La Chiesa dell’Ammore
Parliamoci chiaro: l’esortazione postsinodale non la leggerà nessuno e non servirà come al solito a nulla. L’essenziale sono i titoli dei giornali, le tre quattro frasi apostatizzanti, le rivoluzioni silenziose prontamente recepite dai media. Il vero punto è un altro: i sinodi hanno fallito! Queste inutili verbose assemblee di vescovi che spesso non sanno neppure di cosa parlano (leggi la famiglia, l’amore, il sesso) sono l’espressione di esigenze vecchie, di ansie rinnovatrici e aperturiste elaborate nella prima metà del ‘900 e poi esitate in questa inutile istituzione di palese cazzeggio ecclesiastico (mi si perdoni l’eufemismo).
I Sinodi sono d’altro canto da sempre il trionfo delle parole sui fatti. Macchine costose, gestite da una irrazionale burocrazia, si risolvono in meri circoli ricreativi per vescovi più o meno agée che disquisiscono con disinvoltura di temi come l’incesto, la poligamia e altre amenità pruriginose. Se piuttosto si impegnassero nel salvare le anime saremmo tutti ricolmi di ammirazione. Il problema è che le prime anime da salvare sono probabilmente le loro.
Tornando ai titoli dei giornali, è innegabile che la gente ami sentirsi dire dal capo supremo dell’ultima istituzione “etica” globale che il peccato è condonato sempre, anzi che lo stesso peccato può essere involontario, causato da condizioni ambientali sfavorevoli, casuale, per certi versi non più grave come nel passato, perché lo Spirito (di patate…) lo ha avvolto e in qualche modo indebolito. E’ così rassicurante poter continuare a fare quel che si è sempre fatto dietro la spinta delle mode sociali, ma ormai senza quella cappa ossessiva di sensi di colpa che continuavano a sfiorare il solito popolino. Prendiamo esempio dalle élite immorali, emancipiamoci dal senso di colpa e anche dalla vergogna. Altro che civiltà della colpa o della vergogna. Laddove il peccato muore e muore l’atto antisociale dell’individuo, non c’è più colpa o vergogna che tengano. Si instaura una società letteralmente amorale. E cionondimeno Bergoglio continua a rappresentare una figura “paterna”.
Certo, nulla ha a che fare Bergoglio con la figura del padre. Il padre sa pronunciare i suoi no che fanno crescere. Invece lui è così tollerante, accogliente, dotato di buon senso. Incarna perfettamente l’antagonista della rigidità asfittica del Vaticano, della Chiesa dei diktat, dei precetti, dei dogmi, delle verità assolute, degli obblighi morali, etc. Per Bergoglio basta lavare i piedi a qualche immigrato – ma guai a ospitarne qualche migliaio all’interno delle mura leonine! – per essere salvati. Basta sparare qualche sentenza contro i trafficanti di armi per ottenere il primato etico. Tutto qui. Per il resto è importante demolire l’ “ossessione” per il sesso della Chiesa antica. La Nuova Chiesa non ha alcun problema col sesso: anzi Bergoglio stesso consiglia ai divorziati risposati di farlo per rinsaldare la coppia. Come nella pubblicità delle sottilette sembra dire assieme ai due arzilli vecchietti televisivi: “Facciamolo più spesso!”
E’ questo il segno di un corto circuito interno alla Chiesa. Per decenni si è incentivata una Chiesa di poco maschi proclamatori dell’ammore. Di misericordiosi senza rigore. Di preti affetti dalla sindrome di Peter Pan, di immaturi e malakòi, per dirla alla greca. Questa Chiesa dei malakòi cos’ha a che vedere con Cristo o San Paolo con San Pietro o Sant’Agostino? Con San Girolamo o San Tommaso? Nulla. E’ una Chiesa per diversamente credenti. Anzi per credenti immaturi che non hanno alcuna intenzione di assumersi responsabilità (non a caso Giovanni Paolo II scrisse “Amore e responsabilità”). La responsabilità del peccato in primis. Quindi quella della colpa e della conversione. Comprendete bene che Bergolio è un fenomeno di fragilità sociale. Ecco perché i media sono sempre pronti a spulciare quei 300 e passa paragrafi dell’esortazione per trovare i vessilli della fragilità sociale: permissivismo, abolizione delle retrograde prescrizioni del passato, apertura alle “nuove forme di famiglia” e via dicendo. Solo così si può incentivare la società a restare bambina, priva di responsabilità. Capace di passare da una condizione all’altra come si passa da uno stato d’animo all’altro, senza sensi di colpa, senza rimediare al peccato, perché il peccato è una convenzione morale.
Qui siamo ben oltre la casualità dell’intervento divino negli eroi omerici, considerati non pienamente responsabili delle loro azioni in quanto in essi penetrava il dàimon, lo spirito della divinità. Dietro questi interventi divini c’era sempre una dimensione razionale e il senso inafferrabile del destino. Nella Chiesa 2.0 non c’è né destino né intervento divino, bensì perenne divenire. Il divenire caotico della materia, la cui colpa è forse da ricercarsi nel crudele Demiurgo. E questa società è così ben predisposta verso il materialismo capitalistico e la religiosità gnostico-massonica da rendere superflua ogni menzione del peccato. L’uomo è sempre incolpevole. La colpa è della divinità crudele che ci ha intrappolati nei corpi. Una trappola dalla quale ci libera soltanto il datore di Luce. E chissà se i membri della Neo Chiesa non ne siano diventati in ultima analisi gli estremi adoratori.
Francesco Colafemmina (fidesetforma.com)