Oggi una delle più grandi difficoltà consiste nel non saper più comprendere cosa sia l’amore. È il dramma di tanti giovani che iniziano il viaggio alla ricerca della felicità senza dotarsi di tutto punto, cioè privi di una bussola spirituale che funzioni e che li possa concretamente aiutare per giungere alla meta. L’errore più ricorrente è quello di sbagliare strada, prendendo per buone delle false indicazioni; il pericolo sempre in agguato è quello di confondere l’amore col sentimento/sentimentalismo...
Ma il sentimento va e viene, è rapido al mutamento, solo l’amore è duraturo. Duraturo purché quello in questione sia l’Amore vero, cioè con la maiuscola, il solo Amore che possa evitare disastri e amare delusioni.
Quando infatti il rapporto che si istaura tra l’uomo e la donna non è quello della reciprocità nell’uguaglianza della dignità ma, al contrario, è quello del conflitto (poichè ogni rapporto con l’altro è sempre un incontro tra opposti interessi), allora - come spiega il card. Caffarra - “ciascuno è affidato radicalmente a ciascuno e affida la propria dignità al riconoscimento dell’altro. Da ciò nasce quel sentimento diffuso di paura reciproca , di sospetto e nello stesso tempo un’esasperata ricerca di garanzie continue”.
Il risultato è che le persone vengono ridotte a semplici oggetti di proprietà e di consumo, i quali rivestono valore al solo scopo di essere posseduti per colmare il vuoto interiore di chi si profitta di loro (finché non compaia all’orizzonte un qualcuno che susciti un interesse maggiore).
Da qui, confondere l’amore con l’erotismo, il passo è breve così come automatica è la seguente conseguenza: un amore che non conosca un più alto fine della carne condividerà la corruzione della carne.
Che piaccia o no l’uomo è una creatura, zavorrata da quello che la Chiesa chiama concupiscenza (San Paolo la identifica con l'opposizione della carne allo spirito che ingenera disordine nelle facoltà morali dell'uomo e, senza essere in se stessa una colpa, inclina l'uomo a commettere il peccato). Ne deriva che, senza Dio l’uomo vive come monco di qualcosa d’essenziale per la sua esistenza e serenità; senza Dio l’uomo è incompleto e, sappiamo, ogni incompletezza termina necessariamente in una frustrazione.
L’errore fatale è la convinzione che la ricerca di un/a compagno/a da “amare” possa colmare tale frustrazione certi che un altro essere umano possa dare ciò che in verità solo Dio può dare. Così come drammaticamente errata è la convinzione che la felicità risieda e si esaurisca in un semplice scambio di effusioni erotiche e in un rapporto che si regge sul motto “finché stiamo bene insieme”.
In realtà tali convinzioni così come il semplice fatto che un uomo o una donna cerchino un/a nuovo/a compagno/a in seguito al colpevole fallimento di un rapporto amoroso (e nel caso più grave, di un rapporto sacramentalmente vincolante come il matrimonio) sono una prova che non c’era mai stato vero amore poiché, se il sesso è sostituibile, l’amore non lo è.
Qui bisogna ben comprendere: non che il piacere sessuale equivalga ad un falso amore o a un qualcosa di negativo: tutt’altro. La Chiesa non ha mai condannato il sesso tant’è che esiste il matrimonio, il luogo sacro dove esercitarlo. Ma il piacere associato all’amore è la vaniglia del dolce: la sua funzione è di farci amare il dolce, non di farcelo ignorare! Il sesso è una componente dell’amore e un’introduzione alla comprensione dell’amore Divino, e quindi l’amore carnale è come un ponte da attraversare, non un parapetto da appoggiarvisi e riposare: il sesso indica un luogo di partenza, non un porto d’approdo.
Cosa accade quando non vien attuato l’ordine Divino e l’amore erotico non viene utilizzato quale embrione che deve condurre verso Dio? Lo vediamo tutti i giorni: i fidanzamenti che “bruciano le tappe” lasciano per strada sofferte conseguenze, i matrimoni falliscono (provocando anche danni inimmaginabili agli eventuali figli, coinvolti loro malgrado), l’amore è degradato a mera soddisfazione di un desiderio egoistico, l’insoddisfazione e la noia infettano la vita, non c’è nulla di certo, sicuro, eterno ma tutto appare fragile, incerto, instabile, precario.
Tutto questo accade poiché l’amore che rimane su un piano orizzontale muore.
Si è stati vittime di un terribile quanto colpevole abbaglio. L’amore così concepito si volge allora contro se stesso e poiché si desidera solamente godersi la propria vita (fuorviati altresì da un concetto sfasato di libertà), esso, svelando il suo vero volto, si tramuta in odio o in reciproco massacro. Odio verso l’Amore innanzitutto, poiché ancora una volta l’uomo, in un impeto di orgoglio ed arroganza, non accetta di essere una creatura ma vuole vivere come se fosse Dio, senza bisogno di Dio.
Ma odio anche verso la persona che si diceva di amare: quando l’estasi non continua e il sentimento si affievolisce, la persona (un tempo) amata viene chiamata ladro o baro e, infine, se si è sposati, citata in tribunale con la falsa, ridicola e pretestuosa scusa dell’ “incompatibilità di carattere”.
Invece di accorgersi che la principale causa di fallimento sta nel rifiuto di voler comprendere cosa sia veramente l’amore, nel rifiuto di comprendere che l’amore è Dio e che solo Lui può essere fonte inesauribile di ossigeno per la vita di coppia, si pensa che un nuovo partner possa offrire ciò che il precedente non possedeva. E si continua così a soffrire e far soffrire, divenendo attori di un circolo vizioso e perverso che distrugge la società in cui si è calati: si crede di costruire un nuovo futuro, si finisce solo per distruggere, si cerca felicità, si trova solo dolore.
Il venerato Mons. Fulton Sheen, al riguardo, ha scritto pagine di rara profondità: l’errore principale di due innamorati è quello di presumere “che per amare basti essere in due: tu e io. In verità bisogna essere in tre: tu, io e Dio. Non si possono legare insieme due bastoni senza qualche cosa che sia al di fuori dei bastoni.
Certo occorre uno sforzo per comprendere sempre più l’amore e per crescere nell’amore. Occorre un impegno serio per bandire ogni pensiero disamorato e fare di noi degli esseri amanti: è la volontà di amare che ci rende tali!”.
Stefano Arnoldi