I tempi sono cattivi perchè il peccato viene esaltato
San Paolo, ai cristiani di Efeso (Ef 5, 15-21), dice: i tempi sono cattivi, i giorni sono cattivi! Allora verrebbe da dire: “Ma allora, caro San Paolo, se tu vivessi adesso, in questi giorni, che cosa diresti?”. Sono cattivi e difficili anche i nostri giorni. Sono giorni in cui la Chiesa stessa è attraversata, è scossa dallo scandalo, dal dramma di peccati sconcertanti.
Peccati che, ricordiamolo, se venissero riconosciuti come tali, affidati alla Misericordia di Dio, nel riconoscimento sincero dell’errore, dello sbaglio, nello gettarsi in ginocchio davanti a Dio, chiedendone pietà e perdono, andando nel confessionale e aprendo il cuore alla grazia sacramentale, sarebbero perdonati. Ma i tempi sono cattivi perché molte volte il peccato è esaltato, protetto, difeso, sbandierato, ostentato.
Allora la crisi diventa grave e profonda. Ed è una crisi che rende vana, talvolta, la testimonianza di noi pastori che dovremmo essere guide per i nostri fratelli e le nostre sorelle. Diceva il grande Giovanni Battista Vianney, il Santo curato d’Ars, che “un prete che va in paradiso porta con sé molte anime, e un prete che va all’inferno ne porta con sé altrettante”.
Sono tempi difficili… Penso che San Paolo oggi potrebbe ripetere le stesse parole che disse ai cristiani di Efeso: “I giorni sono cattivi”. Riconosciamolo, perché qualche volta facciamo finta che non lo siano. Se io non riconosco di essere malato – di una malattia mortale – non andrò mai a farmi curare.
Non posso essere guarito da Gesù, il medico delle nostre anime, non posso aver speranze di guarigione, finché non mi getto alle sue ginocchia, implorando: “Signore, abbi pietà di me, peccatore!”. Dio è misericordia infinita, Dio perdona qualsiasi peccato, ma ha bisogno di ginocchia piegate che chiedano il suo perdono. Non si tratta di una misericordia “tanto al chilo”, o distribuita a pioggia; non esiste misericordia gratuita.
È gratuita la generosità con cui il Signore offre la sua misericordia, ma dobbiamo, comunque, “acquistarla” con il pentimento, con la penitenza, con la vergogna che sfigura il nostro volto. Dobbiamo dire: “Signore, siamo nei guai, abbiamo bisogno di Te”.
Stiamo affondando… Umanamente – se ci pensate – la Chiesa sarebbe affondata da un pezzo, da tanto tempo. Addirittura potremmo dire che la Chiesa cattolica ha le ore contate. E' giunto il tempo, se vogliamo usare questa immagine, di portare i libri in tribunale e dichiarare fallimento. Oppure potremmo dire che la crisi è così grande che non sappiamo come fare a pagare i creditori, né come farci pagare dai debitori. La Ditta è fallita.
Signore Gesù, i tempi sono cattivi, e lo sono per colpa nostra, non per colpa tua. I tempi sono oscuri, ma non perché Tu sei oscurità, ma perché noi abbiamo scelto l’oscurità.
“Vigilate attentamente”, dice San Paolo agli Efesini, “e non comportatevi da stolti, ma da uomini saggi. Edificatevi a vicenda con inni, salmi, canti spirituali; non distruggetevi a vicenda con scandali e peccati, soprattutto con l’esaltazione di voi stessi”. Sono giorni difficili, ma non dobbiamo cedere all’oscurità. Il Battesimo ci ha reso figli del Dio della luce, figli del Dio della verità e della vita. Non possiamo rassegnarci alla mediocrità.
Pensando ai guai che noi pastori combiniamo, ho notato quanto il popolo di Dio, il popolo cristiano, venga più scandalizzato – se dico un’idiozia ditemelo pure – dalla mediocrità dei consacrati, che dalla loro debolezza, poiché tutti, più o meno, siamo deboli. Il fatto che non siamo né carne né pesce, che non siamo né freddi né caldi, come dice il libro dell’Apocalisse. “Non sei né freddo né caldo: sei tiepido. Per questo ti vomiterò dalla mia bocca” (cfr. Ap 3). Sì, è la mediocrità, la tiepidezza che scandalizza e ci rende odiosi. Da noi, suoi ministri e consacrati, Gesù si aspetta la passione, un cuore ardente, bruciante del fuoco dell’innamoramento, un cuore pieno di Lui. Un cuore dilatato dalla presenza del Signore che accoglie tutti, non per impadronirsene, ma per esserne a servizio. Credo che sia questa la ragione dello scandalo di molti: il fatto che siamo delle “mezze cartucce”, non siamo né da una parte, né dall’altra.
L’uomo che è andato da Gesù ci credeva profondamente, aveva la fede. Credeva che Gesù gli avrebbe guarito il figlio, infatti così è avvenuto. Credeva in Gesù, in Lui aveva riposto tutta la sua speranza: su quella fede è stato compiuto il miracolo. (Gv. 4, 46-53)
Fratelli e sorelle, non possiamo cedere alla violenza della disperazione (perché la disperazione è violenza). Noi siamo i figli del Dio della verità, della luce, della bellezza, dunque dobbiamo aiutarci a vicenda, come ci dice San Paolo ai cristiani di Efeso, con la preghiera, con una bella testimonianza, nel nostro piccolo, di vita cristiana. Ognuno di noi ha una missione in questo mondo: compiamola in pienezza con passione, con amore, con puntualità, ad maiorem Dei gloriam, e ad edificazione dei nostri fratelli. Non credo che faremo grandi miracoli: Dio non ci chiede di resuscitare i morti, a questo ci pensa Lui, ma di non lasciar morire la speranza, di aver cura dei fratelli e delle sorelle che Egli ci ha affidato.
È un compito che riguarda tutti: la santificazione. Anche noi sacerdoti abbiamo bisogno di un popolo di Dio che sia santo e che ci dia un esempio bello, luminoso, che ci faccia vergognare ed esclamare: “Le mie pecorelle sono più brave di me, il loro pastore!”. Un popolo santo che susciti in noi una vergogna salutare, che ci faccia convertire pienamente. L’edificazione spirituale di cui parla San Paolo – portarci, sopportarci, sostenerci, gli uni gli altri – è fondamentale, perché abbiamo incontrato Gesù, il Dio della vita, della verità, della pace, della gioia. Il Dio che ci promette vita, verità, pace e gioia nell’altro mondo, se in questo mondo noi saremo fedeli a Lui.
Ribadisco: nel nostro piccolo. Non dobbiamo fare cose straordinarie, ma piccole cose fatte bene, compiute per amore. Piccoli cuori, ma riempiti di Lui; appassionati per Lui, innamorati di Lui, che siano sempre suoi, mai di qualcun altro. Questa è la bellezza della vocazione cristiana. Vale per tutti, consacrati e laici. È una via bellissima, esaltante, carica di promesse, di gioia, anche nella mediocrità e nella palude nella vita di tutti i giorni. Anche, se volete, nella mediocrità e nella palude della vita della Chiesa di questi giorni.
Anche in questi giorni bui e cattivi, di cui parla San Paolo, manteniamo la speranza – il Signore – a cui ci possiamo aggrappare con certezza; non è un auspicio, un augurio: è una certezza. È la certezza della Croce di Gesù che sta ferma, mentre tutto ciò che sta intorno gira vorticosamente senza sapere dove andare. Noi, invece, sappiamo dove andare. Affidiamoci a Lui e non saremo delusi.
Padre Brown (cooperatoresveritatis.net)