Riflessione sulla gestione delle banche
Come è noto, ogni aspetto economico finanziario è riconducibile al sistema bancario perché l'economia è veicolata attraverso i vari Istituti di credito: la ricchezza, la moneta, i mercati sono influenzati dalle banche.
Ciò accade a livello nazionale e parimenti a livello internazionale: in ambito europeo, per rendere meglio l'idea, si pensi ad una piramide che vede al suo vertice la Banca Centrale Europea (BCE) poi le Banche Centrali dei vari Stati (nel nostro Paese, Banca d'Italia) e a seguire i vari Istituti di credito disseminati nel territorio degli Stati.
Il maggiore potere sta dunque al vertice di tale piramide: è infatti la BCE (e a seguire le Banche Centrali che applicano le sue direttive) a manipolare la politica monetaria (cioè l'emissione della moneta e le regole per la sua circolazione) la quale ha potere di condizionamento dell'intero sistema economico di uno Stato indirizzando non solo la politica generale ma anche quella sociale.
Già questo, ossia la concentrazione del potere in mano ad una oligarchia dei cui membri risulta completamente ignota l'integrità etico/morale, è fatto che dovrebbe destare qualche perplessità.
Ciò che sorprende infatti è la rinuncia dello Stato alla propria sovranità monetaria trasferita alle Banche Centrali (e da queste alla BCE della quale risultano uniche partecipanti in ragione delle rispettive quote) che non sono istituti pubblici ma privati ai quali viene delegata una funzione pubblica.
Restando in Italia, dall'esercizio di questa funzione pubblica la Banca d'Italia ricava degli utili che distribuisce ai “partecipanti” così come avviene per gli azionisti nelle società private di cui sono soci.
Questo significa che la B.d'I., dalla pubblica funzione di emettere moneta della quale è stata investita dallo Stato, ricava gli utili che vanno a suo beneficio, proprio come una società privata commerciale.
Il che rappresenta un'altra perplessità tenuto conto che il denaro emesso dallo Stato dovrebbe essere di proprietà del popolo di quello Stato e non di un ente privato che per di più ne decide l'utilizzo e il valore a suo insindacabile giudizio.
Resta da identificare a chi spettino le quote di partecipazione della B.d'I.: curioso notare che tra i principali partecipanti vi siano gli Istituti di credito nazionali (dunque Intesa SanPaolo, Unicredit, Banca Carige, Monte dei Paschi di Siena...) ossia quelle stesse banche che sono controllate (o meglio dire, tecnicamente, “vigilate”) dalla B.d'I. la quale è “sottoposta” alla BCE di cui detiene a sua volta una porzione di quote.
Insomma, il cerchio si chiude, e in modo ben sigillato, dal quale si evince l'esistenza di una sorta di “Stato” all'interno dello Stato, una vera e propria oligarchia che comanda e gestisce il potere reale di ciascun Paese, in barba ai cittadini che credono di avere peso decisionale sulla loro vita economica e sociale.
Qualcuno obietterà che è la politica che dà voce ai cittadini... assunto scritto solo sulla carta perché il famoso detto secondo cui “i politici sono i portaborse dei banchieri” è confermato da ciò che si sperimenta ormai da tempo immemore. Sicché emerge un sistema fortemente sbilanciato verso le banche le quali detengono un potere smisurato.
Sì, sui giornali e in tv si leggono inchieste (o presunte tali) che fanno emergere alcune “anomalie” dell'attuale sistema economico/finanziario, si denunciano scandali finanziari e ruberie perpetrate a danno dei risparmiatori... ma mai viene messo in dubbio il sistema in sé.
Piuttosto, si è mai sentito di direttori di banche che gestendo così “bene” i loro Istituti creditizi tanto da imbottirli di sofferenze (ossia crediti concessi a chi versa in stato di insolvenza irreversibile) hanno risposto del loro operato?
In verità si assiste alla consueta prassi che vede tali direttori premiati con lauti assegni o regali di varia natura quando sono invitati a cedere “volontariamente” la poltrona di comando o passano alle dipendenze dell'Inps per raggiunti limiti di “onorata” carriera.
Così come si assiste alla difficile comprensione dei rapporti redatti da B.d'I., al termine delle ispezioni che vengono eseguite periodicamente nelle banche, quando si legge di Istituti valutati positivamente nonostante la zavorra di sofferenze che si portano appresso.
Al di là comunque di queste bizzarre situazioni che meriterebbero ulteriori approfondimenti, qui si intende evidenziare un'altra questione.
Si tratta della costatazione che oggigiorno la gestione delle banche è pesantemente influenzata da un numero esorbitante di norme e regole (di bilancio, i cosiddetti principi IAS, e di vigilanza, le cosiddette segnalazioni/matrici di bilancio) imposte dal vertice della piramide il cui mancato rispetto comporta delle pesanti sanzioni a carico dei trasgressori.
Ufficialmente tali norme (in Italia aggravate anche da quelle in materia prettamente fiscale e dunque riconducibili alla voracità del fisco nostrano) sarebbero necessarie per la valutazione del grado di salute delle banche ossia alla valutazione della loro solidità a tutela dell'intero sistema finanziario; tuttavia giova rammentare che prima dell'avvento della BCE le banche non sottostavano ad un numero così folle di norme e cavilli eppure non si registravano così tanti Istituti in bancarotta come nei tempi attuali.
Ciò basterebbe per una riflessione molto semplice: posta l'ovvietà della necessità di norme giuridiche ispirate da principi di legalità, non può essere comunque una direttiva sempre più complicata e stringente a garantire la buona gestione di una banca; alla fine è l'ispirazione etico/morale di ogni persona che guida il proprio operato.
Se un banchiere o un amministratore sono persone senza scrupoli, è tassativo che anche la gestione e il modus operandi delle rispettive banche saranno ispirati dalla stessa vocazione spregiudicata e disonesta, nonostante le regole o norme vigenti che non garantiscono per nulla la serietà e l'onestà nella gestione della banca (vedasi, come detto, le numerose bancherotte di Istituti assoggettati alla vigilanza di B.d'I.).
Infatti il quadro normativo attuale si caratterizza per un solo aspetto: quello di essere composto da un inutile quantità di norme, per giunta spesso farraginose e incredibilmente complicate, che non garantiscono il riparo da una mala gestione della banca ma che producono la sola esasperazione nei livelli procedurali applicativi.
Così capita sovente di lavorare e operare in ambito bancario per soddisfare quella infinita richiesta di incombenze procedurali senza accorgersi di eseguire ordini che depredano il tempo e assorbono ogni capacità intellettiva di chi è tenuto ad attuarli: ci si trasforma in macchine che eseguono freddamente e diligentemente imput spesso senza un perché, per il solo fatto di evitare spiacevoli conseguenze sia a livello economico che disciplinare.
L'uomo risulta di fatto condizionato dalle leggi economiche create in laboratorio, schiacciato dalle regole dei mercati finanziari, condotto dalle ragioni economiche; l'uomo a cui non viene data alcuna possibilità di pensare e di farsi un giudizio proprio sulla realtà.
Dunque non più l'economia al servizio dell'uomo ma l'uomo al servizio dell'economia.
L'uomo al servizio di quella oligarchia di potere che si arroga il diritto inappellabile di decidere e definire le leggi dell'esistenza umana che sono quelle di un'economia dove conta solo la ricchezza materiale, dove viene perseguita esclusivamente la felicità terrena fine a se stessa, dove ognuno può e deve avere la possibilità di fare ciò che gli pare in qualsiasi ambito.
Ma questa è un'economia dove non vi è posto per la spiritualità (che è l'essenza dell'essere umano), dove non vi è posto per la legge naturale (che è Legge di vita)... in altre parole dove non vi è posto per Dio.
Vi è di più: tutto ciò che riconduce a Dio viene osteggiato e rimosso, proprio perché è il Creatore il vero avversario di chi vuole costruire una società economica nella quale spadroneggiare e arricchirsi a scapito della massa (già indebolita di suo dallo stordente liberalismo che si respira in ogni dove) che deve essere soggiogata e mantenuta nell'ignoranza mascherata da una falsa libertà.
Allora non risulta poi così difficile accorgersi del lavaggio del cervello e della tirannia imposta nei confronti della plebe: sopprimere il tempo per la salute della propria anima, concederne solo perché venga occupato nell'esecuzione di ciò che vine imposto.
“Dal XVIII secolo sino ai nostri giorni – scriveva Marcel de Corte ne “L'intelligenza in pericolo di morte” – il regime più diffuso, sotto il quale è vissuta e vive ancora, se si può dirlo, l'umanità, è la dittatura dell'intelligenza quale è divenuta dopo che fu monopolizzata dagli intellettuali sviluppati, sottosviluppati o in via di sviluppo. Non vi è epoca nella storia in cui l'umanità abbia riconosciuto ai “letterati” il terribile ed esorbitante privilegio di guidarla verso un nuovo paradiso terrestre, un domani che canta, un punto Omega, una fraternità planetaria, un comunismo universale, una democrazia mondiale, una fusione ecumenica di tutti i teismi, ateismi, monoteismi e politeismi, insomma, verso l'utopia. Da un polo all'altro della sferica macchina, tanto le voci più autorevoli quanto i ragli dei somari proclamano a gara, come il poeta romantico: il tuo regno è arrivato, puro Spirito, re del mondo”.
Ora, nelle parole di de Corte, se i termini “intellettuali” e "letterati" si sostituiscono con “banchieri” o “alta finanza” si avrà descritto esattamente il quadro economico attuale.
Una realtà nella quale emerge una visione dell'uomo di chiaro stampo illuminista, che poggia su leggi economiche dove chi esegue ciò che è impartito vive, chi non compie ciò che ordinato viene schiacciato, ricoperto dai debiti.
Quella attuale è la società dell'indebitamento perché fare indebitare è la nuova forma di aggressione della libertà altrui: se una persona è indebitata non è più libera ma in balìa degli ordini del suo creditore.
Occorre dunque fare tabula rasa di quanto si sente sui media e si legge sui giornali perché la realtà relativa al mondo bancario è ben diversa da quella che spesso viene descritta.
In genere, allo stato attuale, solo chi vive all'interno del mondo banca, è in grado di rendersi conto di come stiano veramente le cose.
Tuttavia, per prendere coscienza della realtà bancaria, occorre un notevole sforzo etico/morale su se stessi poiché la forza centrifuga delle dinamiche e delle logiche bancarie è in grado di fagocitare ogni cosa, a cominciare dagli stessi bancari molti dei quali, va certamente sottolineato, compiono il loro dovere lavorativo con encomiabile senso del lavoro ma col rischio di divenire parte di un ingranaggio manovrato dall'alto, contribuendo a realizzare il vero obiettivo: quello della costruzione di una società atea dalle menti pilotate dove a farne le spese è la libertà.
Papa Leone XIII, nell'enciclica "Libertas", ci insegna che la libertà si suddivide in libertà naturale e libertà morale. La prima “è la facoltà di scegliere” che accomuna ogni essere umano dotato di ragione. La seconda è la facoltà di scegliere “il bene conforme a ragione”. In entrambi i casi la capacità di giudicare deriva all'uomo dall'avere un'anima “semplice, spirituale, intellettiva”. È grazie a ciò che l'uomo non è un qualcosa ma un qualcuno. Un qualcuno in grado di riconoscere e dunque scegliere il suo Vero Bene.
Che ne sarà dunque dell'uomo se si distruggere la sua anima e con essa la capacità di giudizio?
Del resto se primariamente non si pongono le basi di ciò che si fa sul ciò che si è, se si vive senza interpellarsi sul senso della propria vita, se non ci si confronta quotidianamente con una retta coscienza, inevitabilmente vi è il serio rischio di divenire manovrati e complici della dissoluzione dell'uomo e di conseguenza della società.
È precisamente quello che sta accadendo in maniera sempre più sfrontata al giorno d'oggi dove si assiste quasi impotenti al delirio di indipendenza dell'uomo che vuole fare a meno di Dio, alla sovversione del bene con il male: l'uomo si smarrisce poichè le domande esistenziali, le leggi morali e le finalità della vita sono completamente rimosse se non addirittura nemmeno più concepite.
Grande responsabilità in questo quadro spettrale rivestono le banche e chi le amministra poichè contribuiscono senza alcun dubbio alla costruzione di un'economia incurabilmente retrograda in quanto non a misura d'uomo bensì orientata alla dissoluzione dell'essere: è in questo senso che le critiche al mondo bancario trovano fondamento, non in altro.
Solo se l'uomo coltiverà e riscoprirà la sua essenza che è spirituale, solo se si affrancherà da un'oligarchia di potere che lo soffoca, solo ritornando al suo Creatore ci può essere futuro, anche economico.
Come recita un antico detto africano: “Visto che oggi si è corso molto, fermatevi e aspettate che vi raggiunga l'anima”.
Stefano Arnoldi