Un racconto del grande Pawel Tarnowski
Poche ore dopo Pawel errava nel Museo Kunsthistoriches, e vi trovò otto dipinti di Brueghel, tra i quali il Cieco alla guida dei cechi e il Matrimonio contadino. Immobile dinanzi al primo dei due, rivide il proprio volto in ciascuna delle anime che precipitavano nell'abisso, né la gioiosa scena nuziale sollevò il suo spirito, perché non riusciva a trovarvi il proprio volto; vi scorgeva piuttosto quello che non avrebbe mai avuto, quel che lui non sarebbe mai stato.
Si imbattè poi nell'opera di un anonimo artista del diciannovesimo secolo; era un Giudizio Universale. Non riusciva a capire perché non avesse mai sentito parlare prima di quel dipinto, visto che si trattava chiaramente di un capolavoro. L'immagine non era così complessa o affollata di figure grottesche come nell'omonimo dipinto di Bosch. No, era la semplicità ad esaltarne la potenza. L'artista vi aveva raffigurato la seconda venuta di Cristo come il ritorno del Signore in un mondo divorato dal male. Nella metà superiore un luminoso ordine divino discendeva in un campo di energia demoniaca e di abominio universale; uomini erravano nel paesaggio desolato, incapaci di innalzare lo sguardo alla luce; non riuscivano più a credere, glielo si leggeva in volto: la loro disperazione, la loro paura, la loro terribile solitudine. La solitudine dell'apocalisse. E in quelle facce egli vide il proprio volto.
Pawel scoppiò in lacrime e pianse apertamente dinanzi al quadro. Gli pareva che l'artista avesse colto perfettamente la sua stessa esperienza. Come c'era riuscito? Anch'egli aveva provato quello che Pawel aveva provato? Era stato anche lui ciò che Pawel adesso era?
Egli non credeva più in Cristo, ma in quella scena di fantasia, circondata di angeli e demoni in lotta per le anime degli uomini, egli vedeva esposto il dramma della sua vita interiore.
Sì, il mondo era senza speranza, ma la disperazione risultava misteriosamente alleviata dalla magia dell'arte: trovare una incarnazione dipinta delle proprie tenebre fu per un istante come un passo fuori di esse, e in certo senso, un passo per trascenderle; in fin dei conti padroneggiare un'allucinazione voleva dire trovarsene al di sopra.
Ecco che allora un guardiano afferrò il braccio di Pawel per condurlo fuori, visto che stava singhiozzando forte e senza ritegno, ma ecco che un'altra mano prese l'altro braccio, e una voce si mise a discutere col guardiano. Quando Pawel ebbe cessato di piangere e si fu asciugato gli occhi, alzò lo sguardo, scoprendo che il guardiano se n'era andato e che un uomo molto anziano e molto curvo gli stava tenendo il braccio, fissandolo con comprensione.
Portava impeccabilmente un abito elegante, un cappello e si appoggiava ad un bastone. Possedeva la faccia più rugosa che Pawel avesse mai visto, il cui bruno scuro era messo in risalto dal candore dei capelli e dei baffi.
“Giovane, lei è forse turbato da questo dipinto?” domandò con educazione.
“Sì...no” rispose Pawel.
“Una strana risposta”.
“Ha liberato un dolore dentro di me”.
“Ah, allora ha fatto bene il suo lavoro”.
“Chi è lei?”.
“Io? Nessuno. Eppure persino ad un impiegato delle poste in pensione è concesso di amare l'arte. Anche lei ama l'arte?”.
“Sì, amo l'arte”.
L'uomo annui in direzione del Giudizio Universale e disse: “Nella mia lunga vita non avevo mai visto nessuno piangere davanti ad un quadro. Non c'è complimento più grande e più sincero che uno possa tributare ad un artista”.
“Se potessi incontrare l'uomo che l'ha dipinto” disse Pawel, “lo ringrazierei, perché mi pare che non si possa dipingere una immagine simile senza averne prima vissuto il soggetto. Egli ha lasciato un messaggio per tutti quelli che adesso si trovano laddove egli stesso si trovò”.
“Sì” rispose pensosamente l'altro. “Sì, credo che sia vero”.
“Mi domando chi era. Mi domando se sia ancora vivo e dove. La sua è stata una vita riuscita, felice?”.
“Mi dica: secondo lei, quale crede che sia il suo messaggio?”.
“Più che la semplice mitologia cristiana. Cerca di dire che persino quando tutto sembra perduto, c'è un soccorso”.
“Sì, lei l'ha ascoltato parlare lungo tutti questi anni, eppure ha sentito solo una parte del messaggio”. A questo punto diede una pacca sulla spalla di Pawel e aggiunse: “Un vecchio dovrebbe ricordare ad un giovane di esser cauto riguardo ciò che questi chiama mitologia”.
“Credo che siamo degli sciocchi se ci mettiamo ad aspettare che arrivi un aiuto dal cielo” ribatté Pawel..
“Ah, così giovane, così giovane” sospirò il vecchio. “Vorrebbe scusarmi, per favore? Devo sbrigare certe faccende, ma tornerò tra breve. Vorrebbe considerare la possibilità di essere mio ospite a pranzo?”.
Pawel divenne sospettoso.
“Mia moglie è morta di recente” disse il vecchio. “Non siamo stati benedetti con dei bambini, e un po' di compagnia mi sarebbe gradita”.
Quando il benefattore di Pawel fece ritorno lo condusse fuori ad un taxi in attesa. Il vecchio indicò all'uomo di portarli ad un ristorante nei pressi della stazione e qui pagò un ricco pasto per Pawel. Non fece alcun tentativo di conversazione e, terminato il pasto, si alzò in piedi e tese la mano. Pawel la strinse e lo ringraziò della sua gentilezza.
“Devo andare adesso” disse il vecchio. “Non credo che ci incontreremo di nuovo. Non so niente di lei eccetto che è passato attraverso una grande sofferenza. Credo che farà molto bene nel mondo. Non perda la speranza. Trovi la via di casa”.
Quando se ne fu andato, Pawel trovò una busta sul tavolo: conteneva denaro sufficiente per diversi pasti e un biglietto per Varsavia. C'era anche una nota non firmata, che recitava: “Amico mio, grazie per aver pianto davanti al mio dipinto. Ho atteso oltre cinquant'anni per un simile complimento. Lo dipinsi quando ero giovane come te, in un periodo di oscurità, un momento nel quale credevo che non ci fosse amore nel mondo. Da allora non ho potuto dipingere niente altro. Dio ti lancia sul tuo cammino: c'è amore al mondo, e tu lo troverai”.
(IL LIBRAIO cap. 4 - Michael.D.O'Brien)
Padre Elia Schafer (⇒LECTIOBREVIS.blogspot.it)