglio sembra aver fatto dei passi avanti nei vostri confronti...
"Certo non ha fatto passi dottrinali in avanti nei nostri confronti. Egli però ci considera una realtà della “periferia”. Come tali siamo oggetto di certe sue benevolenze. Quando era cardinale a Buenos Aires un nostro sacerdote gli portò da leggere la vita del nostro fondatore. Lui la lesse e ne rimase seriamente impressionato forse anche questo ha contribuito a fargli avere un occhio di riguardo nei nostri confronti. Molti si domandano però perché non è stato così benevolo con i Francescani dell’Immacolata che stavano decisamente abbracciando la tradizione cattolica. Anzi in questo caso, a scapito della misericordia, li ha trattati duramenti e con estrema severità".
Molti vi considerano gli "estremisti" della fede...
"Guardi che la fede è una virtù teologale, e una virtù teologale può crescere all’infinito perché l’oggetto è Dio stesso e quindi non c’è limite nelle fede. In questo senso sarebbe virtuoso essere estremisti. Detto questo le posso citare le parole di nostro Signore quando dice ad esempio “Chi non è con me è contro di me” o le parole di S. Pietro “non c’è altro nome [Gesù Cristo] sotto il cielo che ci possa salvare”. Mi dica un po’ lei se queste non sono parole “estremiste”. Se poi consideriamo i martiri che sono morti piuttosto che tradire la loro fede, come li giudichiamo? Estremisti? Mi pare che si stia perdendo il senso della fede".
Cosa ne pensa del dibattito dottrinale attorno ad "Amoris Laetitia"?
"Vede con questa domanda mi spinge a ripetermi. Se da una parte sono state lodevoli tutte le iniziative per far correggere questo documento e difendere la famiglia cristiana indissolubile e sacralizzata da un sacramento, il vero problema però è a monte. Lei sa dove affondano le radici di Amoris Laetitia? Le troviamo in un documento del Concilio Gaudium et Spes. Quindi come le dicevo la spaventosa crisi nella Chiesa è da ricondurre al suo DNA ossia al Vaticano II. Pensi un po’ se invece della Gaudium et Spes fosse stata pubblicata al suo posto l’Enciclica di Pio XI Casti Connubi, avremmo oggi il catastrofico Amoris Laetitia? Non credo proprio".
E sulla riabilitazione di Lutero?
"Cosa vuole che le dica? Riabilitare il più grande eresiarca della storia, colui che ha laicizzato tutta la religione cristiana, che ha fatto perdere alla Chiesa popoli interi, è un suicidio dottrinale e un falso storico. La riabilitazione di Lutero fa parte dell’utopia ecumenica di questi ultimi 50 anni. Un' utopia che porta i cattolici ad una apostasia ormai non più silenziosa ma assordante. Consiglio di leggere un nuovo libro su Lutero uscito da poco: “Il vero volto di Lutero” edizioni PIANE, scritto da un nostro sacerdote professore di ecclesiologia al seminario di Ecône. Leggendo questo libro si capirà l’assurdità di questa pretesa riabilitazione".
Vede possibile, in futuro, il ricongiungimento dottrinale tra voi e il Vaticano?
"Non sono profeta. Ci auguriamo che questo avvenga soprattutto per la salvezza di tante anime che rischiano di perdersi per l’eternità. Ma se mi permette vorrei dirle quello che oggi possiamo fare per contribuire al trionfo della tradizione nella Chiesa. Dobbiamo noi stessi, ogni cattolico, vescovi, sacerdoti fedeli, ritornare alla tradizione cattolica di sempre, e nessuno deve temere di sentirsi contro le autorità della Chiesa. Perché di fatto non è andare contro, ma al contrario è il modo più efficace per aiutarle a capire che si deve tornare alla tradizione che è l’unico e solo futuro della Santa Chiesa".
sanpiox.it - Intervista di Francesco Boezi - Il Giornale - 2 febbraio 2018