Il regime della menzogna/7
Nel Nuovo Testamento la Chiesa è solo un grano di senape; non appare ancora come un grande albero. Il suo mistero è nondimeno rivelato con una chiarezza sufficiente per non lasciarci nessun dubbio sulla sua costituzione gerarchica e il carattere personale dei suoi poteri.
Il potere supremo di governo e di sovrana giurisdizione è conferito al solo Vicario di Cristo e non ad un Sinodo; al solo Pietro e non ad un'assemblea. Il potere di offrire il Santo Sacrificio non è dato a tutti indistintamente, ma ai soli Apostoli e a quei cristiani ch'essi avranno ordinato. La giurisdizione sulle Chiese particolari, di cui ci parlano spesso le Lettere di San Paolo, spetta ad un determinato Vescovo, e non a un comitato composto di laici e chierici.
A differenza di quanto accade nelle città terrene, i poteri conferiti nella Città Santa, nel Regno di Dio, riguardano un oggetto trascendente e celeste, un ordine di realtà divine, un bene comune soprannaturale: “Andate, insegnate a tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,9); “A te darò le chiavi del Regno dei Cieli” (Mt 16,19); “Fate questo in memoria di Me. Ogni volta infatti che voi mangerete di questo pane e berrete di questo calice, annuncerete la morte del Signore finché Egli non ritorni” (1Cor 11, 25-26).
Ciò che oggi è messo in causa è non solo la portata trascendente e soprannaturale dei poteri conferiti alla Chiesa, ma anche, e forse di più, la loro appropriazione. Invece, l'ordinamento divino, contro il quale nulla possiamo, ha voluto che nella Chiesa i poteri siano propri delle persone. Il regime assembleare, il governo di tipo democratico e alla Rousseau, è estraneo al Regno di Dio. Gli stessi Concili non costituiscono un'eccezione. Se è vero, infatti, che in questi grandi assembramenti ecumenici i Vescovi definiscono (salvo che nel Vaticano II) e legiferano collegialmente, non è men vero anzi tutto che le loro decisioni hanno valore solo per quanto il Sommo Pontefice le approva e, poi, che l'autorità di ogni Vescovo sulla propria diocesi non è affatto sospesa dal Concilio né trasferita al Corpo episcopale.
La democrazia alla Rousseau è un regime concepito ed attuato in modo che il numero passa avanti al diritto e i veri responsabili, quelli che di fatto esercitano l'autorità, hanno normalmente il mezzo per eclissarsi. I detentori ufficiali del potere, infatti, sono ipocritamente spogliati del potere effettivo; il potere reale è trasferito ad autorità parallele, irresponsabili e sfuggenti. È per ciò che la democrazia alla Rousseau è un regime di menzogna ed è intollerabile nella Santa Chiesa, nel Regno di ogni verità, ancor più che nei regni di questo mondo.
Del resto basta vedere all'opera il regime democratico della collegialità per convincersi del suo grado di ipocrisia e della sua intrinseca malizia. Al termine di appena pochi anni, quali sono infatti i frutti del sistema collegiale? Un catechismo falsato […], una morale matrimoniale pervertita […], una Messa divenuta equivoca, talvolta invalida, spesso sacrilega, grazie ai cambiamenti rituali senza freno. E in tutto ciò niente, assolutamente niente di cui si possa far ricadere la colpa, senza tema di sbagliare, su questa o su quella testa episcopale […].
E' l'assemblea che ha voluto questo, questa demolizione della Fede, della morale e del culto. L'assemblea. Il che significa tutti e nessuno. L'assemblea ha ratificato con un voto massiccio le proposizioni elaborate a maggioranza nei gruppuscoli dei teologi. Dall'assemblea alle commissioni, dalle commissioni ai gruppuscoli, dai gruppuscoli ai comitati ristretti: si è avuto sempre a disposizione un comodo mezzo per passarsi la palla, senza sapere mai chi l'avesse esattamente lanciata per primo, né a quale scopo. Soltanto lo scopo di demolire la religione era infallibilmente raggiunto.
Ad ogni assemblea plenaria collegiale, la demolizione della dottrina, della morale, della liturgia ha fatto progressi considerevoli.
Ma chi è il demolitore? Tutti i Vescovi o quasi tutti, se si considera il meccanismo della maggioranza dei suffragi, ma un piccolo numero difficile da identificarsi, se si considera la determinazione personale, ponderatamente deliberata, riflettuta e calcolata. Ed è appunto in questo che il sistema collegiale è ipocrita e contro natura: esso esenta ciascuno dal peso delle proprie responsabilità e dagli intollerabili bruciori del rimorso, ma, al tempo stesso e in forza dello stesso meccanismo, fa cooperare tutti ai peggiori misfatti, all'installazione d'una falsa religione cristiana sotto una maschera cristiana.
La collegialità non fa che estendere alla Chiesa i misfatti della democrazia alla Rousseau. Se si prolungherà ancora pochi anni, la Chiesa sarà svuotata dal suo potere divino di trasmettere infallibilmente la Rivelazione, di celebrare la vera Messa, di conferire i vari Sacramenti, di assicurare ordinazioni valide. perchè le stesse ordinazioni non sfuggiranno al generale disastro.
Se il Vescoco che ordina rigetta poco a poco la fede della Chiesa nel Santo Sacrificio della Messa, se - di logica conseguenza - la sua intenzione si modifica e non è più quella di ordinare in vista del Santo Sacrificio, allora egli finirà col trasformare il rito e smetterà di conferire agli ordinanti il carattere sacerdotale: la sua ordinanaza sarà nulla. [...] Ora è nella logica della colegialità ripercorrere questo processo o meglio di farne un sistema e di estenderlo.
La collegialità infatti ha tutto ciò che è necessario per trasformare la Fede e quindi distruggerla, ma niente per salvaguardarla. Spogliando di fatto il Vescovo del suo potere personale di trasmettere la sana dottrina, sottomettendo la fede del Vescovo al riciclaggio delle assemblee deliranti e votanti, la collegialità viene insensibilmente a trasformare la fede del Vescovo; cambiata la Fede, cambierà anche la sua intenzione nel conferire i Sacramenti che dipendono dal suo potere; il cambiamento di rito seguirà tosto il cambiamento d'intenzione e, a questo punto, il sacramento sarà nullo.
(Brano tratto da Breve apologia della Chiesa di sempre)
PADRE ROGER THOMAS CALMEL. Sacerdote dell'Ordine dei Predicatori, nato l'11 maggio 1914 e battezzato due giorni dopo, a Sauveterre-la-Lèmance. Richiamato a Dio il 3 maggio 1975, nel trentottesimo anno della sua profesisone religiosa e trentacinquesimo del suo sacerdozio. Sepolto il 5 maggio 1975 a Saint-Prè du Coeur Immaculè.